..............................................................................................................L' azione diretta è figlia della ragione e della ribellione

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martedì 9 agosto 2016

Louis Michel raccontata da Pietro Gori

[…] Lo zelo di Louis nel soccorrere le sofferenze altrui non si ferma all'umanità, ma tenta di abbracciare perfino l'animalità.
E mi raccontava certe sue ingenuità commoventi verso bestiole malate o fameliche, per le quali la casa ospitale della comunarda diventava prima un rifugio, e poi un condominio con tutti gli altri esseri colà sospinti dalla risacca sociale.
Una volta – era stata gravemente malata di bronchite quell'inverno – tornò a casa, dopo una conferenza; si sentiva affaticata, sfinita. La buona Carlotta, la   fida compagna di lei, aveva preparato del latte caldo. Esso fumava lì presso, sulla tavola. Ma intanto che Luisa parlava con alcuni amici, che l'avevano accompagnata, una gatta malaticcia, salita sulla tavola, aveva tranquillamente vuotato la tazza.
Quando Carlotta se ne accorse, non fu a tempo che a regalare un solenne scapaccione alla bestiola, la quale chissà per quali complicazioni tra la bevuta furtiva e lo scappellotto giustiziero nella notte morì.
Fu tutto un piccolo dramma domestico di rimpianti per il quadrupede defunto in seguito a quell'atto di tirannide padronale, ed anche una sequela di rimbrotti verso Carlotta, che se ne era resa colpevole. Si dovettero immischiare nella faccenda parecchi amici; e la pacificazione degli animi non riuscì completa, se non dopo che fu convenuto che là in quella casa, nessun atto di violenza sarebbe stato più commesso da inquilini o da ospiti verso gli animali inferiori.
Da quel giorno anch'io, a cui molto Luisa perdonava per la mia giovanile impetuosità, dovetti tenere a me le mani ed i piedi – giacché una sera che un cane, insopportabile per petulanza, eppur cittadino libero sotto quel tetto ideale, provocò il mio piede ad assestargli un rapido correttivo, dovetti ascoltare dalla cara vecchia tutta una calda allocuzione in difesa degli esseri inferiori.
« – Ah, gli esseri inferiori, ecco il pretesto d'ogni dominazione!... Inferiori perchè? Perchè altri più violenti, o più astuti, riuscirono ad assoggettarli o ad ucciderli?...O non sono invece inferiori di senso morale quelli che formano la felicità propria sulla infelicità altrui divorando, sfruttando, asservendo?... Voi mi risponderete con la dura legge di selezione, col trionfo del più adatto, con l'impero del più forte. Ma io conosco un'altra legge, che non è di oppressione nè di morte – ma di libertà e di vita: quella della solidarietà... Voi vi deliziate degli uccellini allo spiedo, ed io preferisco il trillo del cardellino, che canta là, su quell'albero, a tutte le orazioni di voi avvocati... Diversi sì, inferiori no...»
« – Ma tra l'umanità, e le altre specie zoologiche...» azzardai io.
« – Ebbene – incalzò l'ardente vegliarda – è appunto perchè l'umanità volle calpestare gli altri esseri, che voi chiamate inferiori, che essa si trovò esercitata ad inferocire e a dilaniar se stessa. Le razze inferiori, le classi inferiori, il sesso inferiore, che per dileggio chiamate gentile – ecco la stessa classificazione trasportata dal campo animale a quello umano... Ma la lotta, direte, fu la condizione d'ogni progresso... Sì, ma io non amo la lotta per la lotta; la voglio solo perchè da essa scaturisca invece dell'antagonismo la fratellanza di tutti gli esseri...»
E le labbra della vergine dolorosa tremolavano ancora, nell'improvviso silenzio – come se avessero proseguito il filo mentale di quella sua corruscante visione di ardimenti e di tenerezze...
[…] Nel processo di beatificazione di San Martino uno dei titoli, che più gli valse la laurea di beatissimo, fu l'aver donato, una volta in sua vita, metà del proprio mantello ad un mendico.
Luisa, centinaia e centinaia di volte (Carlotta ormai aveva perduto ogni lena a riprenderla) aveva dato via l'ultima camicia al primo indigente che bussava alla porta. E tutta la pena degli amici era sempre di trovare una maniera delicata, onde sostituire, almeno l'indispensabile, al gettito, ch'ella faceva di ogni suo avere.
Un inverno, ch'essa aveva molto sofferto di petto, i suoi antichi compagni di deportazione alla Nuova Caledonia, allora residenti in Londra, pensarono di donarle un pesante e ricco mantello, per l'anniversario della Comune parigina, tanto più, ch'ella doveva recarsi appunto la sera del 18marzo, al Mass-Meeting commemorativo, che si teneva nel centro della metropoli, a sì grande distanza dal sobborgo, ove essa e Carlotta abitavano.
Quando Luisa entrò nella sala gremita, i compagni, che avevano fatto il dono, stupirono nel vederla ravvolta in un meschino scialletto, e Charles Malato ebbe l'incarico di fare le dovute rimostranze.
«– Voi venite a sgridarmi, Carlo – si affrettò a dir Luisa al veniente – però avete torto. Il pensiero fu gentile, ma quel ricco mantello sarebbe stato un rimorso per me...»
E Carlotta spiegò, come non le fosse stato possibile impedire che Luisa regalasse il mantello (non la metà come S. Martino, ma tutto intero) ad una povera vedova del vicinato, sovraccarica di cinque piccini, la quale tremando era venuta a chieder la carità, in memoria dei poveri assassinati della Comune di Parigi.
[…] Parecchi anni or sono, a Parigi si costituì un Comitato di soccorso in pro' dei profughi russi – in seguito ad uno dei periodici deliri acuti della reazione autocratica – e del comitato facevano parte le personalità culminanti della scienza, dell'arte, della politica. Ne erano presidente Victor Hugo e cassiera Luisa Michel.
Ebbene: alla casa di lei era un continuo pellegrinaggio di sollecitatori, che si qualificavano profughi russi, per quanto essi non avessero oltrepassato i boulevards di Montmartre, e le buvettes del quartiere Latino.
E nessuno tornava indietro, per quanto poco russo egli fosse, con le mani vuote.
Victor Hugo, che grandemente amava e stimava la Michel, credette opportuno esortarla a qualche cautela nella erogazione dei soccorsi, onde i veri proscritti russi non ne fossero defraudati da codesti russi... d'occasione.
Luisa, dopo avere ascoltato con deferenza l'autore dei Miserabili, gli chiese con quel suo fervore traboccante di ingenua pietà:
«– Posso io domandare alla miseria che invoca aiuto, la carta di nazionalità?»
Il  poeta sorrise, e la sua fronte radiosa si chinò perplessa. Da quel giorno però non si parlò più di controllare la nazionalità degli indigenti – anche a costo che qualche mariuolo sfruttasse il fondo raccolto per la Russia fuggiasca e martire.