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giovedì 1 novembre 2012

4 novembre. Non retorica festa militarista ma lutto per i morti di tutte le guerre.

1918 - Italia: il generale Armando Diaz annuncia la vittoria nella Prima Guerra Mondiale. Ogni anno in Italia ignobilmente e vergognosamente si celebra quella “vittoria” che fu un vero e proprio massacro di uomini mandati al macello, alcuni dei quali erano poco più che adolescenti (i ragazzi del ’99): una vittoria pagata con 680.000 morti, due milioni tra feriti, mutilati e prigionieri, molti di più di quanti erano gli abitanti di Trento e Trieste.
Operai, contadini, muratori, lavoratori in generale, disoccupati, studenti, mandati in prima linea a sparare e ad uccidere altri operai, contadini, muratori, lavoratori in generale, disoccupati, studenti di altri paesi, mentre i regnanti, i governanti, i generali, se ne stavano a casa o nei palazzi governativi a pianificare e ad organizzare una delle più grandi carneficine di tutti i tempi. Uomini che avevano subito un perfetto lavaggio di cervello, che erano stati convinti che quelli dall’altra parte della barricata erano sanguinari nemici della patria che dovevano essere eliminati, perché se avessero vinto loro, se fossero entrati nelle nostre città, avrebbero violentato donne e bambini. Uomini, che molto probabilmente invece di trovarsi di fronte l’uno all’altro in una trincea, si fossero trovati in un tavolo di osteria davanti ad un fiasco di vino, avrebbero fraternizzato e avrebbero scambiato i loro pareri su come coltivare un campo, allevare bestiame o tirare su un muro per costruire una casa. Migliaia di persone sono state mandate a morire nel fango delle trincee in mezzo a pidocchi e topi, solo con delle gallette e bustine di cordiale; perché con la pancia vuota sei più incazzato e spari di più perché non vedi l’ora che tutto finisca al più presto, e col cordiale per ubriacarti, così trovi il coraggio di andare alla carica e, contemporaneamente, non hai la mente lucida per chiederti: “Perché lo sto facendo?, Perchè devo rischiare la vita per una guerra che non ho voluto? Perchè devo uccidere un uomo che come me ha una casa, una famiglia o una ragazza che lo aspettano?” Gallette e cordiale, mentre i regnanti, i governanti, i generali, i signori e i padroni, se ne stavano a casa ad ingrossarsi con lauti pranzi e un buon caffé caldo alla fine. Uomini mandati al macello contro altri uomini di altri paesi, mentre gli allevatori di muli, i costruttori di armi e altri parassiti riempivano le loro tasche con i soldi sporchi di sangue proletario.
In questa giornata celebrata come festa, anziché come giornata di lutto per i morti di tutte le guerre, vengono inoltre festeggiate l'Unità Nazionale e le Forze Armate, che vengono ringraziate per il "contributo" dato all'Italia.
Il 4 novembre invece di aprire le caserme al pubblico, bisognerebbe andare nei parchi o nelle scuole a far leggere agli studenti e ai bambini le strazianti poesie di Giuseppe Ungaretti scritte in trincea; si facciano leggere il "Giornale di guerra e di prigionia" di Carlo Emilio Gadda in cui emerge l'ottusità di ufficiali arroganti e l'insipienza criminale degli alti comandi; si facciano leggere "Addio alle armi" di Ernest Hemingway e "Un anno sull'altopiano" di Emilio Lussu, grandi testimonianze del fanatismo di quella guerra; Si diffondano le lettere dei soldati che mandavano al diavolo la guerra e il re. Lettere che furono censurate. Perché censurarle oggi nelle cerimonie ufficiali e non farne mai la minima menzione? Si facciano vedere ai ragazzi i capolavori cinematografici “La grande guerra” di Mario Monicelli del 1959, “Uomini contro” di Francesco Rosi del 1970, e il film “Tu ne tueras pas” di Autant Lara (“Non uccidere” nella versione italiana) che fu denunciato per vilipendio e proiettato pubblicamente nel 1961 dal sindaco di Firenze Giorgio La Pira, con un coraggioso gesto di disobbedienza civile.
Dissociamoci dalle celebrazioni ufficiali del 4 novembre.
Dissociamoci in nome della pace e della fratellanza.
Dissociamoci in nome di tutti quegli uomini pacifici che furono condotti a combattere e a morire perché costretti.
Dissociamoci in nome di tutti i disertori che non vollero partecipare a quella inutile strage.
Dissociamoci da ogni retorica celebrazione di eroismo.
Dissociamoci da ogni ipocrisia.
Dissociamoci dalle cerimonie ufficiali: quella guerra fu terrorismo e non va celebrata. Il popolo della pace - in nome della nonviolenza - dice ancora una volta no alla guerra.
Diffondiamo la voce di chi ha maledetto la guerra perché voleva la pace.
Vogliamo ricordare che chi non combatteva veniva fucilato dai carabinieri italiani. Il sentimento di pace degli italiani venne violentato da un militarismo che avrebbe poi portato l'Italia al fascismo. Occorre ricordare che la prima guerra mondiale fu uno spaventoso massacro.
Chi volle la prima guerra mondiale furono degli approfittatori e dei mascalzoni, chi la festeggia oggi è un ignorante, dal 4 novembre rinasca il monito solenne: NO A TUTTE LE GUERRE!
Le guerre colpiscono i civili, bambini, donne e uomini che senza nessuna colpa pagano per la sete di potere dei loro governanti e di chi usa la guerra per imporre il proprio dominio.