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giovedì 7 marzo 2019

Le donne della Comune di Parigi

Louise Michel
Ogni anno, in occasione della giornata internazionale dei diritti delle donne, i media si ricordano delle disparità che continuano ad esistere in mezzo a noi, uomini e donne, sia nel lavoro e salari, sia nella vita familiare e sociale; niente di veramente originale insomma! E non dimentichiamo le violenze verbali e fisiche che sopportano e pensiamo a tutte quelle donne di tutto il mondo che hanno poco o nessun diritto. Di questa disparità se ne deve parlare sempre, tutti i giorni, e dobbiamo parlare anche di come le donne, spesso sconosciute, hanno segnato la storia di tutta l’umanità, come soprattutto, le donne della Comune di Parigi, cui dobbiamo così tanto!
Molte sono diventate famose, come Louise Michel, Elisabeth Dmitrieff o Nathalie Lemel, ma migliaia rimangono sconosciute. La maggior parte di loro erano donne operaie, e alcune, convinte da concetti femministi e socialisti, provenivano da ambienti benestanti. Tutte erano ammirevoli per il loro valore, ardore e abnegazione.
Il ruolo delle donne, nella Comune di Parigi, è stato importante, anzi determinante, lo hanno dimostrato il 18 marzo 1871, il primo giorno della Comune; furono loro che invocarono l'insurrezione. Louise Michel e molte parigine impedirono alle truppe inviate dal governo di recuperare i cannoni di Montmartre e convinsero i soldati a fraternizzare con gli insorti.
Il 9 aprile 1871, sotto la guida di un’operaia rilegatrice, Nathalie Lemel, e di un’insegnante, l’aristocratica russa Elisabeth Dmitrieff, nacque l’«Unione delle donne per la difesa di Parigi e le cure ai feriti», la prima associazione organizzata dalle donne.
Il Comitato centrale dell'Unione delle donne, che comprendeva, oltre alle due attiviste, Marceline Leloup (sarta), Blanche Lefevre (lavandaia), Aline Jacquier (cucitrice), Theresa Collin (calzolaia) Aglaë Jarry (rilegatrice), pubblicò manifesti e organizzò incontri pubblici nei distretti e nei quartieri della capitale. Il 12 aprile, il primo appello alle donne venne affisso sui muri di Parigi, e diceva in sintesi: «I nostri nemici sono i privilegiati del presente ordine sociale, tutti coloro che hanno sempre vissuto coi nostri sudori, che si sono ingrassati con la nostra miseria ... L'ora decisiva è arrivata ... Che ce ne facciamo del vecchio mondo! Vogliamo essere libere! ... »
Elisabeth Dmitrieff
Il Comitato gestiva cucine e ambulanze, riceveva denaro e donazioni in natura per feriti, vedove e orfani. Pur perseguendo queste azioni di aiuto reciproco e di solidarietà, non dimenticò il lavoro di rivendicazione, l'istruzione e la lotta.
L’Unione delle donne istituì un programma rivoluzionario. Roclamava la parità dei salari, l’organizzazione dei laboratori autogestiti, scuole professionali e orfanotrofi laici, corsi serali per le adulte, asili nido e assistenza alle ragazze madri affinché non affondassero nella prostituzione; riconoscimento dell’unione libera e di una pensione corrisposta alle vedove di guardie nazionali uccise negli scontri, sposate o no, e per i loro figli legittimi o illegittimi; ottenne la chiusura delle case di tolleranza e la soppressione della prostituzione considerata come «una forma di sfruttamento commerciale di creature umane da parte di altre creature umane»; rifiutò il divieto di stampa dei giornali di destra sostenendo "la libertà senza limiti"; ottenne il voto per le donne e per gli stranieri e, infine, si applicò, ben prima della legge che in Francia venne emanata nel 1905, il principio della separazione tra Stato e Chiesa nelle scuole, ospedali, carceri, eliminando le religiose da quegli istituti e sostituendole con madri di famiglie "che", dicevano, "fanno meglio il loro dovere",. Quest'ultima decisione è importante perché segna, in generale, l'importantissima tendenza anticlericale delle donne della Comune.
Le idee che le animavano sono quelle della Rivoluzione sociale e dell'autentico socialismo e non quella della purissima acqua di rose che conosciamo oggi! Quelle donne acclamavano la «Repubblica universale», «l'abolizione di tutti i privilegi, di tutti gli sfruttamenti», «sostituzione del regno di lavoro a quello del capitale» e ricordavano che «ogni disuguaglianza e tutto l'antagonismo tra i sessi, sono la base del potere delle classi dirigenti».
Le donne della Comune oltre ad essere innovative, organizzatrici, erano anche coraggiose combattenti. Alcune di loro affrontarono il pericolo e la morte come quelle che lavoravano per i rifornimenti alle guardie nazionali o addette alle ambulanze; altre, armate di fucile, presero il loro posto nelle barricare, sparavano agli assalitori e combattevano fino all'ultimo e, nello stesso momento, incoraggiavano i loro compagni più deboli.
Immagine tratta dal film La Commune Paris 1871 di Peter Watkins
La repressione versagliese, che seguì contro di loro, fu terribile. Quando venivano trovate con le armi in mano, venivano fucilate sul posto. Le prigioniere, in attesa di un finto processo, furono mandate al sinistro campo di Satory sotto i fischi, gli insulti, i colpi dell’idiota folla borghese di Versailles. Come Louise Michel, si confrontarono con i loro giudici con tanto coraggio e dignità, sostenendo le loro azioni e vennero condannate alla deportazione in Nuova Caledonia. Viaggiarono per centoventi giorni su vecchie fregate, in condizioni abominevoli e in gabbia come animali.
Molto più che i Comunardi, furono calunniate, insudiciate, umiliate, trattate da puttane o incendiarie dai vincitori e dalle loro mogli.
Durante gli anni trascorsi in prigione, continuarono a ribellarsi e a difendere con energia e orgoglio i loro diritti di detenute politiche.
Fu attraverso il coraggio e la straordinaria dedizione di una giovane paramedica, una certa Louise, (da non confondersi con Louise Michel) uccisa mentre soccorreva i feriti e incontrata domenica 28 maggio sulla barricata di rue Fontaine-au-Roi, che Jean-Baptiste Clément, dedicandole la sua famosa canzone Le Temps des Cerises (Il Tempo delle ciliegie), rese omaggio alle donne eroiche della Comune del 1871, la maggior parte semplici lavoratrici che pagarono a caro prezzo la loro lotta per la libertà, l’uguaglianza e la fraternità.
Immagine tratta dal film La Commune Paris 1871 di Peter Watkins