Da una lettera di Bakunin indirizzata all’internazionalista Celso Ceretti di Mirandola nel marzo 1872.
Mio caro amico,
nel momento stesso in cui mi giungeva la vostra lettera, ho ricevuto la grande, la triste notizia: Mazzini è morto.
L’Italia ha perduto uno dei suoi figli più illustri. Perché per ciascuno di noi non vi può essere dubbio, non vi è dubbio, che Mazzini, con Garbaldi, è stato uno delle più grandi individualità italiane […] E pertanto, al termine della sua lunga e magnifica carriera, egli ha trovato in noi degli avversari convinti e inconciliabili. Noi l’abbiamo combattuto, non a cuor leggero ma con la tristezza nell’anima e perché il nostro dovere, la nostra religione, la religione dell’umanità, opposta a quella della divinità, ci avevano imposto questa battaglia.
Le idee teologiche di Mazzini, armate di quella potenza liberticida che è propria di tutte le astrazioni divine, avendo alla fine trionfato sul suo temperamento di rivoluzionario e sulla sua natura sostanzialmente liberale d’italiano, lo avevano trasformato negli ultimi giorni della sua vita, in un implacabile nemico della rivoluzione. Egli l’ha maledetta in tutte le sue più grandi manifestazioni del giorno: nella Comune di Parigi, il cui programma demolitore della centralizzazione politica degli Stati e la cui insurrezione e l’eroico martirio hanno inaugurato una nuova epoca nella storia; nell’Internazionale, magnifica organizzazione uscita dal profondo della vita del proletariato europeo e divenuta incontestabilmente oggi il più potente se non l’unico strumento della sua prossima emancipazione; nel Libero Pensiero, questo alter ego, questa espressione ideale, inseparabile dell’emancipazione materiale del genere umano; e della scienza positiva, astro umano che oggi si leva per soppiantare la equivoca luce degli astri divini […] Mazzini ci ha attaccato in tutto ciò che ci è sacro e caro ed ha voluto imporci delle idee e delle istituzioni che noi detestiamo dal profondo dei nostri cuori e con tutta la forza delle nostre convinzioni. Noi saremmo stati dei vili e dei traditori se non l’avessimo combattuto ad oltranza. Il profondo sentimento di rispetto, di simpatia e di pietà che non abbiamo mai cessato di nutrire per questo sublime e sincero retrogrado, ci aveva reso assai dolorosa, assai penosa questa battaglia, ma ci era impossibile sottrarci ad essa, senza tradire la nostra causa, la grande causa del trionfo finale dell’umanità sella divinità e sulla bestialità riunite in una sola azione retrograda, trionfo realizzato attraverso la emancipazione economica e sociale del proletariato. […] L’opera di Mazzini è stata creare l’Italia qual è oggi, l’Italia civile, letteraria, borghese, l’Italia politica, l’Italia-Stato, non l’Italia sociale, non l’Italia popolare e viva. All’opera ideale e politica di Mazzini è mancata la consacrazione del popolo, non questa consacrazione formale e artificiosa che si ottiene grazie ai voti politici di quell’astrazione, di quella menzogna che si chiama suffragio universale, ma la consacrazione vasta e feconda che si ottiene con la partecipazione e con l’azione spontanea della vita popolare. […]