..............................................................................................................L' azione diretta è figlia della ragione e della ribellione

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giovedì 14 aprile 2016

Né Dio né Stato, né servi né padroni [parte 2]

… né Stato ...

Cresciamo in un ambiente ostile, che forgia i nostri cervelli, incanala l’educazione in modo da inibire la libertà e sviluppare la nostra subalternità a forme autoritarie: Dio, lo Stato, il partito, il Papa e così via.
Ci sono, comunque, individui che riescono a vincere la battaglia interiore tra autorità e libertà. In qualsiasi società c’è sempre chi riesce a dare forma al bisogno naturale di vivere in maniera libera, senza condizionamenti e senza sfruttare i simili. Noi anarchici siamo tra questi.
Attraverso una riflessione libera abbiamo messo a fuoco il funzionamento dei meccanismi di conservazione delle disuguaglianze e delle ingiustizie, siamo riusciti a costituirci in corrente di pensiero e in movimento per combatterli. Il nostro scopo è quello di “contaminare” tutti gli altri individui soggiogati da una cultura autoritaria (anche questo blog, nel suo piccolo, tenta di diffondere il “seme anarchico”).
Errico Malatesta, tornando ai cervelli forgiati, portava un esempio: provate a legare gli arti inferiori ad un bambino in tenera età e poi continuate a dirgli che egli non è in grado di camminare, che deve ringraziare quelle corde che lo legano se si regge in piedi. Egli crescerà ringraziando infinitamente quelle corde che lo legano perché gli evitano le cadute.
Ecco quelle corde rappresentano lo Stato. Sin dalla nascita ci dicono che senza lo Stato è impossibile vivere, che dobbiamo ringraziare lo Stato che ci offre la protezione, che ci aiuta e ci accompagna tutta la vita. Ma se un individuo nasce e cresce in un ambiente libero non avrà bisogno dello Stato e dell’autorità.
Nei secoli lo Stato si è affermato come l’organizzazione sociale più diffusa, come l’unico sistema politico in grado di assicurare l’organizzazione di un territorio e di un popolo, soddisfacendo le esigenze di dominio di monarchici, politici, religiosi e classi sociali privilegiate. Lo Stato moderno, quello che noi conosciamo, ha aggiunto alle tecniche tradizionali di dominio, rimaste nella sostanza immutate (scuola, chiesa, ecc.), anche meccanismi nuovi tale da rendere lo sfruttamento, insito nella sua natura, una cosa apparentemente accettabile, al passo coi tempi; ad esempio la capacità condizionante del consumismo, che crea uno stato di appagamento dovuto al possesso dei beni e di merci e perciò abbassa la presa di coscienza sui reali rapporti tra ricchi, potenti e subalterni, rendendo questi ultimi complici e difensori di un sistema che gli concede quel livello di comfort. Oppure la funzione dei mezzi di comunicazione di massa, i quali sotto la parvenza di libertà inculcano contenuti ideologici ben precisi e diffondono l’alienazione, il qualunquismo e la passività fatalista.
Società organizzate in maniera diversa sono sempre esistite, parallelamente con quella statale; nel Medioevo, ad esempio, nascevano le piccole città che preferivano trovare tra loro un legane di tipo federalista, che ne garantisse l’autonomia, mettendole in condizione, in caso di bisogno, di venire in soccorso le une alle altre attraverso un patto di mutuo appoggio. Questa idea di federalismo è stata la bandiera di tanti territori e popoli che non desideravano venire cancellati da una struttura centralizzata.
Il federalismo è una concezioni di relazioni politiche di tipo orizzontale, basate sull’autonomia e sull’indipendenza di ogni soggetto rispetto all’altro. Può essere applicato ad un ‘organizzazione sociale completamente alternativa a quella statale, ma anche a più stati o regioni per quanto riguarda il livello delle relazioni fra essi. È questa concezione di federalismo in campo politico, affiancato ad una concezione comunista in campo economico, ad aver animato alcune rivoluzioni dell’età moderna, come la Comune di Parigi del marzo 1871, la rivoluzione in Ucraina del 1917-18 durante la rivoluzione russa, oppure la più importante di tutte, quella che si è avvicinata di più alla realizzazione di una società senza Stato: la rivoluzione spagnola del 1936-39.
Lo Stato nasce invece per permettere ad una classe di dominarne un’altra.
Dobbiamo tentare di far aprire gli occhi alle vittime di questa società, di svegliare questo gigante addormentato che non ha coscienza della propria forza perché spesso non si rende conto neanche più di quali siano le catene che lo rendono schiavo.