
Ad un anno di distanza da un’altra
estate di lotta tante cose sono cambiate. Il governo Renzi ha raggiunto
l’obiettivo di escludere le spese per il trattenimento e la deportazione dei
migranti dal conteggio sul bilancio dello Stato italiano ed ha accantonato ogni
ambiguità, tentando di serrare le frontiere.
Ma il desiderio di libertà è più forte di ogni confine e
tanti cercano e trovano un varco da cui passare.
Il campo gestito dalla Croce Rossa è
stato spostato lontano dal mare, in una zona dismessa dalle ferrovie nei pressi
del parco Roja. Gli operatori della Croce Rossa agiscono di concerto con le
forze dell’ordine. Nel campo si mangia male, non si riceve alcuna informazione
sulla propria situazione, ma si rischia la deportazione alla minima protesta.
Nei pressi del campo ufficiale era sorto un campo
spontaneo, gestito dagli stessi migranti, sgomberato pochi giorni prima
dell’avvio del campeggio No Border.
Nella
notte tra giovedì 4 e venerdì 5 agosto circa trecento
migranti sono usciti dal campo della Croce Rossa diretti alla frontiera.
Bloccati nell’area dove lo scorso anno c’era il campo No Border, sono stati
violentemente caricati dalla polizia. Con loro c’erano anche alcuni compagni
che li avevano raggiunti per dare appoggio e solidarietà. Durante la carica
circa 120 migranti sono riusciti a bucare la frontiera e ad entrare in Francia,
dove è scattata la caccia all’uomo. Un gruppo è stato bloccato manganellato e
caricato sui furgoni della gendarmeria in una spiaggia di Mentone.
Dei migranti rastrellati alcuni sono stati riportati al
campo della CRI, altri sono stati deportati a Taranto. I No Border fermati
hanno ricevuto tutti il decreto di espulsione dall’Italia o il foglio di via
dalla provincia di Imperia.
Il giorno successivo, dopo un
volantinaggio in spiaggia che annunciava il corteo della domenica, i No Border
si sono avviati in direzione del campo della Croce Rossa per fare un saluto ai
migranti.
La polizia ha prima gasato, poi ha cercato di bloccare gli
attivisti chiudendo loro la strada. Undici compagni sono rimasti intrappolati
su un ponte dove sono stati picchiati insultati e ammanettati.
Trattenuti in questura per quasi tutta la notte hanno
subito altre angherie, prima di essere rilasciati con foglio di via e con la
denuncia di resistenza e adunata sediziosa aggravate.
Altri due No Border, Beppe ed Alessia, presi poco lontano
dal ponte, sono stati arrestati e richiusi nei carceri di Imperia e Genova
Pontedecimo: rilasciati con divieto di dimora tra giorni dopo, saranno
processati in autunno per resistenza, adunata sediziosa e lesioni.
Durante la mattanza sul ponte un poliziotto
dell’antisommossa, che stava per unirsi ai colleghi che stavano lavorando di
manganello, è morto d’infarto appena sceso dal furgone.
L’episodio è stato usato dai media come pretesto per
scatenare una campagna di ulteriore criminalizzazione nei confronti degli
attivisti che si battono contro le frontiere. Il Freespot è stato perquisito e
due giorni dopo sgomberato con un pretesto, nonostante i locali fossero in
affitto.
Il giorno successivo il corteo non è riuscito a partire,
perché la polizia ha intercettato e dato il foglio di via a buona parte dei
compagni che stavano raggiungendo Ventimiglia.
La strategia di Alfano è chiara:
alleggerire la pressione sulle frontiere, deportando al sud i migranti e
chiudendo in una morsa di ferro chi si oppone alle frontiere.
Il clima di emergenza serve a fare
terra bruciata intorno a migranti e attivisti No Border, per nascondere una
verità banale, che senza frontiere non ci sarebbero clandestini, campi,
controlli. Senza frontiere Ventimiglia sarebbe solo uno dei tanti luoghi dove
passa la gente in viaggio.
Senza frontiere, stati, sfruttamento e guerre, tanti
neppure partirebbero.
É la disarmante banalità del bene.