..............................................................................................................L' azione diretta è figlia della ragione e della ribellione

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venerdì 30 novembre 2012

Il pidocchio e la tosse

A Palermo diciamo che anche i pidocchi hanno la tosse. Per dire come soggetti di scarsa rilevanza abbiano un’elevata e immotivata considerazione di sé.
In politica siamo di fronte a veri e propri attacchi di broncopolmonite da parte di microorganismi monocellulari. È così da tempo, ma adesso sembra una tendenza in rialzo. È la sindrome dell’ago della bilancia. Quando per governare anche pseudo partitini con percentuali da albumina diventano decisivi, ecco che personaggi squallidi si vendono al migliore offerente, che in Italia è poi sempre lo stesso.
Questi statisti dei miei cabbasisi, come li definirebbe il commissario Montalbano, sono pronti a barattare il loro credo politico per qualche promessa di poltrona. Sono molto più spregevoli di coloro i quali vendono il proprio voto per disperazione, per un accordo di un lavoro che non hanno, credendo al candidato di turno solo nella speranza di un baratto diffuso.
Sempre a proposito di pidocchi che vorrebbero farsi sentire, sabato 24 novembre, i fascisti di CasaPound hanno fatto una manifestazione nazionale a Roma. I fascisti del terzo millennio dopo aver marciato a braccetto con Berlusconi, con la Lega e il Pdl, dopo aver votato e aver fatto votare Polverini e Alemanno, ricevendo in cambio finanziamenti e patrocini, favori e posti di lavoro, tentano la carta dell’”anticasta” e “antisistema” convocando una manifestazione che voleva essere “di opposizione”. CasaPound provano a scimmiottare le piazze dei movimenti e degli studenti che in tutta Europa e non solo, si stanno mobilitando contro i sacrifici imposti dalla BCE e contro la dittatura della finanza. Una manifestazione di campagna elettorale di un partitino di estrema destra che prova a trovare un po’ di visibilità, nella difficoltà della crisi, per far passare le proprie parole d’ordine populiste e accaparrarsi così una fetta di potere.


venerdì 23 novembre 2012

Jimi Hendrix


“One day even the war will bow to the sweet sound of a guitar” (Un giorno anche la guerra si inchinerà al dolce suono di una chitarra).
Jimi Hendrix



Il 27 novembre Jimi Hendrix sarebbe diventato settantenne se una morte stupida e assurda non l’avesse portato via a soli 27 anni; un’età rispettabile, magari avanzata per fare il musicista rock, riempire arene e stadi. Eppure sarebbe oggi più giovane di Lou Reed e Paul McCartney, un “pischello” rispetto a gente come Leonard Cohen e B.B. King che tiene il palco e gira il mondo con invidiabile energia.
Jimi avrebbe compiuto i suoi 70 il 27 novembre, se quello strano intreccio di fatalità non se lo fosse portato via quel 18 settembre del lontanissimo 1970. Impossibile dire cosa farebbe oggi, nessuna proiezione credibile ce lo può rivelare: intanto, però, noi lo vediamo/sentiamo più presente che mai grazie alla memoria collettiva, ma anche grazie ai CD, ai DVD che vengono sfornati anno dopo anno. È impressionante, anche per i devoti più radicati, vedere ribaditi con una sensazionale continuità i motivi che lo hanno fatto grande in soli tre anni e mezzo di carriera e che tuttora ne rappresentano l’unicità.
James Marshall Hendrix, in arte Jimi, è il più grande chitarrista di tutti i tempi. La sua musica e le sue esibizioni con la Fender Stratocaster sono scolpite nella storia del rock e hanno influenzato, e continuano a influenzare, intere generazioni di artisti. È stato uno dei maggiori innovatori nell'ambito della chitarra elettrica: durante la sua parabola artistica, tanto breve quanto intensa, si è reso precursore di molte strutture e del sound di quelle che sarebbero state le future evoluzioni del rock attraverso un'inedita fusione di blues, rhythm and blues/soul, hard rock, psichedelia e funky.In quattro soli album in studio Jimi ha tracciato la strada maestra di quello che sarebbe stato il rock in tutte le sue contaminazioni. È partito dal blues di B.B. King e con le sue distorsioni ha creato visioni dal futuro già alla fine degli anni sessanta. È stato un innovatore nello stile e nel suono, la chitarra elettrica non è stata più la stessa dopo di lui.
Hendrix è un mito ancora oggi, assolutamente vivo dopo quarantadue anni, si potrebbe dire che praticamente non è mai morto. La sua vita di nero dal sangue Cherokee, il suo carisma sul palco e anche i misteri sulla sua morte a soli 27 anni ne fanno un'icona assoluta. Gli ultimi anni di vita di Jimi sono fatti di esibizioni incendiarie e droghe, di cadute rovinose e performance divine (Eric Clapton di lui disse: "Se io sono Dio, lui chi è?"). La sua morte è ancora circondata da un alone di misteri, che vedono coinvolti l'Fbi, la sua intera groove di impresari e amici e i mille incubi che aveva lo stesso chitarrista.
Spremuto artisticamente sai suoi impresari, Hendrix si è esibito in numerosi concerti. È storica l’esibizione nel Monterey International Pop Festival tenutasi il 18 giugno 1967 e generalmente ritenuta l'evento di partenza della cosiddetta lunga estate dell'amore.
L'opportunità si rivelò estremamente favorevole per Hendrix: oltre alla vastissima risonanza che l'evento ebbe in tutti gli Stati Uniti, la sua performance sarebbe stata immortalata nel documentario che sarebbe stato ricavato dal festival (Jimi Plays Monterey). Jimi non si lasciò sfuggire l'occasione e si produsse in una delle esibizioni più acclamate del festival, suonando, fra le altre canzoni, "Hey Joe"; nei 40 minuti dell'esibizione Hendrix sollecitò la sua Fender Stratocaster in un modo fino ad allora inaudito arrivando a mimarvi rapporti sessuali, suonandola con i denti, dietro la schiena, contro l'asta del microfono e contro l'amplificazione. Al termine dell'esibizione, per sottolineare la sua spasmodica necessità di estrarre nuove sonorità dallo strumento, le diede fuoco con del liquido per accendini e la distrusse contro palco ed amplificatori in una catarsi di feedbacks lancinanti. I resti della chitarra che Hendrix distrusse quella sera furono recuperati e sono attualmente esposti all'Experience Music Project di Seattle.
Il festival di Woodstock del 1969 fu sicuramente uno degli eventi più rappresentativi per l'intero immaginario collettivo correlato alla musica degli anni sessanta ed al movimento flower power. In tale contesto, la performance di Jimi Hendrix divenne un vero e proprio simbolo del festival stesso oltre che del pensiero pacifista di quegli anni. L'esibizione del chitarrista era stata programmata in chiusura della rassegna, la sera del 18 agosto 1969, terzo ed ultimo di quei three days of peace, love and music: Il chitarrista si presentò sul palco con una formazione espansa, introdotta dallo speaker come Jimi Hendrix Experience, ma prontamente ripresentata dallo stesso Hendrix come Gipsy Sun And Rainbows: ne seguì un'esibizione di due ore - tra le più lunghe in assoluto della sua carriera - buona ma non eccellente, anche a causa dell'ancora scarsa armonia con il resto della band, dell'insufficiente soundcheck e di alcuni problemi tecnici connessi all'impianto microfonico.
Quello che più rilevò, ad ogni modo, in quella storica performance, fu sua esibizione in chiusura del festival con la celeberrima trasfigurazione chitarristica operata sul tema di The Star-Spangled Banner, inno degli Stati Uniti d'America: Hendrix si accanì sul tema dell'inno con dissacrante visionarietà artistica in maniera selvaggia, intervallandolo con feroci simulazioni sonore dei bombardamenti e dei mitragliamenti sui villaggi del Vietnam, sirene di contraerea ed altri rumori di battaglia, il tutto avvalendosi della sua sola chitarra, quella esibizione è entrata di prepotenza nella storia del Rock.
La chitarra elettrica associata ad Hendrix - nell'immaginario collettivo - è senza dubbio la Fender Stratocaster. I colori più ricorrenti tra i suoi modelli erano l'olimpic white, il nero ed il classico sunburst, le cui sfumature virano dal nero al tabacco. La Stratocaster data alle fiamme al Monterey Pop Festival, originalmente rosso fiesta red, era stata dipinta di sua mano con motivi psichedelici. Pur essendo mancino, Hendrix utilizzava modelli standard adattati ad essere suonati a rovescio invertendo le corde ed il fissaggio alla tracolla.
Secondo la classifica stilata nel 2011, dalla rivista Rolling Stone, è stato il più grande chitarrista di tutti i tempi, precedendo in questa speciale classifica Eric Clapton e Jimmy Page.

Un consiglio: dimenticate il castello costruito intorno al personaggio e ascoltate la sua musica, la sua Fender Stratocaster, non ve ne pentirete.

 

 

Discografia ufficiale:

1967 - Are You Experienced
1967 - Axis: Bold as Love
1968 - Electric Ladyland
1970 - Band of Gypsys






Perchè siamo anarchici?

Siamo anarchici perchè abbiamo troppi secoli passati ai piedi dei governatori, la maggior parte dei quali tiranni, ladri, bugiardi, assassini e dispotici.
Siamo anarchici perchè non troviamo nessun motivo per il quale il nostro sfruttamento e il nostro lavoro faccia si che un gruppo di pigri sfacciati diventino milionari.
Siamo anarchici perchè non accettiamo leggi inventate per assassinare ed annegare le nostre grida di protesta.
Siamo anarchici perchè non crediamo nelle vostre guerre, nelle vostre patrie, ne nei vostri dei.
Siamo anarchici perchè detestiamo la vostra polizia, i vostri generali, i vostri re e i vostri presidenti.
Siamo anarchici perchè, all'opposto di voi, abbiamo sofferto delle sfortune umane.
Siamo anarchici perchè vogliamo una vita libera, sana, con uguaglianza e rispetto reciproco per i nostri bambini.
Siamo anarchici perchè anneghiamo nelle lacrime così tanta nobile gente, che ha generato frode ed inganno generazione dopo generazione.
Siamo anarchici perchè ci vergogniamo del vostro lavoro, in cui non vediamo niente, tranne incidenti, fame, prigioni, polizia, militari, religioni e milioni di bugie.
Siamo anarchici conoscendo il vostro potere, la forza, il terrorismo, le calunnie, sapendo che ci ucciderete, ci imprigionerete e ci diffamerete.
Ci chiamate "terroristi" quando voi dominate i paesi, con bombe, carri armati, pistole, prigioni, torture ed esecuzioni.
Le vostre ambizioni, egoistiche, stupide, ceche e assetate di potere vi stanno distruggendo, le vostre figlie e figli vi odiano, e i vostri nipoti non vorranno mai ricordasi di voi.
La vostra società vacilla poiché è costruita su bugie, terrore, articoli, codici e leggi, ricompense e punizioni.
Per questi motivi siamo anarchici e saremo anarchici, in modo che questa società cambi, e in modo che qualcuno curi la vostra pericolosa follia.. vi metteremo tutti su un isola cosicché voi ripenserete a tutte le ingiuste cose che avete fatto.
Siamo anarchici perchè si ha bisogno di qualcuno che vi affronti, che gridi le vostre atrocità, che non abbia paura di voi come Davide non ha avuto paura di Golia.
Siamo anarchici nelle strade, nelle prigioni, sulla sedia elettrica, affrontando i vostri giudici e nei cimiteri.
Perchè essere anarchici è essere troppe cose che voi non capirete. Per questa ragione voi ci avete assassinato per secoli, avete messo le bombe e avete dato a noi la colpa, avete bruciato locali e avete imprigionato noi, mentre mettete capri espiatori e polizia per creare disordine e confusione, usando tutti i trucchi per distruggerci per poi verificare con il panico che per ogni anarchico ucciso, centinaia ne nascono.
Non potete perdonare il fatto che non siamo d'accordo con voi, noi che non crediamo nelle vostre promesse e difendiamo l'uguaglianza e la libertà, noi che crediamo nelle arti, nel progresso, nell'educazione delle città, noi che non abbiamo bisogno di nessun Dio, nessun capo, noi che crediamo negli esseri umani, nella Natura, nelle funzioni e diritti di ognuno di noi, noi che vogliamo una società di pace, amore e rispetto reciproco, una società che non assomiglia per niente alla vostra.
Per questo siamo anarchici.

martedì 20 novembre 2012

Libertà ed educazione di Francisco Ferrer


Il pensiero di Francisco Ferrer Guardia, riflette completamente il nodo centrale del rapporto tra libertà ed educazione, e dunque il nodo irrisolto tra l’istanza della formazione e l’istanza della liberazione. L’educatore spagnolo cerca di elaborare una proposta pedagogica intesa come sintesi di questa duplicità: far coincidere l’idea di libertà con l’idea di una nuova umanità. Con tale prospettiva, la libertà non è concepita come una semplice possibilità che si apre al nuovo, ma come una reale e specifica alternativa antropologica alla condizione presente, come una nuova antropologia posta in essere. In altri termini, come delineazione concreta la quale trova così una sua descrizione ed un suo significato.
Anche se afferma che tutto il valore dell’educazione consiste nel rispetto delle facoltà fisiche, intellettuali e morali del bambino, per cui il vero educatore è colui che non impone le proprie idee e la propria volontà. Ferrer vuole porre in pratica i valori della rivoluzione libertaria ed egualitaria e perciò in essa non vi è posto per uno sviluppo educativo non orientato. Nella Escuela Moderna gli allievi vengono educati, prima di tutto, alla conoscenza delle sofferenze umane che costituiscono la pietra fondamentale della costruzione di ogni società. Si tratta di una conoscenza che si fonda sulla storia e sulla sociologia e si attiva con il coinvolgimento della stessa scuola all’interno della società.
Con questa premessa, è possibile sviluppare nell’allievo l’idea della dimensione universale del pensiero umano. Una vera cultura, secondo Ferrer, non può non essere cosmopolitica e perciò non può non scagliarsi contro tutte le forme del pregiudizio che attraversa non soltanto la questione fondamentale dell’esistenza umana, cioè il rapporto vita-morte, ma anche il rapporto vita individuale - vita collettiva.
Il rispetto della personalità del fanciullo, la coeducazione dei sessi, il lavoro di gruppo, la ricerca personale, l’esperienza e l’abilità derivate da un lavoro manuale, lo studio delle scienze e l’indagine attiva in loco della natura, la visita continua a musei ed officine, la collaborazione dei parenti, l’unione fra scuola, famiglia e officina, questi sono i punti principali del programma dell’Escuela Moderna.
Una scuola che educherà gli uomini non solo all’uguaglianza e alla libertà, ma anche a quello sviluppo integrale che li porterà a rinnovare di continuo gli ambienti e se stessi, uomini di cui la più gran forza consisterà nell’indipendenza intellettuale.

lunedì 19 novembre 2012

N14 in Spagna. Huelga general

In Spagna l’N14 è stato un giorno di lotta importante.
Lo sciopero europeo contro le politiche di austerità dell’UE ha bloccato le attività produttive e i servizi di un paese, dove sono più di sei milioni i disoccupati, e dove, specie nelle periferie, la crisi lascia il segno.
Numerosissimi i blocchi e i picchetti attuati di fronte ai supermercati, oltre all’occupazione dei depositi di tram e autobus.
Imponenti e conflittuali i cortei che hanno attraversato le principali città spagnole. Dura la repressione poliziesca: numerosissimi i fermati e gli arrestati. Segno che, anche in Spagna, la politica del manganello è la sola risposta alle questioni sociali.
In Spagna il sindacalismo libertario e di base ha un radicamento molto forte e sa esprimere le istanze sempre più radicali di lavoratori, disoccupati e precari stanchi di pagare la crisi dei padroni.
Una curiosità: la decisione dei tassisti anarchici di fare corse gratuite per i manifestanti che dovevano raggiungere i vari cortei.

N14 a Torino. Una piazza di studenti, pochi i lavoratori

Le piazze del 14 novembre sono state segnate da una importante presenza di studenti, soprattutto delle medie superiori, decisamente minoritaria è stata la partecipazione dei lavoratori. La cifra del 14 novembre sotto la mole è la medesima del resto d’Italia: tanti studenti e, per la prima volta, sono in tanti i ragazzi dei tecnici e dei professionali, una discreta presenza di insegnanti, qualche gruppo di precari e qualche manciata di operai.
Tarda a compiersi la saldatura tra lavoratori e settori giovanili di studenti e precari, complice la debolezza e le frammentazione in chiave competitiva del sindacalismo di base.
Significativa invece la saldatura con il movimento No Tav, le cui istanze sempre più si intrecciano con quelle di chi si vede sottrarre servizi e posti di lavoro per la realizzazione di grandi opere inutili e devastanti. L’occupazione della Provincia con i mobili accatastati in strada è l’emblema di una lotta che, pur nella propria simbolicità, esprime un forte rigetto delle logiche istituzionali, dando una risposta chiara al presidente della provincia che aveva minacciato il taglio del riscaldamento nelle scuole.


martedì 13 novembre 2012

Voi ci prendete la terra ...

Voi ci prendete la terra; uccidete la cacciagione, così la vita diventa difficile per noi. Ora ci dite di lavorare per vivere. Noi non interferiamo nelle vostre faccende, eppure ci dite ancora perché non diventiamo civilizzati? Non vogliamo la vostra civilizzazione! Vorremmo vivere come i nostri padri e come facevano i loro padri prima di loro.

Tashunka Witko Cavallo Pazzo
(Oglala Lakota - Sioux)

domenica 11 novembre 2012

Se dio esistesse bisognerebbe abolirlo


“C’è una categoria di persone, che se non credono, devono almeno fare sembiante di credere. Sono tutti i tormentatori, tutti gli oppressori, e tutti gli speculatori dell’umanità: preti, monarchi, uomini di stato, uomini di guerra finanzieri pubblici e privati, funzionari di ogni sorta, poliziotti, gendarmi, carcerieri e carnefici, monopolisti, capitalisti, usurai, appaltatori e proprietari, avvocati, economisti, politicanti di ogni colore, fino all’ultimo venditore di droghe, tutti insieme ripeteranno queste parole di Voltaire: SE DIO NON ESISTESSE BISOGNEREBBE INVENTARLO. La contraddizione è questa: essi vogliono dio e vogliono l’umanità. Si ostinano a mettere insieme due termini che, una volta separati non possono più incontrarsi che per distruggersi a vicenda. Essi dicono d’un sol fiato: dio è la libertà degli uomini, dio è la dignità, la giustizia, l’eguaglianza, la fratellanza, la prosperità degli uomini, senza curarsi della logica fatale, in virtù della quale, se dio esiste, tutto ciò è condannato a non esistere. Perché se dio è, egli è necessariamente il padrone eterno, supremo, assoluto; e se questo padrone esiste, l’uomo è schiavo; ora se è schiavo non ci ha né giustizia, né uguaglianza, né fraternità, né prosperità possibile. Potranno bene contrariamente al buon senso e a tutte le esperienze della storia, rappresentarsi il loro dio animato dal più tenero amore per la libertà umana, ma un padrone per quanto faccia e voglia mostrarsi liberale, resta sempre un padrone. La sua esistenza implica necessariamente la schiavitù di tutto ciò che si trova al di sotto di lui. Dunque, se dio esistesse, non ci sarebbe per lui che un solo mezzo per servire la libertà umana: e questo sarebbe ch’egli cessasse d’esistere. Amante geloso della libertà umana che considero come la condizione di tutto ciò che adoriamo e rispettiamo nell’umanità; io rovescio la frase di Voltaire, e dico che, SE DIO ESISTESSE BISOGNEREBBE ABOLIRLO.”
Michail Bakunin

sabato 10 novembre 2012

La rivoluzione sociale

La rivoluzione sociale non può che essere radicale, dunque occorre che si svolga in un breve lasso di tempo. Il suo scopo consiste nel restituire alle masse popolari tutta la ricchezza sociale esistente, non soltanto quella relativa alla sfera della produzione, ma anche quella pertinente al consumo.
L'espropriazione deve comprendere tutto ciò che permette a chicchesia - banchiere, industriale o coltivatore - di appropriarsi del lavoro altrui. In altri termini, la rivoluzione ha il compito di far ritornare alla collettività l'insieme materiale dei mezzi dello sfruttamento. Poiché l'espropriazione costituisce il momento decisivo della rivoluzione, ne deriva che se fosse fatta a metà risulterebbe controproducente perché provocherebbe soltanto un formidabile scompiglio nella società e una sospensione delle sue funzioni, non appagherebbe nessuno, seminerebbe il malcontento generale e apporterebbe fatalmente il trionfo della reazione. Quindi il giorno che si colpirà la proprietà privata in una qualunque delle sue forme si sarà costretti a colpirla in tutte le altre.
L'espropriazione immediata e generalizzata permette di perseguire due finalità: dà la possibilità alle classi sfruttate di godere, fin da subito di una certa "agiatezza”, guadagnandole in tal modo alla causa rivoluzionaria; eleva il protagonismo popolare alla sua massima capacità, mentre pone in secondo piano l'azione del rivoluzionarismo politico «che le baionette giacobine non vengano ad interporsi; che i cosiddetti teorici scientifici non vengano a confonder nulla».
Petr A. Kropotkin

venerdì 9 novembre 2012

Un progetto di organizzazione anarchica

L'organizzazione come condizione della vita sociale
L'organizzazione, che poi non è altro che la pratica della cooperazione e della solidarietà, è condizione naturale, necessaria della vita sociale: è un fatto ineluttabile che s'impone a tutti, tanto nella società umana in generale, quanto in qualsiasi gruppo di persone che hanno uno scopo comune da raggiungere.
Non volendo e non potendo l'uomo vivere isolato, anzi non potendo esso diventare veramente uomo e soddisfare i suoi bisogni materiali e morali se non nella società e colla cooperazione dei suoi simili, avviene fatalmente che quelli che non hanno i mezzi o la coscienza abbastanza sviluppata per organizzarsi liberamente con coloro con cui hanno comunanza d'interessi e di sentimenti, subiscono l'organizzazione fatta da altri individui, generalmente costituiti in classe o gruppo dirigente, allo scopo di sfruttare a proprio vantaggio il lavoro degli altri. E l'oppressione millenaria delle masse da parte di un piccolo numero di privilegiati è stata sempre la conseguenza della incapacità della maggior parte degl'individui di accordarsi, di organizzarsi con gli altri lavoratori per la produzione, per il godimento e per la eventuale difesa contro chi volesse sfruttarli ed opprimerli.
Per rimediare a questo stato di cose è sorto l'anarchismo, il cui principio fondamentale è l'organizzazione libera, fatta e mantenuta dalla libera volontà degli associati senza nessuna specie di autorità, cioè senza che nessuno abbia il diritto di imporre agli altri la propria volontà. Ed è quindi naturale che gli anarchici cerchino di applicare nella loro vita privata e di partito quello stesso principio, su cui, secondo loro, dovrebbe essere fondata tutta quanta la società umana.
Da certe polemiche può sembrare che vi siano degli anarchici refrattari ad ogni organizzazione; ma in realtà le molte, le troppe discussioni che si fanno tra noi sull'argomento, anche se oscurate da questioni di parole, o avvelenate da questioni personali, in fondo riguardano il modo e non già il principio di organizzazione. Così avviene che dei compagni, che a parole sono i più avversi all'organizzazione, quando vogliono davvero fare qualche cosa, si organizzano come, e spesso meglio degli altri. La questione, ripeto, sta tutta nel modo.
Io credo soprattutto necessario, urgente, che gli anarchici s'intendano, si organizzino il più ed il meglio possibile per influire sulla via che seguono le masse nelle loro lotte per i miglioramenti e l'emancipazione.
Oggi la più grande forza di trasformazione sociale è il movimento operaio (movimento sindacale), e dal suo indirizzo dipende in gran parte il corso che prenderanno gli avvenimenti e la meta a cui arriverà la prossima rivoluzione. Per mezzo delle organizzazioni, fondate per la difesa dei loro interessi, i lavoratori acquistano la coscienza dell'oppressione in cui giacciono e dell'antagonismo che li divide dai loro padroni, incominciano ad aspirare ad una vita superiore, si abituano alla lotta collettiva ed alla solidarietà, e possono riuscire a conquistare quei miglioramenti che sono compatibili con la persistenza del regime capitalistico e statale. Dopo, quando il conflitto diventa insanabile, viene o la rivoluzione, o la reazione. Gli anarchici debbono riconoscere l'utilità e l'importanza del movimento sindacale, debbono favorirne lo sviluppo, e farne una delle leve della loro azione, facendo tutto quello che possono perché esso, in cooperazione colle altre forze di progresso esistenti, sbocchi in una rivoluzione sociale che porti alla soppressione delle classi, alla libertà totale, all'eguaglianza, alla pace ed alla solidarietà fra tutti gli esseri umani. Ma sarebbe una grande e letale illusione il credere, come fanno molti, che il movimento operaio possa e debba da se stesso, in conseguenza della sua stessa natura, menare ad una tale rivoluzione. Al contrario, tutti i movimenti fondati sugl'interessi materiali ed immediati (e non si può fondare su altre basi un vasto movimento operaio), se manca il fermento, la spinta, l'opera concertata degli uomini d'idee, che combattono e si sacrificano in vista di un ideale avvenire, tendono fatalmente ad adattarsi alle circostanze, fomentano lo spirito di conservazione e la paura di cambiamenti in quelli che riescono ad ottenere condizioni migliori, e finiscono spesso col creare nuove classi privilegiate e servire a far sopportare e consolidare il sistema che si vorrebbe abbattere.
Di qui la necessità impellente di organizzazioni prettamente anarchiche che dentro, come fuori dei sindacati lottino per la realizzazione integrale dell'anarchismo e cerchino di sterilizzare tutti i germi di degenerazione e di reazione.
Ma è evidente che per conseguire i loro scopi le organizzazioni anarchiche debbono essere, nella loro costituzione e nel loro funzionamento, in armonia coi principi dell'anarchismo, e cioè che non siano in nessun modo inquinate da spirito autoritario, che sappiano conciliare la libera azione degl'individui con la necessità ed il piacere della cooperazione, che servano a sviluppare la coscienza e la capacità d'iniziativa dei loro membri, e siano un mezzo educativo per l'ambiente in cui operano ed una preparazione morale e materiale per l'avvenire che desideriamo.  

Caratteri dell'organizzazione antiautoritaria
Un'organizzazione anarchica deve essere fondata secondo me sulle seguenti basi.
Piena autonomia, piena indipendenza, e quindi piena responsabilità, degl'individui e dei gruppi; accordo libero tra quelli che credono utile unirsi per cooperare ad uno scopo comune; dovere morale di mantenere gl'impegni presi e di non far nulla che contraddica al programma accettato. Su queste basi si adottano poi le forme pratiche, gli strumenti adatti per dar vita reale all'organizzazione. Quindi i gruppi, le federazioni di gruppi, le federazioni di federazioni, le riunioni, i congressi, i comitati incaricati della corrispondenza o altro. Ma tutto questo deve esser fatto liberamente, in modo da non inceppare il pensiero e l'iniziativa dei singoli, e solo per dare maggiore portata agli sforzi che, isolati, sarebbero impossibili o di poca efficacia.
Così i congressi in un'organizzazione anarchica, pur soffrendo come corpi rappresentativi di tutte le imperfezioni che non fanno la legge, non impongono agli altri le proprie deliberazioni. Essi servono a mantenere ed aumentare i rapporti personali fra i compagni più attivi, a riassumere e fomentare gli studi programmatici sulle vie e sui mezzi d'azione, a far conoscere a tutti le situazioni delle diverse regioni e l'azione che più urge in ciascuna di esse, a formulare le varie opinioni correnti tra gli anarchici e farne una specie di statistica - e le loro decisioni non sono regole obbligatorie, ma suggerimenti, consigli, proposte da sottoporre a tutti gl'interessati, e non diventano impegnative ed esecutive se non per quelli che le accettano e finché le accettano. Gli organi amministrativi che essi nominano - Commissione di corrispondenza, ecc. - non hanno nessun potere direttivo, non prendono iniziative se non per conto di chi quelle iniziative sollecita ed approva e non hanno nessuna autorità per imporre le proprie vedute che essi possono certamente sostenere e propagare come gruppi di compagni, ma non possono presentare come opinione ufficiale dell'organizzazione. Essi pubblicano le risoluzioni dei congressi e le opinioni e le proposte che gruppi e individui comunicano loro; e servono, per chi se ne vuol servire, a facilitare le relazioni fra i gruppi e la cooperazione tra quelli che son d'accordo sulle varie iniziative: libero chi crede di corrispondere direttamente con chi vuole, o di servirsi di altri comitati nominati da speciali aggruppamenti.
In un'organizzazione anarchica i singoli membri possono professare tutte le opinioni e usare tutte le tattiche che non sono in contraddizione coi principi accettati e non nuocciono all'attività degli altri. In tutti i casi una data organizzazione dura fino a che le ragioni di unione sono superiori alle ragioni di dissenso: altrimenti si scioglie e lascia luogo ad altri aggruppamenti più omogenei.
Certo la durata, la permanenza di un'organizzazione è condizione di successo nella lunga lotta che dobbiamo combattere e d'altronde è naturale che qualunque istituzione aspira, per istinto, a durare indefinitamente. Ma la durata di una organizzazione libertaria deve essere la conseguenza dell'affinità spirituale dei suoi componenti e dell'adattabilità della sua costituzione ai continui cambiamenti delle circostanze: quando non è più capace di compiere una missione utile meglio che muoia.

Errico Malatesta (1927)

 

 

giovedì 8 novembre 2012

Una valle che è ovunque


Le esperienze di lotta in Val di Susa hanno dimostrato che la determinazione è il fulcro di una battaglia politica.
Nonostante le differenze, le polemiche più o meno normali dovute alla composizione trasversale di un movimento di lotta popolare così vasto, il punto centrale è la riappropriazione di pratiche dimenticate.
I no TAV sono ovunque, sono una forma collettiva e sono esperienze individuali, i no TAV stanno in valle ma anche in città, lungo i tracciati dell'impero.
Superare le concezioni cittadiniste è l'obiettivo di molti di noi proprio perchè bisogna uscire dal seminato e recepire gli stimoli che aprono un discorso molto più ampio e complesso che non può ridursi ad un semplice bisogno di difendere una terra.
La battaglia contro le nocività non è concentrata solo sulle montagna della Val Susa ma raccoglie fortunatamente esperienze diverse ed allargate le quali non fanno altro che aprire nuovi scenari fuori dall'angusto territorio di appartenenza.
Ciò che bisogna recepire ed usare a proprio vantaggio, è molto più concreto di qualsiasi analisi politica. Le pratiche di resistenza, di autogestione e di autonomia diffusa che si sono sviluppate in un determinato territorio vanno allargate e riprodotte ovunque proprio per il loro carattere di continuità e per i vantaggi che hanno portato.
Le esperienze dunque, molto semplicemente, servono per evitare gli stessi sbagli e magari per replicare le scelte che hanno portato anche qualche vittoria sul campo.
Innanzitutto dobbiamo saper cogliere i cambiamenti in atto a livello sociale anche all'interno del vasto e frammentato campo dell'antagonismo e camminare al passo per non restare troppo incastrati in sensi d'appartenenza ormai solo controproducenti.
Saper cogliere i cambiamenti però non vuol dire dissociarsi.
Se la lotta no TAV è ancora così forte, questo è dovuto non solo grazie all'utilità delle pubbliche manifestazioni ma anche grazie all'antica arma del sabotaggio e grazie alle passioni individuali e non solo collettive messe in gioco nello scacchiere.
Oggi bisognerebbe solo riflettere ed evitare sentenze.
Oggi c'è da guardare in positivo senza farsi trascinare dai soliti giudizi negativi che arrivano puntualmente quando una lotta diventa più cruenta e meno controllabile.
Ognuno, a modo suo, può e deve dare il proprio apporto: dai sentieri della valle fino alle arterie delle metropoli di cemento.
Un filo rosso lega e ravviva tutte queste esperienze che non sono assolutamente statiche e refrattarie, non possono essere semplicemente incastrate di forza in un grande calderone.
La ricetta è vincente quando non è assoluta, razionale, statica.
La rivolta è come l'arte. Sapersi adattare alle situazioni è più coerente che restare impantanati in ideologie lontane anni luce dalla vitalità di una miriade di sognatori e sognatrici.
La lotta di liberazione è ovunque!

mercoledì 7 novembre 2012

Anarchia e violenza – Errico Malatesta

Anarchia vuol dire non-violenza, non-dominio dell’uomo sull’uomo, non-imposizione per forza della volontà di uno o di più su quella di altri.
È solo mediante l’armonizzazione degli interessi, mediante la cooperazione volontaria, con l’amore, il rispetto, la reciproca tolleranza, è solo colla persuasione, l’esempio, il contagio e il vantaggio mutuo della benevolenza che può e deve trionfare l’anarchia, cioè una società di fratelli liberamente solidali, che assicuri a tutti la massima libertà, il massimo sviluppo, il massimo benessere possibili.
Vi sono certamente altri uomini, altri partiti, altre scuole tanto sinceramente devoti al bene generale quanto possono esserlo i migliori tra noi. Ma ciò che distingue gli anarchici da tutti gli altri è appunto l’orrore della violenza, il desiderio e il proposito di eliminare la violenza, cioè la forza materiale, dalle competenze tra gli uomini.
Si potrebbe dire perciò che l’idea specifica che distingue gli anarchici è l’abolizione del gendarme, l’esclusione dai fattori sociali della regola imposta mediante la forza, brutale, legale o illegale che sia.
Ma allora, si potrà domandare, perché nella lotta attuale, contro le istituzioni politico-sociali, che giudicano oppressive, gli anarchici hanno predicato e praticato, e predicano e praticano, quando possono, l’uso dei mezzi violenti che pur sono in evidente contraddizione coi fini loro? E questo al punto che, in certi momenti, molti avversari in buona fede han creduto, e tutti quelli in mala fede. han finto di credere, che il carattere specifico dell’anarchismo fosse proprio la violenza?
La domanda può sembrare imbarazzante, ma vi si può rispondere in poche parole. Gli è che perché due vivano in pace bisogna che tutti e due vogliano la pace; ché se uno dei due si ostina a volere colla forza obbligare l’altro a lavorare per lui e a servirlo, l’altro se vuoI conservare dignità di uomo e non essere ridotto alla più abbietta schiavitù, malgrado tutto il suo amore per la pace e il buon accordo. sarà ben obbligato a resistere alla forza con mezzi adeguati.
L’origine prima dei mali che han travagliato e travagliano l’umanità, a parte s’intende quelli che dipendono dalle forze avverse della natura, è il fatto che gli uomini non han compreso che l’accordo e la cooperazione fraterna sarebbe stato il mezzo migliore per assicurare a tutti il massimo bene possibile, e i più forti e i più furbi han voluto sottomettere e sfruttare gli altri, e quando sono riusciti, a conqui­stare una posizione vantaggiosa han voluto assicurarsene e perpetuarne il possesso creando in loro difesa ogni specie di organi permanenti di coercizione.
Da ciò è venuto che tutta la storia è piena di lotte cruenti: prepotenze, ingiustizie, oppressioni feroci da una parte, ribellioni dall’altra.
Non v’è da fare distinzioni di partiti: chiunque ha voluto emanciparsi, o tentare di emanciparsi, ha dovuto opporre la forza alla forza, le armi alle armi.
Però ciascuno, mentre ha trovato necessario e giusto adoperare la forza per difendere la propria libertà, i propri interessi, la propria classe, il proprio paese, ha poi, in nome di una morale sua speciale, condannata la violenza quando questa si rivolgeva contro di lui per la libertà, per gli interessi, per la classe, per il paese degli altri.
Così quegli stessi che, per esempio qui in Italia, glorificano a giusta ragione le guerre per l’indipendenza ed erigono marmi e bronzi in onore di Agesilao Milano, di Felice Orsini, di Guglielmo Oberdan e quelli che hanno sciolto inni appassionati a Sofia Perovskaja e altri martiri di paesi lontani, han poi trattati da delinquenti gli anarchici quando questi sono sorti a reclamare la libertà integrale e la giustizia uguale per tutti gli esseri umani e hanno francamente dichiarato che, oggi come ieri, fino a quando l’oppressione e il privilegio saran difesi dalla forza bruta delle baionette, l’insurrezione popolare, la rivolta dell’individuo e della massa, resta il mezzo necessario per conseguire l’emancipazione.
Ricordo che in occasione di un clamoroso attentato anarchico, uno che figurava allora nelle prime file del partito socialista e tornava fresco fresco dalla guerra turco-greca, gridava forte, con l’approvazione dei suoi compagni, che la vita umana è sacra sempre e che non bisogna al tentarvi nemmeno per la causa della libertà. Pare che facesse eccezione la vita dei turchi e la causa dell’indipendenza greca.
Illogicità, o ipocrisia?
Eppure la violenza anarchica è la sola che sia giustificabile, la sola che non sia criminale.
Parlo naturalmente della violenza che ha davvero i caratteri anarchici, e non di questo o quel fatto di violenza cieca e irragionevole che è stato attribuito agli anarchici, o che magari è stato commesso da veri anarchici spinti al furore da infami persecuzioni, o accecati, per eccesso di sensibilità non temperato dalla ragione, dallo spettacolo delle ingiustizie sociali, dal dolore per il dolore altrui.
La vera violenza anarchica è quella che cessa dove cessa la necessità della difesa e della liberazione. Essa è temperata dalla coscienza che gl’individui presi isolatamente sono poco o punto responsabili della posizione che ha fatto loro l’eredità e l’ambiente; essa non è ispirata dall’odio ma dall’amore; ed è santa perché mira alla liberazione di tutti e non alla sostituzione del proprio dominio a quello degli altri,
Vi è stato in Italia un partito che, con fini di alta civiltà. si è adoperato a spegnere nelle masse ogni fiducia nella violenza.., ed è riuscito a renderle incapaci a ogni resistenza quando è venuto il fascismo, Mi è parso che lo stesso Turati ha più o meno chiaramente riconosciuto e lamentato il fatto nel suo discorso di Parigi per la commemorazione di Jaurès.
Gli anarchici non hanno ipocrisia. La forza bisogna respingerla colla forza: oggi contro le oppressioni di oggi; domani contro le oppressioni che potrebbero tentare di sostituirsi a quelle di oggi.
Noi vogliamo la libertà per tutti, per noi e per i nostri amici come per i nostri avversari e nemici. Libertà di pensare e di propagare il proprio pensiero, libertà di lavorare e di organizzare la propria vita nel modo che piace; non libertà, s’intende — e si prega i comunisti di non equivocare — non libertà di sopprimere la libertà e di sfruttare il lavoro degli altri.
Errico Malatesta

lunedì 5 novembre 2012

Johnny Clegg & Savuka: Asimbonanga

In questa sua canzone, Johnny Clegg onora quattro personaggi che hanno lottato contro l'apartheid. Ovviamente nessun bisogno di presentazione per Nelson Mandela.

Steve Biko era il leader pacifista e antirazzista del partito comunista sudafricano (all'epoca fuorilegge), ucciso dalla polizia del regime dell'Apartheid nel 1977. Nasce nel dicembre del 1946, nella provincia del Capo Orientale. Nel 1972 Steve Biko è tra i fondatori della Black Peoples Convention, federazione di una settantina di gruppi che si riconoscono nella filosofia della coscienza nera. In questo ambiente si prepararono le manifestazioni di protesta di Soweto, la township di Johannesburg teatro, il 16 giugno 1976, di una durissima repressione della polizia. Quel giorno vennero massacrati almeno cento neri. La rivolta dilagò per il paese e in un anno si contarono un migliaio di vittime. Moltissimi i giovani, anche bambini. Non era difficile, per il regime, collegare il nome di Biko alla rinnovata consapevolezza che sosteneva la gioventù nella lotta contro l’apartheid. Biko non fece mai parte dell’African National Congress (Anc), il movimento storico - quello di Nelson Mandela - che dal 1912 convogliava l’ansia di riscatto della maggioranza nera. Per il leader studentesco, l’Anc era in un certo senso troppo “moderato”, anche se aveva poi fatto la scelta, non condivisibile per un nonviolento come Biko, di costituire un braccio armato. Ma prima del suo arresto definitivo, Biko stava preparandosi, come ricorda lo stesso Mandela, a un incontro segreto con Oliver Tambo, il successore di Lutuli alla presidenza dell’Anc. Di quella nascente alleanza il governo aveva sicuramente paura. Forse, anche per questo Biko venne ammazzato.
Ammazzato? «Biko vive!», gridano ancora i graffiti dai muri delle periferie sudafricane.

Victoria Mxenge, (1942 - 1985) è stata un'importante attivista anti-apartheid, di professione infermiera e levatrice; si mise però a studiare giurisprudenza dopo che il marito, Griffiths Mxenge, fu ucciso da alcuni poliziotti guidati da Dirk Coetzee. Il fatto avvenne nella township di Umlazi, a Durban; Mxenge fu ritrovato pugnalato a morte vicino al campo di calcio di Umlazi. Victoria Mxenge divenne una dirigente dello United Democratic Front e della Natal Organisation of Women e, una volta divenuta avvocato, fece parte del collegio di difesa dello UDF e del Natal Indian Congress durante la stagione dei processi razzisti di Pietermaritzburg. Fu a sua volta assassinata poco dopo il processo. Al suo funerale presero parte oltre 10.000 persone. I suoi assassini sono stati processati dalla Truth and Reconciliation Commission dopo la fine dell'apartheid.

Neil Aggett (1953-1982), bianco nato in Kenya ma trasferito in Sudafrica nel 1964, si laureò in medicina nel 1976. Lavorò come medico negli ospedali per neri (sotto l'apartheid, anche gli ospedali erano segregati) a Umtara, Tembisa e infine al Baragwanath Hospital di Soweto, dove divenne un popolarissimo sindacalista (aveva, tra le altre cose, imparato la lingua zulu). Nominato dirigente del Sindacato dei Lavoratori Alimentari e Conservieri del Transvaal, organizzò un vittorioso sciopero contro un gigante sudafricano del settore, Fatti's & Moni's. Fu per questo motivo perseguitato dalle Security Forces (si noti il legame inscindibile tra "sicurezza" e repressione). Dopo che gli fu affidata l'organizzazione di una campagna di sensibilizzazione di bassa a Langa, presso Città del Capo, fu arrestato il 27 novembre 1981. Fu ritrovato morto in cella il 5 febbraio 1982, dopo 70 giorni di detenzione senza processo. Nella storia dell'apartheid sudafricano fu la 51a vittima in carcere, ed il primo bianco a subire questa fine dal 1963. Secondo la versione della South African Security Police sarebbe stato un suicidio mentre si trovava alla John Vorster Square Police Station; Aggett si sarebbe impiccato con una sciarpa che un amico gli aveva tessuto personalmente. Il 29 giugno successivo, un'inchiesta rivelò però che la sua morte era avvenuta in seguito alle torture ricevute. Nonostante questo, nessun agente fu imputato per l'omicidio. Si dice che la morte di Aggett abbia contribuito a far sì che la polizia razzista sudafricana studiasse altri metodi per sbarazzarsi degli oppositori, principalmente farli sparire senza possibilità di ritrovarne neppure il cadavere.


Asimbonanga

Asimbonang' uMandela thina
Laph'ekhona
Laph'ehleli khona
Oh the sea is cold and the sky is grey
Look across the Island into the Bay
We are all islands till comes the day
We cross the burning water
Asimbonanga
Asimbonang' uMandela thina
Laph'ekhona
Laph'ehleli khona
A seagull wings across the sea
Broken silence is what I dream
Who has the words to close the distance
Between you and me
Asimbonanga
Asimbonang' uMandela thina
Laph'ekhona
Laph'ehleli khona
Steve Biko
Victoria Mxenge
Neil Aggett
Asimbonanga
Asimbonang 'umfowethu thina
Laph'ekhona
Laph'wafela khona
Hey wena
Hey wena nawe
Siyofika nini la' siyakhona
Non lo abbiamo visto

Non abbiamo visto Mandela
Nel posto in cui è
Nel posto in cui viene tenuto
Oh, il mare è freddo e il cielo è grigio
Guarda attraverso l'isola la Baia
Siamo tutti isole finché non verrà il giorno
In cui attraverseremo l'acqua bruciante
Non lo abbiamo visto
Non abbiamo visto Mandela
Nel posto in cui è
Nel posto in cui viene tenuto
Un gabbiano vola sul mare
L'infrangersi del silenzio è ciò che sogno
Chi ha le parole per dipanare la distanza
Tra te e me
Non lo abbiamo visto
Non abbiamo visto Mandela
Nel posto in cui è
Nel posto in cui viene tenuto
Steve Biko
Victoria Mxenge
Neil Aggett
Non lo abbiamo visto
Non abbiamo visto i nostri fratelli
Nel posto in cui è
Nel posto in cui è morto
Hei tu
Hei tu, e anche tu
Quando arriveremo a destinazione?



Contro ogni razzismo, per scuotere tutti quelli che ancora non vogliono vedere.