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venerdì 10 agosto 2012

Il Ruggito delle Pantere nere nel Messico del 1968


A Città del Messico è l'11 Ottobre, giorno prima dell'apertura dei Giochi Olimpici, e gli studenti che manifestano vengono pesantemente colpiti dal fuoco aperto violento dell'esercito. Muoiono 20 ragazzi. In una città sotto shock il 12 ottobre si aprono le XIX Olimpiadi. La storia ed il destino vogliono che i due velocisti neri Smith e Carlos vincano la loro gara contro gli avversari e contro il potere. I vincitori sono sul podio: Tommie Smith (medaglia d'oro), John Carlos (medaglia di bronzo) e Peter Norman (medaglia d'argento).
L'immagine che si presenta è incredibile: I due afroamericani hanno una mano coperta con un guanto nero, portano una coccarda nera. ai piedi non hanno scarpe, ma indossano soltanto i "pimp socks", i calzini neri che nello slang dei ghetti hanno un significato di protesta. Ognuno ha con sé una sola calzatura, che posa sul gradino del podio.
Nel fragore dello Stadio, appena parte l'inno degli Stati Uniti, i due atleti alzano il pugno guantato e chinano il viso urlando "Non siamo cani da Corsa" un gesto dirompente che scavò dentro molte coscienze,che lacerò l' America e diventò leggenda. "Se ne pentiranno per il resto della loro vita" urlò Payton Jordan, capo coach della rappresentativa statunitense. Ma ormai era tardi. L'ultima nota di "Star Spangled Banner", se n'era già andata da un pezzo e il podio della gara olimpica dei 200 metri era già vuoto. Tommie Smith e John Carlos attendevano di essere espulsi dal Villaggio, le medaglie ancora al collo. Nessun rammarico: ritenevano giusto farlo e lo avevano fatto: "Non siamo cani da corsa noi neri. Alle Olimpiadi ci accarezzano, ma molti bianchi ci considerano solo animali buoni per correre: poi si torna a casa ed è tutto dimenticato". Così nessuno avrebbe mai dimenticato. Avevano ragione. Tommie Smith vinse la medaglia d'oro . Carlos fu terzo. col record del mondo e arrivando a braccia levate. Ma le braccia levate che tornano alla mente sono quelle altre, i pugni chiusi al cielo, guantati di nero. Il capo chino, offeso. Niente scarpe. Calze corte e nere, erano il simbolo della povertà , delle radici"; anche il terzo atleta, quello bianco con la medaglia d’argento, prese a suo modo parte all’evento: portava infatti sul petto un piccolo distintivo dove c’era scritto OPHR. La provocazione era completa. Il nome di quell’atleta è Pietro Norman, la nazionalità australiana. Quante volte Tommie Smith ha spiegato la simbologia della protesta. Così complessa nella lettura dei segni, eppure di un'immediatezza dirompente. E che solo quel ragazzo di ventiquattro anni poteva partorire, arrivando in Messico da San Josè, un college a sud di San Francisco. Perchè Tommie Smith era "presidente", lo studente che rappresentava gli altri coi docenti. Era lo studente che riceveva solo "A" e "B", le votazioni più alte. Era il ragazzo del Texas profondo . sesto di dodici figli e il padre lavorava il cotone . arrivato fin lì grazie alle sue gambe formidabili, un card boy capace di macinare avversari ed esami a colpi di borse di studio e prestazioni eccezionali. "Per tutta la vita ho lottato contro il razzismo convinto che l' arma per sconfiggerlo sia l' istruzione". Ragazzi coscienti di essere i primi in luoghi poco battuti dalla loro gente. E coscienti di dover essere i primi in ogni gara, sopra un libro o dentro una corsia. "Dovremo vincere, stravincere e allora saranno costretti ad ascoltarci" ripeteva. 
Quel 16 ottobre lo dovettero ascoltare senza poterci fare nulla, perchè parlava coi gesti, in mondovisione. Lo espulsero assieme a Carlos. E resero a entrambi la vita complicata. Fuori dalle piste John Carlos finì per perdersi: la moglie suicida, lui professionista del football, poi allenatore, impiegato a Los Angeles '84, ma senza il retroterra di Smith. Si persero di vista. Quando lo arrestarono per possesso di coca, nell' 86, Carlos era disoccupato da un anno. Ma non fu facile neppure per Tommie. Per sfruttare le due lauree educazione fisica e sociologia dello sport . se ne andò nell'Oregon perchè in California "ancora mi ostacolano", dichiarò avvilito. Quel pugno chiuso guantato gli aveva messo contro l' America e la moglie: andarono in frantumi la sua immagine e il suo matrimonio. L' Fbi lo tenne sotto controllo. Persino più avanti si è spinto Lee Evans, che a Mexico City, il giorno successivo, imitò il gesto dei compagni. Anche lui scalzo, il pugno alzato sulle ultime note dell' inno americano e sul capo, che non si scoprì, il basco delle Pantere nere.  
Sei mesi prima a Memphis era stato assassinato Martin Luther King, il movimento dei diritti civili non aveva fatto molta strada nel tentativo di eliminare le ingiustizie subite dai neri d’America, e per attirare l'attenzione pubblica sulla questione, verso la fine del 1967, alcuni atleti neri avevano dato vita all’Olympic Project for Human Rights, OPHR, con il fine di organizzare un boicottaggio delle olimpiadi che si sarebbero tenute l’anno seguente a Città del Messico. non volevano essere i cavalli da corsa dei bianchi, chiedevano allenatori neri da aggregare alla squadra americana, contestavano la riammissione del Sud Africa razzista nella famiglia dei cinque cerchi. Nella primavera del '67 Muhammad Ali aveva rifiutato l'arruolamento nell'esercito per motivi di coscienza, vedendosi strappare la corona dei pesi massimi. Kareem Abdul Jabbar, che all'epoca era ancora un cestista universitario chiamato Lew Alcindor, rinunciò a un posto nella nazionale olimpica ma alla fine la proposta di boicottaggio non passò.
Il leader del progetto era il dottor Harry Edwards. Edwards, pur appoggiato da Smith (che aveva votato perché i neri americani boicottassero i Giochi) e da altri, non riuscì però a convincere gli atleti neri della nazionale olimpica a partecipare al boicottaggio, solo dodici compagni allineati ai blocchi della sua idea. Per non spezzare l' unità del drappello (erano 36 in tutto) Smith andò alle . I due atleti sfruttarono quindi il palcoscenico offerto dalla premiazione per rovinare la festa ai connazionali e al mondo. Almeno un po'. Poi decise che nero voleva dire Africa, la riscoperta delle radici, e se ne andò ad allenare in Nigeria. Idee tenute strette, così come Tommie Smith s'è tenuto stretto il ricordo di quella sera. Nella scatola di cartone che portò sul podio conserva ancora la tuta, il fazzoletto che voleva dire "no ai linciaggi della gente nera", le calze, la medaglia d' oro l' orgoglio di razza. Solo quel paio di guanti sono andati perduti: sul podio, il destro lo infilo' Tommie, il sinistro il compagno. "Io, Carlos e Evans rappresentavamo la voglia di cambiare, l' orgoglio della nostra razza. Eravamo il simbolo del Black Power.
Pantere Nere o Black Panther Party è stata una storica organizzazione rivoluzionaria afroamericana degli Stati Uniti. Nata alla fine degli anni sessanta, l'organizzazione divenne famosa nella scena politica nazionale statunitense ottenendo anche una notevole considerazione all'estero, fino a quando, a causa di divisioni interne e repressione da parte del governo, cominciò la sua parabola discendente. Il simbolo, la pantera nera, deriva dalla preesistente "Organizzazione per la libertà della contea di Lowndes", in seno alla quale i membri del futuro Black Panther Party iniziarono a organizzarsi politicamente. L'organizzazione fu fondata ufficialmente a Oakland (California) nel 1966, per iniziativa di due ex-compagni di scuola, Huey P. Newton e Bobby Seale. L'obiettivo dei due era di sviluppare ulteriormente il movimento di liberazione degli afroamericani fino ad allora pesantemente discriminati, socialmente, politicamente e legislativamente. Il movimento di liberazione stava conoscendo negli anni sessanta un rapido sviluppo grazie all'opera di attivisti come Malcolm X e Martin Luther King.
La peculiarità delle Pantere fu quella di rifiutare le istanze nonviolente e integrazioniste di King, a loro avviso inefficaci e addirittura motivate da una nascosta collusione con le strutture di potere dei bianchi. Al principio della nonviolenza le Pantere sostituirono quello dell'autodifesa (self-defence) come strumento di lotta fondamentale. In particolare cominciarono a praticare il "Patrolling". Questo consisteva nel pattugliare, tenendo sempre le armi in bella vista, le azioni della polizia, in modo da condizionarne l'operato, impedendo che questa abusasse del suo potere contro le persone di colore che fermava. Altra peculiarità del Black Panther Party fu la lettura della discriminazione dei neri all'interno di un'ottica di lotta di classe, e quindi di opposizione alla struttura capitalistica della società statunitense.
Il partito nacque sulla base di dieci punti programmatici (il ten point plan, "piano dei dieci punti"). Questi punti erano così descritti nello statuto dell'organizzazione:
  1. Vogliamo la libertà, vogliamo il potere di determinare il destino della nostra comunità nera
  2. Vogliamo piena occupazione per la nostra gente
  3. Vogliamo la fine della rapina della nostra comunità nera da parte dell'uomo bianco
  4. Vogliamo abitazioni decenti, adatte a esseri umani
  5. Vogliamo per la nostra gente un'istruzione che smascheri la vera natura di questa società americana decadente. Vogliamo un'istruzione che ci insegni la nostra vera storia e il nostro ruolo nella società attuale
  6. Vogliamo che tutti gli uomini neri siano esentati dal servizio militare
  7. Vogliamo la fine immediata della brutalità della polizia e dell'assassinio della gente nera
  8. Vogliamo la libertà per tutti gli uomini neri detenuti nelle prigioni e nelle carceri federali, statali, di contea e municipali
  9. Vogliamo che tutta la gente nera rinviata a giudizio sia giudicata in tribunale da una giuria di loro pari o da gente delle comunità nere, come è previsto dalla costituzione degli Stati Uniti
  10. Vogliamo terra, pane, abitazioni, istruzione, vestiti, giustizia e pace