..............................................................................................................L' azione diretta è figlia della ragione e della ribellione

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giovedì 3 marzo 2016

Gli scioperi del marzo 1943

Alle dieci, ogni mattina, nelle città dell'Italia in guerra suonavano le sirene. Era la prova quotidiana del funzionamento dei segnali d'allarme per gli attacchi aerei. Quel suono mattutino non era sinistro come quelli che, di giorno e più spesso nel cuore della notte, laceravano l'aria per alcuni minuti ad annunciare che arrivavano i bombardieri angloamericani con il loro carico di morte. Ma era pur sempre un lugubre richiamo alla situazione permanente di pericolo, alla prospettiva di nuove devastazioni.
La mattina del 5 di marzo del 1943 la sirena della FIAT a Torino, che per i lavoratori della fabbrica doveva essere il segnale che doveva far partire il primo sciopero dopo tanti anni, non suonò; era stata disinnescata dalla direzione. Qualcuno aveva avvertito la Fiat. Passano pochi minuti e i lavoratori dell'officina 19 di Mirafiori ruppero l'attesa incrociando le braccia, gridando sciopero da un reparto all'altro. Il loro silenzio politico era durato vent'anni.
Un piccolo corteo si mosse in direzione delle presse raccogliendo qua e là l'adesione di altri operai. Non era un blocco massiccio, ma era la prima volta. Da quel giorno le fabbriche di Torino cominciarono a fermarsi, con un crescendo che fece impazzire questura e partito fascista, fino al blocco totale del 12 marzo e all'estensione dello sciopero a Milano, all'Emilia, al Veneto. Un marzo di fuoco. Scioperi contro la guerra, contro la fame, contro il regime; quando la borghesia italiana è ancora muta, i partiti antifascisti solo l'ombra di quel che erano e ridotti alla dimensione di gruppetti clandestini, gli intellettuali combattuti tra fedeltà alla patria e disaffezione per l'uomo del destino; quando le fabbriche sono militarizzate e scioperare può costare il tribunale speciale, l'accusa di tradimento, la galera, e, poi, la deportazione, la prospettiva del lager. Il 5 marzo del `43 è la data del «risveglio operaio», il riannodarsi di quel filo spezzato nel ‘22 e reciso - sembrava definitivamente - con la guerra di Spagna.
Questo episodio è la miccia che darà fuoco alla grande ribellione operaia in tutte le fabbriche del Nord, passato alla storia come gli scioperi del marzo 1943, che segnarono l’inizio della fine per la dittatura fascista di Mussolini e rappresentarono il primo, vero, eroico episodio della gloriosa Resistenza.
Gli scioperi partono da Torino e si estendono a tutto il nord: continueranno fino alla fine della guerra, col costo amaro di migliaia di operai deportati nei lager nazisti, fino all'insurrezione del 25 aprile '45, alle fabbriche occupate e autogestite. E, tra un evento e l'altro, la migrazione dalle officine alle montagne, la scelta di combattere in armi, spesso individuale, a volte collettiva con centinaia di lavoratori che - quasi in corteo - abbandonano la fabbrica per aggregarsi alle formazioni partigiane, come i ferrovieri della Val Susa, come i cantieristi di Monfalcone.
«Non sapevo che stavo facendo uno sciopero, per me era una protesta, la parola sciopero mi era sconosciuta» - ricorderà molto più tardi un allora giovane operaio appena uscito dalla «scuola allievi Fiat» - «ho scoperto in quei giorni cosa volesse dire quella cosa di cui parlavano i vecchi, quel movimento solidale che fa di tanti corpi un'entità sola. E, poi, il senso di libertà: si diceva che in fabbrica c'erano dei comunisti, dei socialisti, ma nessuno sapeva chi fossero... erano qualcosa di mitologico. In quei giorni sono emersi dalle tenebre, si sono scoperti e in quella lotta si riconoscevano l'un l'altro».
Si calcola che negli scioperi di marzo siano scesi in lotta circa 200 mila lavoratori, la più grande lotta di massa a livello europeo in tutta la seconda guerra mondiale.
  

Nel 1975 gli Stormy Six composero la canzone “La Fabbrica” su questo episodio.

Cinque di Marzo del Quarantatré
nel fango le armate del Duce e del re
gli alpini che muoiono traditi lungo il Don
Cento operai in ogni officina
aspettano il suono della sirena
rimbomba la fabbrica di macchine e motori
più forte il silenzio di mille lavoratori
e poi quando è l’ora depongono gli arnesi
comincia il primo sciopero nelle fabbriche torinesi
E corre qua e là un ragazzo a dar la voce
si ferma un’altra fabbrica, altre braccia vanno in croce
e squillano ostinati i telefoni in questura
un gerarca fa l’impavido ma comincia a aver paura
Grandi promesse, la patria e l’impero
sempre più donne vestite di nero
allarmi che suonano in macerie le città
Quindici Marzo il giornale è a Milano
rilancia l’appello il PCI clandestino
gli sbirri controllano fan finta di sapere
si accende la boria delle camicie nere
ma poi quando è l’ora si spengono gli ardori
perché scendono in sciopero centomila lavoratori
Arriva una squadraccia armata di bastone
fan dietro fronte subito sotto i colpi del mattone
e come a Stalingrado i nazisti son crollati
alla Breda rossa in sciopero i fascisti son scappati