
I ribelli di ogni luogo sono liberi di cambiare il mondo e di introdurvi i venti irrequieti della diversità che annunciano il nuovo. Turbare le menzogne politiche della legalità è passare ad un altro punto di vista e cercare di destabilizzare le istituzioni è un passaggio necessario per farle naufragare nella loro indecenza.
La disobbedienza civile e la ribellione dei poveri, degli umiliati, degli offesi, sono il percorso accidentato verso una società più giusta e più umana. La radicalità della ribellione si fonda sulla richiesta di comunità, sulla fine dei falsi idoli, sulla caduta delle dottrine del consenso sociale. La ribellione afferma un diritto, il rifiuto dell’obbligazione politica e della genuflessione alla potenza delle istituzioni. I dogmi della società sono specchi dell’obbedienza che rientrano nel campo delle necessità private, mentre la visione e l’azione del ribelle rientra nel campo della libertà pubblica. La vera libertà è quella che ci costruiamo con le proprie mani e con le proprie idee. La disobbedienza del ribelle non risente dell’obbligo morale di rispettare la legge né le giustificazioni economiche, politiche degli indici della Borsa lo interessano, perché non c’è nessun fondamento civile che giustifichi la cattività nella quale è tenuta dai paesi ricchi una grande parte di umanità. Nel ribelle cova l’uomo nuovo, l’uomo planetario, l’uomo dall’animo nobile che grida fuori dalle masse silenziose il proprio amore per la bellezza, la giustizia, la libertà di tutti gli uomini. Il ribelle non perdona né archivia, strappa ciò che è stato fatto, ed è capace di dar luogo a un nuovo inizio proprio là dove tutto sembrava concluso.