Ancora un sabato di mobilitazioni
in Francia questa volta sotto il segno della denuncia delle violenze della
polizia.
Il movimento iniziato il 17
novembre per chiedere la caduta di Macron non demorde e rilancia. La giornata
del 2 febbraio, dodicesimo atto, è un omaggio ai gilet morti durante il
movimento (quattordici vittime, di cui 11 in Francia e 3 in Belgio) e una forte
denuncia delle violenze della polizia. Una brutalità che ha fatto in qualche
settimana più di duemila feriti. Tra loro un centinaio sono gravi, quattro
persone hanno avuto la mano strappata e quattordici hanno perso un
occhio. Al centro delle polemica c’è in particolare l’uso dell’LBD, un lancia granate
a frammentazione di cui la polizia francese sta abusando da anni, mirando alla
testa e facendo morti e feriti. Della questione si è finalmente parlato anche
nei media dopo il ferimento in diretta di Jerome Rodrigues, una delle figure
più in vista del movimento, che sabato scorso stava facendo una diretta fb
quando è stato colpito da una granata perdendo un occhio.
A Parigi per il 12° sabato
presenza quasi raddoppiata con una lunga marcia aperta proprio dai gilet
feriti. La manifestazione ha sfilato fino a Place de la République dove già
sabato scorso aveva avuto luogo una sorta di Nuit Debout dei gilet, riprendendo
la pratica del movimento di occupazione delle piazze del 2016. Una risonanza
insopportabile per le forze dell’ordine che hanno sgomberato immediatamente la
piazza sia sabato scorso che questo sabato con l’uso di granate e cariche. Da
segnalare nella capitale l’azione dei gilet gialli antifascisti che hanno
cacciato dal corteo alcuni gruppi neo-fascisti e monarchici che se la sono
dovuta dare a gambe levate. Migliaia di gilet in cammino anche a Marsiglia con
la manifestazione aperta da uno striscione coperto di vernice rossa come il
sangue dei gilet feriti. È qui che ha sudato freddo Renaud Muslier, un politico
di centrodestra che aveva lanciato nelle scorse settimana una raccolta fondi in
sostegno della polizia e che ha incrociato il corteo marsigliese. Sputi e
insulti sono volati contro l’ex-deputato che è riuscito ad andare via solo
diversi minuti dopo. Una delle mobilitazioni più importanti si è svolta a
Valence, con diecimila persone in piazza bersagliate dai lacrimogeni della
polizia. In migliaia in strada anche a Tours.
A Lione bloccata l’autostrada A7,
poi ritorno in centro città dove ci sono stati scontri con la polizia. A
Strasburgo una manciata di gilet è riuscita a raggiungere il parlamento europeo
prima di essere bloccati. Barricate a Rouen e tensioni a Bordeux. Blocco della
circolazione a Montpellier oltre che in centinaia di altri piccoli centri.
La chiarezza nell’individuare le
violenze della polizia come perno del 12° sabato segna un ulteriore salto
politico del movimento. Dietro la denuncia degli “abusi”, è la legittimità
stessa del monopolio della violenza affidata allo Stato che viene rimessa in
dubbio. Come a dire, il movimento avanza e arriva al cuore delle prerogative
sovrane delle istituzioni repubblicane. D’altronde che il campo del contendere
fosse esattamente questo lo ha reso chiaro proprio il governo. Non soltanto
autorizzando la brutalità delle forze dell’ordine ma anche facendo dell’uso
della forza da parte dei gilet il centro di una campagna di delegittimazione
della protesta.
È questa forza che ora bisogna spezzare a ogni costo anche con
leggi speciali come il cosiddetto progetto di legge “anti-casseurs” in
discussione in questi giorni all’Assemblée nationale che prevede un divieto
amministrativo di manifestare (il DASPO di piazza che tanto piace ai politici
italiani) e l’introduzione della possibilità di arresto per il solo fatto di
coprirsi il viso durante un corteo. Misure controverse anche all’interno della
stessa maggioranza, con una parte che punta il dito contro una forte
limitazione delle libertà civili.
Nel frattempo è stato annunciato
finalmente, per il 5 febbraio, lo sciopero generale da parte del principale
sindacato, la CGT. Tutti aspettano quindi martedi quando potrebbe finalmente
concretizzarsi la convergenza tra il movimento dei gilet e un mondo sindacale
per ora molto timido, frenato da una dirigenza che ha preferito glissare sulle
richieste di sciopero che venivano dalla stessa base dei sindacati. L’economia,
allora, potrebbe fermarsi davvero.