Il 17 aprile, i cittadini sono invitati a recarsi alle urne. Non
dovranno questa volta scegliersi i propri padroni (vicini o lontani), o almeno
non direttamente. Dovranno esprimersi in materia di trivellazioni petrolifere
in acque nazionali entro le 12 miglia marine.
I buoni samaritani dell’ambientalismo, della sinistra (o di quel che
ne resta), dell’associazionismo sono già lì, pronti, per la grande pantomima
della “partecipazione”: “Tutti a votare SI contro le trivellazioni”, ci dicono
in coro… Peccato che si tralasci il fatto che l’unico quesito referendario
ammesso alla consultazione riguardi il periodo di concessione dei permessi di
estrazione di gas e petrolio in mare, con una domanda che recita più o meno
cosi: “vuoi che le compagnie petrolifere continuino ad estrarre gas e petrolio
nei pozzi già attivi in mare entro le 12 miglia marine anche dopo la fine del
periodo di concessione del permesso oppure no?”. Nulla si dice circa i permessi
sulla terraferma già esistenti e su quelli a venire, nulla su quelli a mare già
esistenti o a venire oltre le 12 miglia. Vi sembra che risolva la questione?
“I referendum sono lo strumento per eccellenza per esercitare la
Democrazia”. Peccato che, se non ci si vuole proprio rifare alle esperienze
storiche in cui il referendum ha sancito il definitivo recupero/normalizzazione di antagonismi sociali e tensioni emancipatrici, basta
sfogliare un manuale di diritto qualsiasi per rendersi conto che quello del
referendum è solo un blando correttivo (con una serie infinita di limitazioni e
cavilli) della democrazia rappresentativa.
Completamente scevro da qualsiasi velleità di democrazia diretta il
mezzo referendario, lungi dal voler scavalcare o depotenziare il potere
legislativo/esecutivo, per riconsegnarlo alla gente, è in realtà il suo
potenziamento e la sua riconferma. A maggior ragione se il quesito referendario
non è frutto o espressione della volontà popolare o di movimenti popolari, ma
figlio delle beghe insite nei palazzi del potere della politica nazionale e
regionale. Sono state alcune regioni ad indire il referendum, le stesse che
fino a qualche tempo fa, prima di vedersi scippare potere decisionale in
materia di trivelle, si prodigavano tanto diligentemente nell’aprire le porte
ai petrolieri!
“Questo referendum ci darà la possibilità di diffondere il verbo
NoTriv”. Se ci si riferisce ai mezzi di comunicazione, sappiamo bene come essi
funzionino, così come sappiamo che parecchie aziende del settore energetico
contribuiscono a definire bilanci, e quindi contenuti, delle testate
giornalistiche e dei canali televisivi; se ci si riferisce alla possibilità di
organizzare iniziative pubbliche ed informative sulla questione trivellazioni,
non riusciamo a capire come il referendum in questione possa incidere
ulteriormente, su ciò che già si fa o, semplicemente, si dovrebbe fare, anche
senza l’appuntamento referendario
“Vinceremo”, ci dicono i nostri. “Ma cosa?” chiediamo noi! Il
referendum sull’acqua pubblica è stato vinto. Ma l’acqua è pubblica? Il
referendum dell’86 sul nucleare è stato vinto. Ma ciò ha impedito che si
provasse di nuovo ad introdurre il nucleare in Italia (scongiurato dalla
tragedia di Fukushima) solo qualche anno fa ?
La Storia ci insegna che tutto ciò che può essere considerato un
progresso ed un tassello ulteriore nell’emancipazione dell’Umanità è stato
conseguito sulla strada della Lotta. E che chiunque abbia abbandonato questa
strada, ha conseguentemente abbandonato la volontà di andare fino in fondo a
dove questa strada portava.
Il 17 aprile c’è chi non andrà a votare. Per una serie infinita di
ragioni. A chi farà lo stesso, a chi ci andrà “in maniera critica”, a chi ci
andrà perché “sinceramente convinto che quella è la sola occasione per potersi
esprimere”, chiediamo di cominciare a riflettere sul da farsi il giorno dopo.
Quando il quorum non sarà raggiunto; quando sarà raggiunto ma avrà vinto il
“NO”; quando sarà raggiunto il quorum, avrà vinto il “SI”, ma verrà disatteso;
quando gli “interessi nazionali”, che poi, guarda caso, coincidono sempre con gli
interessi dei padroni, abrogheranno ancora una volta quella “vittoria”
referendaria, o semplicemente proveranno a materializzarsi per scavalcare i
territori e la vita di chi li abita, come fanno tutti giorni in ogni parte del
mondo in favore del profitto e dell’accumulazione capitalistica.
Quel giorno (che poi è già stato ieri, è oggi e sarà domani) resterà
la Lotta. Organizziamoci!