
Come esiste una
contaminazione del rapporto mercantile, così esiste anche un contagio della
volontà di vivere. È adesso che daremo il colpo di grazia alla civilizzazione
della morte, non con la forza delle cose, ma con il godimento che la
dissolverà.
Le crisi si
moltiplicano, e le scosse che fanno tremare il vecchio edificio statale ed
economico non si contano più. C’è da credere che basterebbe un gran risata per
seppellirlo.
Creare per il
piacere, non è forse questo che si fa oggi nei luoghi stessi che hanno servito
da modello all’organizzazione della nostra vita quotidiana, le fabbriche della
produzione industriale? Un sabotaggio sempre più disinvolto trasformerà un
reparto di costruzioni in una sala da gioco, cambierà un magazzino in un centro
di distribuzione gratuita, si farà beffe delle parole dei capi e dei discorsi
degli agitatori. Chi oserà impadronirsi della fabbrica per organizzare un’altra
forma di lavoro? Tutto è stato prodotto, rubando alla creatività di milioni di
operai. Perché stupirsi di veder uscire dallo smembramento sistematico delle
fabbriche, dei reparti di progettazione, perché dubitare che possa nascere
dalle rovine di questi modelli inariditi della merce, di che costruire le
nostre dimore, i nostri piaceri, i nostri sogni, le nostre avventure, la nostra
musica, i nostri vagabondare di terra, d’acqua, d’aria e di fuoco?