
I lavoratori
hanno deciso di scioperare perchè in catena di montaggio, per ovvi motivi, non
possono mantenere le distanze di sicurezza per evitare il contagio del Covid19.
Il governo Conte nella giornata di ieri ha esteso a tutta Italia le restrizioni
già previste per la Lombardia e per altre 14 province del nord. Una misura
riassunta dallo slogan "io resto a casa” ma che non vale per tutti e per
tutte. Chiuse scuole e università, cinema e musei, limitazioni all'apertura di
bar e ristoranti, divieti di assembramento, spostamenti ridotti al minimo fatti
salvo per lavoro, necessità primarie o per ragioni di salute.
“Io resto a
casa” ha detto Conte: e i 20 milioni di lavoratrici e lavoratori che non
restano a casa??? Al momento infatti non è stata prevista una limitazione dei
trasporti pubblici né delle merci tanto meno della produzione! La
contraddizione appare più che evidente. Le imprese (da Confindustria a
Confcommercio) chiedono al governo di garantire ad ogni costo la continuità
della produzione, anche nelle zone più contagiate, senza garantire ai
dipendenti neppure gli strumenti più elementari di sicurezza. Inutile dire che
davanti al profitto tutto cambia. Confindustria dal suo giornale si vanta di
avere equilibrato gli interventi del governo. Il testo sulle restrizioni
parlava di spostamenti “solo per esigenze di lavoro indifferibili”, ma
l’espressione è stata cambiata con “comprovate ragioni di lavoro” e dunque
basta un’autocertificazione e tutte e tutti possono andare in fabbrica o a
consegnare merci in barba al corona virus. Il governo invoca la “responsabilità
sociale” dei cittadini ma esonera il profitto. Seguiremo la vicenda dello
sciopero e di tutte le lotte che iniziano a palesarsi in questa situazione
assurda, che crea discriminazione e negazione dei diritti, nonostante la grave
emergenza.