Pietro Valpreda
è colpevole di NON aver messo le bombe della strage di Milano, ma i suoi
crimini sono molto più gravi dell’assassinio di sedici persone innocenti: la
Repubblica Italiana lo ha già condannato senza possibilità di appello né di riabilitazione.
Pietro Valpreda
è nato colpevole. Colpevole come tutti quelli che nascono in una famiglia, in
una casa, in un quartiere poveri di una città industriale, colpevole come tutti
i figli degli sfruttati. Ma Pietro Valpreda ha voluto trasformare questa
condizione di colpevolezza in una scelta criminale rifiutando la propria
condizione di sfruttato, rifiutando di passare dalla parte degli sfruttatori e
dei loro servi. Pietro Valpreda è colpevole. Pietro Valpreda è la belva umana
colpevole di aver scelto la povertà. Colpevole di avere i capelli lunghi.
Colpevole di non avere amicizie influenti. Colpevole di non portare la
cravatta. Colpevole di non timbrare un cartellino. Colpevole di non essere una
spia. Colpevole di essere un ballerino. Colpevole di non essere un ballerino
famoso. Colpevole di non essere un violento. Colpevole di vivere le proprie
idee. Colpevole di non avere in tasca la tessera di un partito. Colpevole di
credere nella rivoluzione proletaria. Colpevole di essere un anarchico. COLPEVOLE
DI ESSERE UN UOMO.
Cosa importa se
non è lui che ha messo le bombe, cosa importa? Pietro Valpreda è il mostro che
deve essere schiacciato: un insulto, una provocazione vergognosa che lo stato
borghese deve cancellare, per cercare di cancellare tutto quello che Valpreda
rappresenta.
Non ci sono
inchieste, libri, petizioni, interpellanze parlamentari, giudici integerrimi
che possono far riconoscere l’innocenza di Pietro Valpreda. Sta a noi compagni
gridare così forte da fermare per la paura la mano del boia. Noi non vogliamo
celebrare un altro martire, noi ti vogliamo tra di noi, colpevole tra i
colpevoli, compagno tra i compagni per continuare la lotta, per continuare la
vita. La vita di Pietro Valpreda e dei compagni che lo stato italiano sta
assassinando.
(Tratto da A Rivista Anarchica
Anno II N.2 Febbraio 1972)