Il primo maggio 1891, a Clichy scoppia
un tafferuglio tra anarchici e gendarmi. Gli anarchici Decamps, Dardare e
Levillé sono arrestati, pestati a sangue e condannati a severe pene detentive.
Il Tribunale era presieduto dal consigliere Benoit, il procuratore generale si
chiamava Bulot. Due nomi che gli anarchici non dimenticheranno.
Qualche mese dopo in un piccolo
appartamento di Saint-Denis, un gruppetto di libertari ascolta attentamente un
anarchico che viene dalla provincia e si fa chiamare Léon Léger. Sono presenti
alla riunione i coniugi Chaumartin, il monello Simon, detto il Biscuit, il
quale non sogna altro che risse, un certo Béala e la sua amica Mariette
Soubert.
Leon Lèger fa presente che tocca a loro
passare all’azione. Bisogna punire severamente Benoit e Bulot. Per l’anarchia
il tempo dei discorsi è finito: la parola alla dinamite.
Leon Léger che altro non è che Ravachol
ha preso una camera a Saint-Denis, sul quai de la Marine. Molto curato, non
esce che in redingote (è il nome in lingua francese di un capo di abbigliamento
fra il mantello ed il cappotto) e il cilindro. Ogni tanto lo si vede rientrare
carico di pacchettini. Nella sua camera, ha installato un piccolo laboratorio
dove accumula glicerina, acido nitrico e solforico. Ravachol incrementa
considerevolmente le sue scorte organizzando il furto con scasso di un deposito
di dinamite, a Soisy-sous-Etiolles.
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L'armamentario
dell'officina di Ravachol
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Ben presto Ravachol è pronto con la sua
prima bomba destinata al presidente Benoit.
L’11 marzo , al calar della notte,
Ravachol, Chaumartin, Biscuit, Béala e Mariette Saubert lasciano Saint-Denis.
Passando davanti al dazio, alla porta della Chapelle, Mariette nasconde la
bomba sotto la veste; poi rende l’ordigno a Ravachol e torna indietro con
Chaumartin. I tre rimasti proseguono il loro cammino fino al numero 136 del
boulevard Saint-Germain. Il trio si ferma e Biscuit va in avanscoperta dove
riscontra che l’unico pericolo vista l’ora è la portinaia del palazzo.
Ravachol vestito in modo elegante entra
nel palazzo dalla porta principale con passo tranquillo, passando tocca il
cilindro con le dita; la portinaia non interroga un signore così distinto.
L’anarchico sale due piani, accende la miccia, posa l’ordigno in terra e raggiunge
i complici. Si allontanano leggermente dal palazzo per non farsi notare ed
aspettano l’esplosione. Non devono attendere molto: una detonazione secca e
violenta fa tremare tutti i vetri del quartiere.
Dopo aver creduto per qualche istante,
che l’esplosione fosse dovuta ad una fuga di gas, la polizia ha scoperto le
tracce d’una bomba. La stampa è esplicita: è un attentato anarchico.