..............................................................................................................L' azione diretta è figlia della ragione e della ribellione

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mercoledì 26 febbraio 2020

La propaganda antianarchica in piena Rivoluzione Francese

Già all'indomani della proclamazione della 'repubblica' (dittatura borghese, 22 settembre 1792) e ancora in pieno clima di Rivoluzione, molti francesi avevano fiutato l'inganno del potere. E infatti l'Ancien Regime si trasformò in un altro regime autoritario. La borghesia impaurita dalla coscienza e dalla forza del popolo, il quale chiedeva anarchia e non altre dittature chiamate in modi rassicuranti (“repubblica”, “governo rivoluzionario”...), cominciò a diffondere stampe allegoriche di propaganda antianarchica. In questa che vi postiamo, dio protegge il re e distrugge l'anarchia, cioè la vera libertà del popolo. L’immagine che vedete è una stampa repubblicana del 1793 che contiene tutta la retorica nazionalista che ancora oggi troviamo nella politica di Stato, a tratti ingenua e enfatica, come l'elemento metafisico che si fa fulmine. Notate come nella parte sinistra, zona dedicata all'anarchia distrutta, un uomo regga il cartiglio su cui vi è scritto 'Liberté, Egalité, Fraternité'. Strano che la repubblica voglia abbattere gli stessi principii di cui sembra farsi paladina e che predica ancora oggi, no?
Chi rileggerà la Rivoluzione Francese, troverà metodi politici ancora in voga, adottati allora dalla borghesia, come oggi da tutti i governi. Non è cambiato nulla, persino la strategia del terrore è stata, ed è ancora oggi, una tecnica politica di mantenimento del potere, dei privilegi delle caste e dei partiti. Nota: 80 anni dopo, il popolo francese riuscirà a concretizzare l'anarchia nella Comune di Parigi, soffocata nel sangue dalla sedicente repubblica. Sei mesi di pace e di giustizia vennero distrutti dallo Stato (quello che predica sicurezza per la gente). Siete ancora sicuri di voler bene alla repubblica e a chi ne tesse le lodi?


PS. Nel XVIII secolo la “repubblica” era ancora considerata un'utopia, proprio come oggi l'anarchia (nonostante le realtà anarchiche concretizzate). È vero, una vera repubblica non è mai esistita, così come una vera democrazia. Se repubblica e democrazia si fossero realizzate, adesso vivremmo in una società anarchica e giusta già da parecchio tempo. Apriamo gli occhi.

domenica 23 febbraio 2020

Le molteplici proposte dell'anarchismo


L'anarchismo, nel tempo, ha presentato diverse proposte sia teoriche che pratiche, ipotizzando quindi interventi differenti tra loro.
Questo perché alla base dell'anarchismo stesso non vi è un Partito, o altra organizzazione, che ne possa o voglia dettare delle linee tattiche e strategiche uniche, ossia valide per tutti.
Non c'è una linea politica dettata da una autorità centrale (sarebbe la negazione stessa del pensiero anarchico), ma vi sono diverse proposizioni, ugualmente degne di attenzione.
In campo economico, premesso che tutti gli anarchici sono contro la proprietà intesa come accumulazione di beni, profitti e fonte di sfruttamento, gli orientamenti maggiormente definiti sono quellocollettivista e quello comunista.
La proposta collettivista mira alla distribuzione dei beni prodotti in relazione all'impegno dei singoli facenti parte la collettività, l'ipotesi comunista anarchica, invece, si concretizza nella famosa frase "da ciascuno secondo le sue capacità, a ciascuno secondo i suoi bisogni".
L'ipotesi comunista è stata quella praticata, ad esempio, da quasi tutte le collettività rurali durante la rivoluzione spagnola (1936-39), quando ai lavoratori veniva assegnato un cosiddetto salario familiare, che teneva cioè in conto non solo l'opera prestata dal singolo, ma anche delle sue necessità come gruppo familiare.
Più in generale, i modi di pensare ed agire dell'anarchismo hanno conosciuto un approccio sociale ed uno individualista.
Il primo propone l'azione coordinata tra gruppi, federazioni, etc., il secondo si basa invece sull'iniziativa ed azione individuale, del singolo.
A seconda poi del tipo di approccio rivoluzionario, ovvero di come si ritiene sia possibile arrivare ad una svolta rivoluzionaria, gli anarchici hanno proposto diverse soluzioni, alcune alternative tra loro, altre invece compatibili e sovrapponibili:
Approccio educazionistail processo rivoluzionario può avvenire puntando sull'innalzamento del grado culturale di una società e degli individui che la compongono;
Approccio gradualista il passaggio da una società gerarchica ad una società anarchica può avvenire tramite la trasformazione, graduale, nel tempo, in senso antiautoritario, degli organismi che la compongono, sino a giungere ad un punto di rottura;
Approccio determinista il progresso scientifico, economico, e sociale, migliorando le condizioni di vita, porterà ad una trasformazione in senso libertario della società "anarchico è il pensiero e verso l'anarchia va la storia";
Approccio volontarista l'avanzamento della società non sarà determinato dalla Storia, dal Progresso, ma sarà reso possibile solo dagli sforzi, volontari, congiunti degli esseri umani che si pongono in conflitto con le Istituzioni dominanti;
Approccio insurrezionalista la possibilità di una società anarchica è legata allo sviluppo di moti insurrezionali che portino all'attacco generalizzato ed alla distruzione delle strutture statali;
Approccio primitivista si ravvede nel progresso e nella civilizzazione (a partire da quella rurale, contadina) l'origine delle diseguaglianze e dell'attuale condizione di sfruttamento umano; la possibilità quindi di giungere ad una società anarchica è legata al ritorno ad una società pre-civilizzata, primitiva;
Approccio anarcosindacalista legato alla tradizione originata dalle lotte operaie, ritiene che la trasformazione sociale passa soprattutto da una rivoluzione operata nel mondo del lavoro: l'approccio rivoluzionario è qui sostenuto dalla graduale presentazione dirichieste sindacali, rivoluzionarie, sempre meno gestibili e recuperabili dal Potere stesso.

domenica 16 febbraio 2020

La bandiera nera

Nel 1831, in un quadro di lotte sociali che precede l'esistenza del movimento anarchico con questo nome, i canuts lionesi (operai delle manifatture della seta) si ribellano alle condizioni di lavoro loro imposte. In novembre scoppia un'insurrezione di tre giorni, che porterà a una vittoria con le armi. I canuts si battono sotto un vessillo nero sul quale è ricamata la parola d'ordine: “Vivre en travaillant ou mourir en combattant (Vivere lavorando o morire combattendo)”. La bandiera di lotta del movimento operaio era tradizionalmente quella rossa, che sarà usata come segnale di adunata nelle manifestazioni, in particolare nella Comune di Parigi (1871). Qualcuno ha avanzato l'ipotesi che il rosso sia stato abbandonato in seguito alla scissione successiva al Congresso dell'Associazione Internazionale dei Lavoratori del settembre 1871 all'Aia, che vide la nascita della Fédération Jurassienne. Il 18 marzo 1882, nel corso di un'assemblea a Parigi, Louise Michel si sarebbe pronunciata per l'adozione della bandiera nera, per dissociarsi senza ambiguità dai socialisti “autoritari” e parlamentaristi. Queste ipotesi, però, provengono da testimonianze di partecipanti che non sono confermate (per quanto ne sappiamo) da immagini d'epoca o da fonti attendibili. Invece un documento conservato presso l' Istituto Internazionale per la Storia Sociale di Amsterdam (IISG) attesta l'acquisto di tessuto rosso per uno striscione da parte di membri della Fédération Jurassienne nel 1876 a Berna. Il che sembra indicare che la scelta del colore nero non sia stata immediatamente successiva alla scissione della Prima Internazionale. Il 9 marzo 1883, nel corso di una manifestazione a Parigi che riuniva circa quindicimila disoccupati, Louise Michel agitò una bandiera nera come segnale di adunata (si trattava in realtà di una vecchia sottana nera attaccata a un manico di scopa). Circa cinquecento persone saccheggiarono tre forni, reclamando pane e lavoro, prima di essere dispersi dalla polizia. Louise Michel, identificata dalle forze dell'ordine e accusata di avere istigato i disordini, sarà successivamente imprigionata. Nell'agosto 1883, la pubblicazione a Lione del periodico francese “Drapeau Noir” permise in certa misura di divulgare la scelta di questo simbolo.
La scelta del colore nero ha per ognuno un'origine e un significato diversi, ma sembra sempre legata alla lotta di classe e alle condizioni disperate del periodo in cui è comparso. È un colore, o meglio un non-colore potente, il simbolo dell'anarchia, e ne rappresenta le lotte principali, contro la religione, contro l'economia e, soprattutto, contro lo Stato. Mentre il rosso fa classicamente riferimento al sangue, il nero evoca il sangue rappreso e il lutto.
La bandiera nera arriva in America nel 1884, secondo lo storico Paul Avrich. Sarebbe stata esposta, il 27 novembre di quell'anno, sulla Market Square di Chicago, in occasione di una manifestazione operaia promossa dagli anarchici dell'Internazionale. Secondo un giornale militante locale, “The Alarm”, a fianco del tradizionale vessillo rosso, sul palco degli oratori, sventolava una grande bandiera nera. I due stendardi, dopo i comizi, presero insieme la testa del corteo che attraversò la città. Anche i partigiani di Makhno, in Ucraina, durante al rivoluzione russa del 1918-21, utilizzarono il vessillo nero come propria bandiera. Il 13 febbraio 1921 si svolsero a Mosca i funerali di Kropotkin. Molte persone che seguivano il feretro portavano bandiere nere e altre con lo slogan: “Dove c'è autorità non c'è libertà”. Fu in pratica l'ultima apparizione delle bandiere nere nella Russia sovietica.
Due settimane dopo scoppiò la rivolta di Kronstadt, che alla fine fu soffocata dai controrivoluzionari bolscevichi e che segnò la fine dell'influenza degli anarchici nella Russia sovietica. Nel corso della rivoluzione spagnola del 1936-39, s'era sempre più diffuso l'impiego delle bandiere nere. Gli anarchici della CNT, per esempio, combattevano sotto vessilli neri e rossi come sotto altri completamente neri.

"Perché è nera la nostra bandiera? Il nero è un'ombra, una negazione. La bandiera nera è la negazione di tutte le bandiere. È la negazione delle nazionalità che spingono gli esseri umani a massacrarsi a vicenda e a negare la proprio unità. Il nero esprime un sentimento di collera e di rabbia davanti a tutti i crimini odiosi commessi contro l'umanità e in nome di una sottomissione a uno Stato qualunque. È la collera e la rabbia davanti all'insulto all'intelligenza umana che comportano le pretese, le ipocrisie e le ridicole beghe dei governi. Il nero è anche il colore del dolore e della tristezza: la bandiera nera che rinnega la nazione piange anche le sue vittime, gli innumerevoli milioni assassinati dalle guerre, esterne e interne, per la gran gloria e la stabilità di uno Stato sanguinario. Piange coloro cui è rubato e tassato il lavoro, per pagare l'uccisione e l'oppressione di altri individui. Piange non solo la morte fisica, ma anche l'atrofia dello spirito soggetto al sistema gerarchico e autoritario; piange i milioni di neuroni neutralizzati, senza avere più la possibilità di portare la loro luce al mondo. È un colore d'inconsolabile risentimento. Ma il nero è anche un colore magnifico. È il colore della determinazione, della decisione, della forza: accanto al nero tutti gli altri colori sono messi in evidenza. È il mistero che circonda la germinazione, la fecondità, il suolo fertile della vita nascente che sempre si evolve, si rinnova, si ravviva e si riproduce nelle tenebre. Il seme nascosto sotto terra, lo strano viaggio del liquido seminale, la crescita segreta dell'embrione nella matrice, sono tutti circondati e protetti dal nero."
(Howard Ehrlich, nel suo libro Reinventing Anarchy 1979)

martedì 11 febbraio 2020

Produzionismo o futuro primitivo


Produzionismo o futuro primitivo: due materialità. Una provocata dall’estinzione dello spirito, l’altra dall’aver abbracciato lo spirito nella sua realtà terrena. L’abbandono volontario del modo di vivere industriale non è una rinuncia, ma una regressione salutare. Abbandonando la condizione e la direzione attuale del mondo, andiamo a cercare una guida presso quelli che hanno continuato a vivere spiritualmente nella natura. Il loro esempio mostra cosa ci serve per percorrere la nostra strada verso ciò che tuttora attende, tutt’attorno a noi.
Il primitivismo trae forza dall’aver capito che, a prescindere da quanto le nostre vite siano state deprivate negli ultimi 10000 anni, gli essere umani paiono aver vissuto in modo sano e autentico per gran parte dei quasi due milioni di anni sul pianeta. Questa corrente antiautoritaria, si sta muovendo nella direzione del naturalismo primitivo e contro una totalità che si sposta esattamente in direzione opposta a questa condizione. La rivista “Terra Selvaggia” ha descritto questo sentimento in modo ammirevole: “E poi, in fondo, cos’è questa globalizzazione di cui si parla ultimamente, forse il processo di espansione dei mercati verso lo sfruttamento dei paesi più poveri, e delle loro risorse, a scapito di quelli ricchi? Forse l’uniformarsi delle culture e la diffusione di un modello dominante? Ma allora, perché non usare il termine civilizzazione, che suona sicuramente meno minaccioso, ma è calzante, senza necessita di neologismi. Non c’è dubbio che i media, e non solo, abbiano il loro buon tornaconto a mischiare di tutto nel vago minestrone anti-globalizzazione; sta a noi dunque fare chiarezza nelle cose, approfondire le critiche e agire di conseguenza”.
In questa lotta, o tutto o niente. Anarchia è solo un nome per quelli che abbracciano la sua promessa di riscatto e pienezza, e cercano di guardare in faccia il fatto che arrivarci sarà un lungo viaggio. Noi umani stavamo là, un tempo, se dobbiamo credere agli antropologi. Ora scopriremo se possiamo ritornarci.
Molto probabilmente, è la nostra ultima possibilità come specie.

sabato 8 febbraio 2020

Progresso del sistema, regresso dell'umanità

L'umanità sarà intrappolata dal potere statale per molte migliaia di anni ancora. Questo per effetto di una centralizzazione burocratica che riguarda aree sempre più grandi del pianeta. Nell'antichità neolitica, laddove l'evoluzione umana ha avuto i cambiamenti più repentini seguendo il senso libertario, le comunità erano ristrette e in relazione solidale tra loro. All'interno di ogni comunità, le esigenze rappresentavano quella “problematizzazione” che poneva l'essere umano in un cammino evolutivo di autonomia e di progresso. E ancora le comunità medievali, soprattutto quelle poste al di fuori delle cinte murarie, potevano godere di una certa libertà in un rapporto reticolare solidale (vedi Scienza e Anarchia di Kropotkin). Con l'imposizione degli stati nazionali (XVI sec.), la scala del dominio si fece più ampia, e il controllo sulle persone divenne capillare per mezzo di istituzioni locali, ma che facevano tutte capo ad un unico governo centrale. La Francia risente ancora fortemente di questa struttura geogerarchica. Le costituzioni, che ancora oggi rivestono di una patina retorica la pillola amara del giogo, si rendono ancora più farsesche e contraddittorie, giacché gli stati-nazione sono sottoposti agli ordini sovrannazionali del capitalismo. E più la scala gerarchica è ampia, meno contano i singoli individui, i quali sono sempre più lontani dall'esercitare un seppur flebile controllo sul potere, sempre più divisi tra loro, e in cerca di soluzioni antistoriche, antiumane, e fatalmente fallimentari.


sabato 1 febbraio 2020

Renzo Novatore - Nichilismo, Anno I, n. 4, 21 maggio 1920



I
Sono individualista perché anarchico, e sono anarchico perché sono nichilista. Ma anche il nichilismo lo intendo a modo mio…
Non mi occupo di sapere se esso sia nordico od orientale, né se abbia o non abbia una tradizione storica, politica, pratica o teorica, filosofica, spirituale od intellettuale. Mi dico nichilista solo perché so che nichilismo vuol dire negazione!Negazione di ogni società, di ogni culto, di ogni regola e di ogni religione. Ma non agogno al Nirvana come non anelo al pessimismo disperato ed impotente dello Schopenhauer, che è qualche cosa di peggio della stessa rinnegazione violenta della vita. Il mio, è un pessimismo entusiasta e dionisiaco come le fiamme che incendiano la mia esuberanza vitale, che irride a qualsiasi prigione teoretica, scientifica e morale.
E se mi dico anarchico individualista, iconoclasta e nichilista, è appunto perché credo che in questi aggettivi siavi l'espressione massima e completa della mia volitiva e scapigliata individualità, che, come un fiume straripante, vuole espandersi impetuosamente travolgendo argini e siepi, fintanto che, urtando in un granitico masso, s'infranga e si disperda a sua volta. Io non rinnego la vita. La sublimo e la canto.

II
Chi rinnega la vita perché crede che questa non sia che Male e Dolore e non trova in se stesso l'eroico coraggio dell'autosoppressione è — per me — un grottesco posatore, un impotente; come è un essere compassionevolmente inferiore colui che crede che l'albero santo della felicità sia una pianta contorta sulla quale tutte le scimmie possono arrampicarsi in un più o meno prossimo avvenire, e che allora la tenebra del male sarà fugata dai razzi fosforescenti del vero Bene…

III
La vita — per me — non è né un bene né un male, né una teoria né un'idea. La vita è una realtà, e la realtà della vita è la guerra. Per chi è nato guerriero la vita è una sorgente di gioia, per gli altri non è che una sorgente di umiliazione e di dolore. Io non chiedo più alla vita la gioia spensierata. Essa non potrebbe darmela ed io non saprei più che farmene ormai che l'adolescenza è passata…
Le chiedo invece la gioia perversa delle battaglie che mi danno i fremiti dolorosi delle sconfitte ed i voluttuosi brividi delle vittorie.
Vinto sul fango o vittorioso nel sole, io canto la vita e l'amo!
Per l'anima mia ribelle non vi è pace che nella guerra, come, per il mio spirito vagabondo e negatore, non vi è felicità più grande della spregiudicata affermazione della mia capacità di vivere e di tripudiare. Ogni mia sconfitta mi serve soltanto come preludio sinfonico ad una nuova vittoria.

IV
Dal giorno ch'io venni alla luce — per una casuale combinazione che non mi importa ora di approfondire — portai con me il mio Bene ed il mio Male.
Vale a dire: la mia gioia e il mio dolore ancora in embrione. L'uno e l'altro progredirono con me nel cammino del tempo. Quanto più intensa ho provata la gioia tanto più profondo ho inteso il dolore.
Ma questo non può essere soppresso senza la soppressione di quello.
Ora ho scardinato la porta del mistero ed ho sciolto l'enigma della Sfinge. La gioia ed il dolore sono i due soli liquori componenti la bevanda eroica colla quale si ubriaca allegramente la vita. Perché non è vero che questa sia uno squallido e pauroso deserto ove non germina più nessun fiore né più matura nessun frutto vermiglio.
Ed anche il più possente di tutti i dolori, quello che sospinge il forte verso lo sfasciamento cosciente e tragico della propria individualità, non è che una vigorosa manifestazione d'arte e di bellezza.
Ed anch'esso rientra nella corrente universale dell'umano pensiero coi raggi folgoreggianti del crimine che scardina e travolge ogni cristallizzata realtà del circoscritto mondo dei più per ascendere verso l'ultima fiamma ideale e disperdersi nel sempiterno fuoco del nuovo.

V
La rivolta dell'uomo libero contro il dolore non è che l'intimo passionale desiderio d'una gioia più intensa e più grande. Ma la gioia più grande non sa mostrarsi all'uomo che nello specchio del più profondo dolore, per poscia fondersi con questo in un enorme e barbaro amplesso. Ed è da questo enorme e fecondo amplesso che scaturisce il superiore e saettante sorriso del forte, che attraverso la lotta canta l'inno più scrosciante alla vita.
Inno intessuto di disprezzo e di scherno, di volontà e di potenza. Inno che vibra e palpita fra la luce del sole che irradia le tombe; inno che rianima il nulla e lo riempie di suoni.

VI
Sopra lo spirito schiavo di Socrate che accetta stoicamente la morte e lo spirito libero di Diogene che accetta cinicamente la vita, si erge l'arco trionfale sul quale danza il sacrilego frantumatore de' nuovi fantasmi, il radicale distruttore di ogni mondo morale. È l'uomo libero che danza in alto, fra le magnifiche fosforescenze del sole.
E quando si alzano dai paludosi abissi le gigantesche nubi gonfie di cupa tenebra per impedirci la vista della luce ed ostacolarci il cammino, egli si apre il varco a colpi di Browning o ferma il loro corso colla fiamma del suo pensiero e della sua fantasia dominatrice, imponendo loro di soggiacere come umili schiave ai suoi piedi.
Ma solo chi conosce e pratica i furori iconoclastici della distruzione può possedere la gioia nata dalla libertà, di quella unica libertà fecondata dal dolore. Io mi ergo contro la realtà del mondo esteriore per il trionfo della realtà del mio mondo interiore.
Nego la società per il trionfo dell'io. Nego la stabilità di ogni regola, di ogni costume, di ogni morale, per l'affermazione di ogni istinto volitivo, di ogni libera sentimentalità, di ogni passione e di ogni fantasia. Irrido ad ogni dovere ad ogni diritto per cantare il libero arbitrio.
Schernisco l'avvenire per soffrire e godere nel presente il mio bene ed il mio male. L'umanità la disprezzo perché non è la mia umanità. Odio i tiranni e detesto gli schiavi. Non voglio e non concedo solidarietà perché credo che sia una nuova catena, e perché credo con Ibsen che l'uomo più solo è l'uomo più forte.
Questo è il mio Nichilismo. La vita, per me, non è che un eroico poema di gioia e di perversità scritto dalle mani sanguinanti del dolore e del male o un sogno tragico d'arte e di bellezza!
Renzo Novatore