… né Stato ...

Ci sono, comunque, individui che
riescono a vincere la battaglia interiore tra autorità e libertà. In qualsiasi
società c’è sempre chi riesce a dare forma al bisogno naturale di vivere in
maniera libera, senza condizionamenti e senza sfruttare i simili. Noi anarchici
siamo tra questi.
Attraverso una riflessione libera
abbiamo messo a fuoco il funzionamento dei meccanismi di conservazione delle
disuguaglianze e delle ingiustizie, siamo riusciti a costituirci in corrente di
pensiero e in movimento per combatterli. Il nostro scopo è quello di
“contaminare” tutti gli altri individui soggiogati da una cultura autoritaria
(anche questo blog, nel suo piccolo, tenta di diffondere il “seme anarchico”).
Errico Malatesta, tornando ai cervelli
forgiati, portava un esempio: provate a legare gli arti inferiori ad un bambino
in tenera età e poi continuate a dirgli che egli non è in grado di camminare,
che deve ringraziare quelle corde che lo legano se si regge in piedi. Egli
crescerà ringraziando infinitamente quelle corde che lo legano perché gli
evitano le cadute.
Ecco quelle corde rappresentano lo
Stato. Sin dalla nascita ci dicono che senza lo Stato è impossibile vivere, che
dobbiamo ringraziare lo Stato che ci offre la protezione, che ci aiuta e ci
accompagna tutta la vita. Ma se un individuo nasce e cresce in un ambiente
libero non avrà bisogno dello Stato e dell’autorità.
Nei secoli lo Stato si è affermato come
l’organizzazione sociale più diffusa, come l’unico sistema politico in grado di
assicurare l’organizzazione di un territorio e di un popolo, soddisfacendo le
esigenze di dominio di monarchici, politici, religiosi e classi sociali
privilegiate. Lo Stato moderno, quello che noi conosciamo, ha aggiunto alle
tecniche tradizionali di dominio, rimaste nella sostanza immutate (scuola,
chiesa, ecc.), anche meccanismi nuovi tale da rendere lo sfruttamento, insito
nella sua natura, una cosa apparentemente accettabile, al passo coi tempi; ad
esempio la capacità condizionante del consumismo, che crea uno stato di
appagamento dovuto al possesso dei beni e di merci e perciò abbassa la presa di
coscienza sui reali rapporti tra ricchi, potenti e subalterni, rendendo questi
ultimi complici e difensori di un sistema che gli concede quel livello di
comfort. Oppure la funzione dei mezzi di comunicazione di massa, i quali sotto
la parvenza di libertà inculcano contenuti ideologici ben precisi e diffondono
l’alienazione, il qualunquismo e la passività fatalista.
Società organizzate in maniera diversa
sono sempre esistite, parallelamente con quella statale; nel Medioevo, ad
esempio, nascevano le piccole città che preferivano trovare tra loro un legane
di tipo federalista, che ne garantisse l’autonomia, mettendole in condizione,
in caso di bisogno, di venire in soccorso le une alle altre attraverso un patto
di mutuo appoggio. Questa idea di federalismo è stata la bandiera di tanti
territori e popoli che non desideravano venire cancellati da una struttura
centralizzata.
Il federalismo è una concezioni di
relazioni politiche di tipo orizzontale, basate sull’autonomia e
sull’indipendenza di ogni soggetto rispetto all’altro. Può essere applicato ad
un ‘organizzazione sociale completamente alternativa a quella statale, ma anche
a più stati o regioni per quanto riguarda il livello delle relazioni fra essi. È
questa concezione di federalismo in campo politico, affiancato ad una
concezione comunista in campo economico, ad aver animato alcune rivoluzioni
dell’età moderna, come la Comune di Parigi del marzo 1871, la rivoluzione in
Ucraina del 1917-18 durante la rivoluzione russa, oppure la più importante di
tutte, quella che si è avvicinata di più alla realizzazione di una società
senza Stato: la rivoluzione spagnola del 1936-39.
Lo Stato nasce invece per permettere ad
una classe di dominarne un’altra.
Dobbiamo tentare di far aprire gli occhi
alle vittime di questa società, di svegliare questo gigante addormentato che
non ha coscienza della propria forza perché spesso non si rende conto neanche
più di quali siano le catene che lo rendono schiavo.