La notizia è di
quelle importanti. Con la sospensione del Patto di Stabilità, la Commissione
Europea due giorni fa ha affermato una cosa ben precisa. Ovvero, ci sono casi
in cui la tenuta dei conti e il rispetto di alcuni fondamentali economici non
può sovrastare le ragioni di "pubblica necessità". Ma essendo
quest’ultime frutto di una scelta politica, cade l’inganno a cui per anni ci
hanno sottoposti i fautori del There is no alternative, Troika edition.
E quindi
l’austerità non è l’unica opzione possibile
Sforare dunque
si può, e alcune ragioni sono più importanti di altre. Non si poteva farlo per
finanziare nuove scuole, nuovi ospedali, piccole opere utili nei paesi più
colpiti dalla crisi dei subprime. Si può farlo nel momento in cui lo scoppio
della pandemia mette a rischio la tenuta del sistema produttivo comunitario,
gli interessi delle grandi aziende, in maniera potenzialmente ancora più dura
rispetto al 2008 soprattutto per paesi come la Germania.
Come riguardo
alla situazione nelle carceri, nelle fabbriche, dunque anche in ambito di
politica finanziaria l’esplosione del Covid-19 mostra in controluce le
contraddizioni e la profonda politicità di dogmi dati per assunti e
indiscutibili da decenni. È questa la questione politica di fondo aperta dalla
decisione di Bruxelles.
È una svolta
potenzialmente epocale sulla tenuta stessa dell’impianto ordoliberista europeo.
Di fatto il meccanismo deficit/pil è quello che ha portato negli scorsi anni a
giustificare qualunque tipo di politica di austerità, a imporre qualunque
sacrificio nei confronti delle popolazioni. In Italia questo si tradotto
nell’approvazione del fiscal compact e con la sua traduzione addirittura in
Costituzione. In Grecia con l’impoverimento di grandi fette di popolazione e
con la distruzione dell’idea di decisionalità popolare, come dimostrato dal
referendum del 2015.
Ora che la crisi
morde e morderà tutte le economie senza distinzioni, la musica sembra cambiare.
Il progetto capitalistico sovranazionale europeo sembra arrivato a un punto di
profonda crisi, in cui il motore tedesco non riesce più a far fronte a partire
dalla sua potenza scaricata per anni sulle periferie continentali. Certo
bisognerà vedere se l’apertura europea contiene una politica economica che
varrà in assoluto, sul lungo periodo. O se saranno svincolati solo alcuni tipi
di spese, per un periodo limitato. Certo è che ciò che non fu concesso alla
Grecia, ciò che non fu concesso all’Italia, ora è in linea di massima possibile.
Quindi oggetto di possibile contesa politica, oltre ogni inevitabilità. Anche
oltre l'emergenza del momento.
Certo, ci voleva
un fatto che avesse una rilevanza globale. Difficilmente nel gioco dei
sovranismi interni alla Ue se il Covid-19 avesse colpito solo l’Italia la
reazione sarebbe stata la stessa. Già oggi le divergenze a livello europeo tra
paesi del sud e paesi del nord su come gestire praticamente questa svolta non
sembrano essere poche. Non a caso la Commissione ha ricordato che "non va messa
a rischio la sostenibilità di bilancio". Traducendo, c'è chi potrà
spendere di più e chi potrà spendere di meno.
Eppure ora come
ora, caduto anche da un punto di vista ideologico il mantra sul quale si sono
fondati gli ultimi trent’anni di architettura comunitaria, si gioca una partita
importante per il futuro dell’Unione e della sua popolazione. Quali saranno gli
investimenti ammessi, in quali ambiti? Si potrà davvero investire sulla sanità,
sulla scuola, sulla ricerca, sul sostegno ai milioni di disoccupati che
produrrà questa crisi? Quali segmenti sociali beneficeranno maggiormente
dall’apertura dei cordoni finanziari?
La risposta a
questi quesiti non arriverà soltanto dall'azione dei governi oggi, ma anche da
quello che succederà quando questa situazione emergenziale di reclusione totale
sarà superata. Sappiamo benissimo che anche quando si sbloccano fondi, questi
non vengono distribuiti in parte equa all'interno delle società. La crisi
economica di cui stiamo iniziando a comprendere la portata in queste settimane
si scatenerà senza alcun dubbio in maniera differenziata sulla popolazione. Ma
con la decisione della Commissione, la battaglia sul tema delle risorse, da
ieri e nel prossimo futuro, assume una dimensione inedita.