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martedì 21 agosto 2012

Crisi: chi continua a far soldi e chi tira la cinghia. Tutti sulla stessa barca?

Ogni volta che andiamo al mercato abbiamo sempre meno soldi e la frutta, la verdura, i vestiti, le scarpe, insomma, tutto quel che ci serve per vivere, è sempre più caro. La retta dell’asilo, della mensa, le medicine, i pannolini. Abbiamo finito a fatica di pagare il riscaldamento dello scorso inverno o forse abbiamo lasciato un debito con il condominio; tutti i mesi è dura pagare l’affitto o il mutuo con regolarità; passata questa estate, a settembre arriverà la “solita” mazzata dei libri scolastici. Già, l’estate. Chi ancora riesce ad andare via qualche giorno lo fa contando anche i centesimi che spende, per le spese di viaggio e la vacanza di tutta la famiglia, è quasi un lusso. Ogni giorno chiude un’altra fabbrica, un altro ufficio, un altro negozio, migliaia e migliaia di operai in cassa integrazione.
E a noi vengono a dire che c’è la crisi, che bisogna far sacrifici per salvare “il bilancio dello Stato”! davvero questi signori pensano che siamo cretini. Provano a rincoglionirci dal mattino alla sera con la televisione: ma ormai qui siamo “alla frutta”. I soldi, quelli veri, ai ricchi non vengono mai chiesti, a pagare siamo sempre noi con i nostri stipendi o le nostre pensioni. Ci hanno riempito la testa che si doveva lavorare per il “bene comune”, che il padrone e l’operaio, il ricco e il povero, stanno tutti nella stessa barca e che quindi ci si doveva dare una mano e non cercare grane. Già, qualcuno sempre ai remi e qualcun altro sempre al timone. Adesso che chi sta al timone la banca l’ha portato quasi a naufragare contro gli scogli, tutti a pretendere che siano i rematori a pagare la crisi, perché i padroni hanno già i loro grattacapi a mantenere “competitive” le aziende e quindi loro non sborsano niente. Anzi.
E allora bassi salari, meno o nessun diritto, non aumento di stipendio ma aumento dell’orario di lavoro (in ferrovia col nuovo contratto si è passati da 36 a 38 ore settimanali, col consenso dei sindacati e con un loro falso referendum proposto ai lavoratori fatto nel periodo delle ferie estive, quando meno gente è presente sul posto di lavoro), chinare la testa e avanti così. Insomma, i rematori devono pagarla loro la crisi, continuando a faticare senza protestare. E tra i rematori c’è qualcuno, dalla pelle più scura degli altri, che deve pagare doppio. Lavoratore come gli altri lavoratori quando si tratta di essere sfruttato, lo straniero che perde il lavoro perde anche il permesso di soggiorno, rischia, prima di essere espulso a forza, di essere sbattuto in quei lager chiamati CIE (Centri di Identificazione ed Espulsione) come quello di Corso Brunelleschi a Torino. I padroni ed i loro cani da guardia, fascisti e leghisti, fanno di tutto perché i rematori/lavoratori italiani si incazzino con i rematori/lavoratori stranieri per come vanno le cose, anziché con i padroni/timonieri che pensano solo ai lori profitti. E così finisce che, facendosi la guerra tra poveri, si finisce con lo stare tutti peggio e i padroni ci sguazzano da anni. Con tanti lavoratori stranieri obbligati dalle leggi razziste a chinare la testa, diventa più facile ricattare anche tutti gli altri.
Così capita anche a Pomiglliano i lavoratori sono obbligati a guadagnare meno e lavorare di più, con la benedizione di buana parte dei sindacati ormai a libro paga del governo. Il padrone dice “o lavori come dico io, o ti chiudo la fabbrica” e i più cedono al ricatto, perché si è persa la consapevolezza che i lavoratori uniti, possono fare male al padrone, molto male. Basterebbe che tanti aprissero bene gli occhi per vedere che non è certo colpa degli immigrati se il lavoro non c’è, è mal pagato, la vita è sempre più cara, se anziché asili si costruiscono TAV, se viene finanziata la guerra in Afganistan. E su queste cose sono tutti d’accordo, Berlusconi, Bersani e Monti, Cota, Bresso e Fassino: guerra, devastazione ambientale e colate di cemento, lavoro per le aziende di “amici degli amici”. Il nemico, quello vero, marcia alla nostra tesa, siede sui banchi del governo, nei consigli di amministrazione di banche e aziende.
Gettiamo in mare questa zavorra inutile che impedisce a tutti noi di vivere meglio, fatta di padroni e politici di professione o improvvisati, di fascisti e leghisti che seminano odio al soldo dei padroni, questi “capitani di industria” a cui non frega niente di chi sfruttano tutti i giorni. “Prendiamoci la barca”, spezziamo le catene che ci tengono ai remi, riprendiamoci la libertà, la vita e facciamola finita con chi dice di abbassare sempre la testa. Alziamola, invece, la testa e iniziamo a lottare per un mondo di liberi ed uguali.