
Giunto sul posto, mentre cercava di
contattare alcuni giovani antifascisti incrocia una pattuglia tedesca e
approfittando di un attimo di disattenzione dei nazisti li cattura e li porta a
Giaveno dove già si trovavano altri tedeschi arrestati.
Quando tornò ad Avigliana gli si fece
incontro il parroco che lo implorò di restituire i tre prigionieri perché
altrimenti la città sarebbe stata distrutta alle due del pomeriggio di quella
stessa giornata.
Recatosi subito al comando tedesco
accompagnato da due pubblici funzionari, il compagno Ruju ebbe modo di parlare
con il comandante; questi lo pregò di liberare i tre soldati catturati perché,
altrimenti, sarebbe stato costretto ad ordinare la distruzione della città
secondo gli ordini ricevuti dalla 5a divisione Alpina. Il compagno Ruju gli
fece notare che 10.000 partigiani circondavano il centro e che allo scadere di
30 minuti sarebbero passati all’attacco; non solo, ma gli eventuali tedeschi
superstiti sarebbero stati considerati criminali di guerra e quindi passati per
le armi.
Tutto ciò era un bluff, ed i 10.000
partigiani esistevano solo nella mente di Ruju. Ma il comandante gli credette e
si arrese con i 500 uomini del suo presidio, consegnando tutte le armi ai
partigiani.
Per questo episodio lo Stato democratico volle decorare Ruju con una croce al valor militare, ma il partigiano rifiutò l’inutile decorazione come fecero altri partigiani anarchici per testimoniare nuovamente la loro fede anarchica.
Per questo episodio lo Stato democratico volle decorare Ruju con una croce al valor militare, ma il partigiano rifiutò l’inutile decorazione come fecero altri partigiani anarchici per testimoniare nuovamente la loro fede anarchica.