
Per quelli che
non desiderano un altro ordine sociale, il mito del cittadino può
vantaggiosamente sostituire quello del proletariato nei nuovi schemi
ideologici. Il cittadinismo è il figlio più legittimo dell’operaismo e del
progressismo entrambi antiquati. Non nasce per seppellirli, ma per
rivitalizzare il cadavere. In un momento in cui non c’è dialogo più autentico
di quello che può esistere tra i nuclei ribelli, esso pretende di dialogare
solo con i poteri, aprire breccia da cui provare a negoziare. Ma la comunità
degli oppressi non deve cercare di coesistere pacificamente con la società che
opprime, poiché la sua esistenza non trova giustificazione che nella lotta
contro questa.
Un modo diverso
di vivere non deve basarsi sul dialogo e sul negoziato con le istituzioni
portati avanti nel modo servile di prima. Il suo rafforzamento non verrà dunque
né da una transazione, né da una qualsivoglia crisi economica, ma da una
secessione di massa, da una dissidenza generalizzata, da una rottura drastica
con la politica e il mercato. In altri termini, da una rivoluzione di nuovo
tipo, una rivoluzione da inventare strada facendo. Poiché la strada opposta
alla rivoluzione conduce non solo all’infelicità e alla sottomissione ma anche
all’estinzione biologica dell’umanità.