..............................................................................................................L' azione diretta è figlia della ragione e della ribellione

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sabato 27 febbraio 2021

Seppellite il mio cuore a Wounded Knee!

Il 27 febbraio 1973, i militanti dell’AMERICAN INDIAN MOVEMENT (AIM) insieme ad alcuni Lakota Oglala (Sioux) occuparono gli uffici direttivi di Wounded Knee, dentro la riserva di Pine Ridge. Lo fecero per protestare sia contro il regime di vero e proprio terrore instaurato da Dick Wilson, il corrotto presidente del Consiglio Tribale, e dalla sua milizia privata paramilitare, che contro la politica del governo federale riguardante le nazioni dei nativi americani. L’occupazione durò 71 giorni; durante i quali i federali fecero piovere sul villaggio occupato più di 500.000 pallottole. I militanti si arresero l’8 maggio e sparirono in barba alle autorità e ai loro cani da guardia.

La località di Wounded Knee era già nota per un’altra data: il 29 dicembre 1890. L’esercito degli Stati Uniti massacrò fra i 300 e i 350 appartenenti alla tribù Lakota Miniconjou. Pochi furono i superstiti della strage. Fu l’ultimo grande massacro dell’etnocidio che si sviluppò in America del Nord a partire dalla scoperta da parte degli Europei. Da quel massacro finale, iniziò un’aggressiva politica di assimilazione messa in atto dall’amministrazione americana, attraverso la scolarizzazione forzata delle popolazioni superstiti. Più di 100.000 bambini indiani furono inviati in collegi organizzati appositamente. Fu una vera e propria deportazione che durò fino agli anni Sessanta. I bambini subirono un’educazione violenta per essere sottomessi ai valori dei conquistatori. Si trattò, di fatto, di proseguire il massacro degli Indiani attraverso la distruzione delle culture originarie dei pochi sopravvissuti e l’annientamento della loro identità.

L’AIM è un gruppo politico che partecipa attivamente ancora oggi al movimento americano dei diritti civili. È nato nel 1968, a Minneapolis in Minnesota, come risposta organizzata alle brutalità poliziesche. Si tratta di un’organizzazione di autodifesa, vicina al Black Panthers Party. Alcuni militanti del BPP parteciparono attivamente alla creazione del gruppo. Qualche settimana prima dell’occupazione di Wounded Knee, l’organizzazione si era già fatta conoscere per l’incendio di un tribunale in una cittadina vicino alla riserva. Un giudice del tribunale bruciato, malgrado le prove evidenti, aveva, infatti, incolpato un “bianco” uccisore di un nativo americano, non di assassinio volontario, ma di omicidio colposo. Questa prima azione fece conoscere l’AIM ai capi locali di Pine Ridge.

Agli inizi degli anni Settanta, gli abitanti della riserva di Pine Ridge tentarono di far licenziare l’amministratore. Denunciarono la corruzione e la cattiva gestione del capo del Consiglio Tribale eletto, Richard Wilson. Accusato, specialmente, di favorire gli Indiani meticci “assimilati alla cultura americana”, a danno di quelli che seguono ancora le tradizioni. Conflitti scoppiarono sull’utilizzo della terra. Si rimproverò, in particolare, a Wilson la vendita dei terreni fatta ad alcuni americani, a prezzi ribassati rispetto a quelli di mercato. Insieme, si denunciarono le condizioni miserabili di vita della riserva, una delle più povere degli Stati Uniti. Dopo aver esaurito ogni ricorso legale contro Dick Wilson, gli abitanti della riserva si rivolsero all’AIM e ne chiesero l’aiuto.

Il conflitto fra i poteri tradizionali delle tribù e i Consigli Tribali era un problema che riguardava anche gran parte delle altre riserve indiane. Lo storico Akim Reinhardt descrive l’organizzazione delle riserve, a partire dal 1930, come un sistema di colonialismo indiretto, gestito attraverso i Consigli Tribali stabiliti dall’ATTO DI RIORGANIZZAZIONE INDIANA del 1934.

Wounded Knee è, quindi, per l’AIM un simbolo doppio. Nello stesso tempo, un legame col passato e l’esempio più vistoso delle condizioni presenti di vita di ogni popolo nativo, soggiogato dagli Stati Uniti. Nel corso di un incontro a Calico Hall fra i rappresentanti degli Oglala e l’AIM, questa ultima propose l’occupazione di Wounded Knee. Gladys Bissonette ed Ellen Moves Camp, due oglala, nel corso del lungo dibattito appoggiarono la proposta di occupazione. Alla fine, il decano capo Frank Fools Crow scelse per l’occupazione e la decisione venne così presa.

Il 27 febbraio 1973, un convoglio di 200 Indiani armati attraversò la riserva di Pine Ridge in direzione del villaggio di Wounded Knee e lo occupò. La rivendita di generi alimentari venne immediatamente presa e i pochi americani presenti sono fatti prigionieri. Il 28 febbraio, l’FBI comunicò che il movimento aveva preso possesso del villaggio. Gli insorti reclamavano un’inchiesta sulla corruzione e un incontro col Senato degli Stati Uniti per discutere delle violazioni ripetute dei trattati indiani, oltre che, naturalmente, la destituzione immediata di Wilson. In risposta alle richieste avanzate, l’FBI mise in atto l’assedio militare del villaggio con la presenza di mezzi corazzati dell’esercito. Il 30 febbraio, due sanatori si recarono sul posto per incontrare i prigionieri. I Lakota avevano concordato, precedentemente, la loro liberazione in cambio della visita dei senatori. I prigionieri, però, si rifiutano di essere rilasciati e accusarono il governo americano di essere responsabile della loro cattura. I senatori ripartirono e il governo respinse le richieste degli occupanti.

La presenza massiccia dei media internazionali e il carattere simbolico che ha Wounded Knee per l’immaginario americano, resero impossibile l’assalto al villaggio. Cominciò, pertanto, l’assedio vero e proprio; caratterizzato da scaramucce notturne. Le immagini dei nativi americani che resistettero contro i coloni, risuonarono nei cuori di tanti altri giovani indiani e non. Numerosi confluirono nei dintorni della riserva. L’ottavo giorno dell’occupazione, alle sei del mattino, l’FBI pose un ultimatum: se gli occupanti non avessero lasciato il villaggio entro due giorni, si sarebbe dato l’ordine d’assalto generalizzato. I militanti dell’AIM e i Sioux presenti si rifiutarono di accettarlo e si prepararono a morire combattendo. Il secondo giorno, alla scadenza dell’ultimatum, il governo fece, però, marcia indietro e decise di levare l’assedio per evitare un secondo massacro, questa volta sotto gli occhi delle televisioni. Sperava che l’assenza del confronto armato sgonfiasse, mediaticamente, l’avvenimento e, conseguentemente, il movimento di resistenza.

L’11 marzo 1973, dopo che numerose persone avevano preso la direzione di Wounded Knee, portando con loro viveri in grande quantità, i rappresentanti del movimento dichiararono l’indipendenza dagli Stati Uniti del territorio occupato. Fu l’inizio della Comune di Wounded Knee. Il villaggio divenne la nazione indipendente Oglala che resterà in vita sino alla sua resa, l’8 maggio 1973. Quel giorno, le autorità entrarono in una città vuota, senza alcuna traccia degli occupanti.

lunedì 22 febbraio 2021

La politica della natura e la liberazione animale

A differenza dell’apparato industriale –statale e di sicurezza, l’intero arco della sinistra sembra non essersi accorto che negli ultimi decenni è emerso un nuovo movimento – quello di liberazione animale – di enorme portata etica, politica ed ecologica. Poiché la liberazione animale – così come la teoria e la pratica del vegetarismo, ad essa inestricabilmente legate – mette in discussione i dogmi antropocentrici, specisti e umanisti insiti nelle tradizioni radicali e progressiste, la sinistra ha ignorato o denigrato, invece di farlo proprio, questo nuovo paradigma, questa forza di contrapposizione, e gli ambientalisti si sono rivelati altrettanto ostili e indifferenti. Tuttavia, l’importanza vitale del veganismo e della liberazione animale va assolutamente riconosciuta, ed entrambi meritano un ruolo di primo piano nella politica che dovrà decidere le sorti del ventunesimo secolo.

Sin dagli anni Settanta il movimento di liberazione animale è stato una delle forze di resistenza più dinamiche del pianeta. Se verso la fine di quel decennio andavano sgonfiandosi i “nuovi movimenti sociali”, composte da persone di colore, donne, studenti, pacifisti ed antinucleari, gay e lesbiche – i quali avevano definito la loro causa e la loro identità in contrapposizione a un movimento dei lavoratori in fin di vita e a una politica riduzionista delle classi sociali -, una nuova “politica della natura” si faceva strada con l’ascesa dei movimenti ambientalisti e di difesa degli animali. Sebbene avessero avuto tutti un umile esordio in Inghilterra e negli Stati Uniti all’inizio del diciannovesimo secolo, negli anni Settanta e Ottanta del Novecento erano divenuti ormai dei movimenti sociali di massa. Pur differendo tra loro per molti aspetti cruciali, entrambi ruppero non soltanto con la ristretta politica di classe della “vecchia sinistra” ma anche con l’antropocentrismo e l’umanismo della “nuova sinistra” e dei “nuovi movimenti sociali”. Il movimento di liberazione animale ha tenuto viva una resistenza radicale, e continua a crescere a livello globale quanto a persone coinvolte e a influenza esercitata, malgrado la massificazione, la repressione statale, le ritorsioni provenienti dal mondo industriale e l’aziendalizzazione e la cooptazione dei gruppi animalisti tradizionali.

È ogni giorno più evidente che i movimenti di liberazione degli umani, degli animali e della Terra sono inseparabili l’uno dall’altro: nessuno (esseri umani, animali ed ecosistemi dinamici) potrà essere libero fintantoché non saranno liberi tutti gli altri (dallo sfruttamento e dall’intervento dell’uomo). Negli ultimi trent’anni è cresciuta la consapevolezza che l’ecologismo non può vincere senza giustizia sociale e che non vi può essere giustizia sociale senza ecologismo.

mercoledì 17 febbraio 2021

La fine dell'educazione

David Cooper

Per prima cosa bisogna liberare il discorso da alcuni presupposti concernenti il significato dell'educazione. Cancelliamo quindi con un tratto di penna nozioni come esami con graduatorie, suddivisioni tra asilo scuola primaria e scuola secondaria, qualsiasi segregazione per età e per sesso, durata dei vari corsi universitari determinata dal numero di esami, la laurea, i riti di transizione, da un limbo assurdo ad un altro limbo che ci si aspetta il candidato consideri un vero traguardo, E così via.

È facile fornire una convalida della cancellazione di questo frenetici rituali superficiali che stivano la realtà dell'iniziazione per volgersi ad un ingenuo indottrinamento sfociante in un conformismo che confonde gli individuo sino al punto in cui la loro consapevolezza critica della situazione non funziona quasi più.

Occorre considerare in modo assai ampio il termine educazione, perché qualsiasi accezione di essa, se priva di questa necessaria ampiezza avrebbe l'effetto di una corda intorno al collo di una vittima strangolata.

Non abbiamo imparato niente,

non sappiamo niente, non comprendiamo niente,

non vendiamo niente

non aiutiamo,

e

non dimenticheremo.

(Manifesto cecoslovacco per la libertà)

sabato 13 febbraio 2021

Ciò che rende possibile una rivoluzione

 I punti, i nodi, i focolai di resistenza sono disseminati nel tempo e nello spazio con minore o maggiore densità, a volte modellano gruppi o individui in modo definitivo, accendono punti del corpo, momenti della vita, tipi di comportamento. Grandi rotture radicali, grandi divisioni binarie o massicce.  A volte. Ma più spesso abbiamo a che fare con punti di resistenza mobili e transitori, che introducono nella società sfaldature mobili, che rompono unità e producono raggruppamenti, che traversano gli individui stessi, ritagliandoli e rimodellandoli, e tracciano in loro, nel loro corpo e nella loro anima, regimi irriducibili. Proprio come la rete di relazioni di potere finisce per formare un tessuto spesso che attraversa i dispositivi e le istituzioni, senza localizzarsi precisamente in esse, allo stesso modo il disseminarsi dei punti di resistenza attraverso le stratificazioni sociali e le unità individuali. La codificazione strategica di questi punti di resistenza è ciò che rende possibile una rivoluzione.

lunedì 8 febbraio 2021

Gruppi Anarchici di Azione Proletaria (GAAP)

Un regime di larga democrazia, pur senza farci alcuna illusione circa la sua portata e il suo significato sociale, costituisce attualmente in Italia la sola garanzia possibile contro l'instaurazione di un regime dittatoriale e totalitario da chiunque postulato. Il Movimento Libertario non può quindi restare indifferente di fronte alla realizzazione o meno di un tale regime in italia, né può astenersi dal partecipare con tutte le sue forze e in ogni forma possibile alla difesa e al consolidamento delle libertà di fatto finora acquisite.

Si schiuderanno allora nuove possibilità alla lotta di liberazione degli oppressi dei vinti degli sfruttati di tutta la terra. Compito del Movimento Libertario è di trovarsi in condizioni, quando queste circostanze si presenteranno, di assolvere  con le maggiori probabilità di successo la sua funzione rivoluzionaria.

Compito prerivoluzionario del Movimento Libertario in Italia è oggi di cooperare alla instaurazione e al consolidamento di un regime di democrazia largamente decentrata con la realizzazione delle maggiori libertà possibili.

(Congresso Nazionale - Carrara Settembre 1945)

mercoledì 3 febbraio 2021

L’uomo fa parte della natura

L'uomo corazzato, bloccato nella sua rigidità meccanicista, produce dei pensieri meccanicisti, crea degli utensili meccanicisti e si fa un'idea meccanicista della natura. L'uomo corazzato che nonostante la rigidità biologica sente, senza comprenderle, le emozioni orgonotiche del proprio corpo, è un mistico. Non s’interessa alle cose materiali ma a quelle spirituali. Elabora un'ideologia mistica, soprannaturale della natura.

L'uomo meccanicista e l'uomo mistico si muovono entrambi all'interno dei limiti e delle leggi mentali della loro civiltà piazzata sotto il segno di un confuso mescolarsi di macchine e di entità divine.

Non nego affatto l'esistenza di una vita psicologica inconscia perversa. Ai miei occhi, tuttavia, l'uomo fa parte del resto della natura. per questo la sua cattiveria s'integra in un sistema funzionale più vasto. Come tutte le altre funzioni più naturali, questo sistema ha un origine, una ragione, un fine. Poco importa sapere se l'uomo è profondamente buono o cattivo. La teologia morale non fa parte dei nostri obiettivi. Ci interessa, invece, il posto dell'uomo con le sue pulsioni buone e cattive nella natura tutta intera di cui esso è un frammento.

Quel che ci anima è il desiderio di conoscere le particolarità della regione nella quale contiamo montare le nostre tende scientifiche.