Il superamento del capitalismo non può
consistere nel trionfo di un soggetto creato per lo stesso sviluppo
capitalista. Tuttavia, le teorie di emancipazione hanno da tempo concepito il
superamento esattamente in questa maniera. Il capitalismo è stato considerato
come la cattiva gestione, ingiusta e parassitaria, di qualcosa che in quanto è
altamente positiva: il progresso e la società industriale creata dal lavoro
proletario, le scienze e la tecnologia. Sovente, il comunismo è stato perciò
concepito come la semplice continuazione delle "acquisizioni" del
capitalismo, portata avanti da altri soggetti e per mezzo di un altro regime di
proprietà, e non come una profonda rottura. La valorizzazione positiva del
"soggetto" nelle teorie di emancipazione tradizionali presupponevano
che il soggetto era la base del superamento (e non la base dello sviluppo) del
capitalismo e che bisognava aiutare il soggetto a dispiegare la sua essenza, a
sviluppare il suo potenziale, soggetto che in quanto tale non ha niente a che
vedere con il sistema di dominio. La rivoluzione avrebbe permesso allora, per
esempio, di estendere il lavoro a tutta la società, facendo di ciascuno un
lavoratore. Tutt'al più, avrebbero dovuto sbarazzarsi di qualche influenza
corruttrice; ma non c'era bisogno di mettere in discussione la loro esistenza
in quanto operai, lavoratori informatici, ecc. La speranza rivoluzionaria nel
soggetto non si domanda cosa costituisca questo soggetto e se esso non
contenga, nella sua struttura profonda, degli elementi del sistema delle merci,
cosa che spiegherebbe la sorprendente capacità di questo sistema di
perpetuarsi, di rigenerarsi e di "recuperare" i suoi critici. La
sostanza di questo soggetto può essere descritta in modo diverso, e perfino in
maniera opposta. Per il movimento operaio tradizionale, si tratta del lavoro
produttivo che è la medaglia del proletariato; per l'estrema sinistra degli
anni settanta, poteva trattarsi della resistenza al lavoro, della creatività
personale, del "desiderio". Ma la struttura concettuale rimane
identica: lo sforzo rivoluzionario al fine di permettere alle questioni
fondamentali del soggetto di emergere e trionfare contro le restrizioni che gli
vengono imposte da una società artificiale che serve solo gli interessi di una
minoranza.
Alla ricerca del famoso "soggetto
rivoluzionario": sono stati indicati, di volta in volta, gli operai, i
contadini, gli studenti, gli emarginati, le donne, gli immigrati, le
popolazione del sud del mondo, i lavoratori "immateriali", i
lavoratori precari. Questa ricerca era destinata al fallimento; ma non perché
non esista il soggetto, come predicano lo strutturalismo ed il
post-strutturalismo. I soggetti esistono assai bene, ma non sono l'espressione
di una "natura umana", anteriore ed esterna ai rapporti capitalisti;
sono il prodotto dei rapporti capitalisti che, in cambio, riproducono. Gli
operai, i contadini, gli studenti, le donne, gli emarginati, gli immigrati, i
popoli del sud del mondo, i lavoratori immateriali, i precarizzati, di cui la
forma-soggetto, con il suo modo di vita, le sua mentalità, le sue ideologie,
ecc., viene creata o trasformata dalla socializzazione di mercato, non può
essere mobilitata, in quanto tale, contro il capitalismo. Di conseguenza, non
ci possono essere delle rivoluzioni operaie, contadine oppure di precarizzati,
ma solo delle rivoluzioni di coloro che vogliono farla finita col capitalismo e
colla forma-soggetto che gli viene imposta, e che ciascuno ritrova in sé
stesso.
"Invece
di chiederci, come fanno gli ecologisti: che mondo lasceremo ai nostri figli?
Dovremmo domandarci: a quali bambini lasceremo questo mondo?" (Jaime
Semprun).