..............................................................................................................L' azione diretta è figlia della ragione e della ribellione

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domenica 31 dicembre 2017

Il criterio dell'Azione diretta

Le esigenze della biosfera e della biodiversità non possono essere negoziate nell'arena politica ma vanno calate nella pratica di un vissuto politico-sociale concreto e utopico allo stesso tempo, e in linea con la tradizione del rifiuto della delega e dell'auto-rappresentanza. La "guerra" per conservare spazi incontaminati (wilderness) non è semplicemente volta a preservare determinate possibilità di ricreazione all'aria libera, bensì si propone abbastanza aggressivamente di ricreare vaste aree di wilderness in tutti gli ecosistemi del pianeta: identificare aree chiave, chiudere strade, rimuovere insediamenti, e reintrodurre la vita selvaggia sradicata.
Il criterio dell'Azione diretta, ispirato ai principi della disobbedienza civile, include forme di protesta nonviolenta come i sit-in o tree-sitting, i raduni eco-pacifisti, il guerrilla-theatre, nonché le forme piu estreme collegate alle pratiche del sabotaggio ecologico (monkeywrenching). Flessibilità e capacità di adattarsi alle situazioni porta inoltre gli attivisti del movimento a non disdegnare di servirsi, all'occasione, di mezzi legali come le campagne di pressione per lettera o e-mail, la documentazione e raccolta di dati, la causa intentata contro privati responsabili di comportamenti non in linea con la legislazione sull'ambiente. Tali strategie vengono ritenute in alcuni casi necessarie, ma assolutamente non sostitutive dell'azione diretta nelle sue varie forme, definita come uno sforzo personale e focalizzato in prima linea nella guerra condotta contro il pianeta. Occorre rivendicare la funzione dell'arresto o della disobbedienza civile nel richiamare l'attenzione sui problemi della difesa delle foreste, della biodiversità e della wilderness.
Nel movimento, oggetto di dibattito particolare e l'opportunità di accettare o incoraggiare una strategia nonviolenta ma fortemente illegale come il sabotaggio ecologico, visto come massima forma di disobbedienza civile, da adottarsi in casi estremi: esso non viene ufficialmente riconosciuto ma parecchi attivisti lo praticano a titolo individuale (in ogni caso, con obiettivi mirati e modalità il più possibile nonviolente).

mercoledì 27 dicembre 2017

L’autorità di Alexandra David Néel

L'obbedienza è morte. Ogni istante in cui l'uomo si sottomette ad una volontà esterna, è un istante estirpato dalla sua vita. Quando un individuo è obbligato a compiere un atto contrario al suo desiderio o quando è gli viene impedito d'agire in funzione del suo bisogno, egli smette di vivere la sua vita personale e, se da un lato colui che comanda aumenta il suo potere nutrendosi della forza di colui che è sottomesso, colui che obbedisce viene annullato, assorbito da una personalità esterna; diventa nient'altro che forza meccanica, strumento a disposizione di un padrone. Quando si parla dell'autorità esercitata da un uomo su altri uomini, da un sovrano sui sudditi, da un padrone sugli operai, da un proprietario sui propri lavoratori domestici, si capisce immediatamente che egli impiega la vita dei propri sottomessi per la soddisfazione dei propri piaceri, dei propri bisogni, dei propri interessi: cioè a suo vantaggio, a favore dello sviluppo della propria vita a discapito degli altri. Ciò che in genere si riesce a cogliere in maniera meno chiara, è l'influenza nefasta delle autorità d'ordine astratto: le idee, i miti religiosi e non religiosi, le tradizioni, gli usi e costumi, ecc. qualunque manifestazione esterna dell'autorità ha sempre e comunque origine in un'autorità mentale.
Nessun tipo d'autorità materiale, legata a leggi o individui, trova attualmente forza e ragione in sé stessa. Nessun tipo d'autorità materiale si esercita realmente da sé, tutto si basa su delle idee.
Poiché l'uomo si curva in primis davanti alle idee, riesce ad accettarne in seguito la realizzazione tangibile delle diverse forme del principio d'autorità.
L'obbedienza è composta da due fasi distinte: si obbedisce perché non si può fare altrimenti; si obbedisce perché si crede che bisogna obbedire.
Nel momento in cui un organismo si costituisce, tutte le sue forze tendono verso un unico fine: conservare la sua esistenza personale alimentandola e difendendola contro qualsiasi tipo di influenza in grado di distruggerla o sminuirla.
In natura tutti gli esseri si sforzano verso la vita; tutti ricercano, secondo le proprie facoltà, il godimento ottenuto dalla soddisfazione del bisogno; tutti gli esseri fuggono dalla sofferenza, dalla privazione che è restrizione, diminuzione della vita. La vita universale ci appare come prodotta dal movimento incessante delle individualità molecolari che si aggregano secondo la loro composizione e gli ambienti che incontrano. Allo stesso modo l'uomo cosciente si unirebbe ai suoi simili secondo i suoi bisogni e le associazioni umane si formerebbero, dissolverebbero e riformerebbero seguendo solo la manifesta utilità.
Se la scienza non ci mostra nessuna traccia di governabilità dell'universo, perché immaginare che solo l'uomo debba fare eccezione? Non sarebbe invece più saggio concludere che, liberato da tutti gli ostacoli, egli si comporterebbe come tutti i corpi esistenti in natura: seguendo la legge propria che è in lui, non come un comando proveniente da un'autorità esterna, ma come una necessità del suo essere.

martedì 26 dicembre 2017

Cos’ è la civiltà di Lev Tolstoj

La teologia medievale, o la corruzione morale, avvelenarono soltanto i loro popoli, cioè una piccola parte dell’umanità; oggi l’elettricità, le ferrovie e i telegrafi rovinano il mondo intero. Ognuno si appropria di queste cose. Semplicemente non può far a meno di farle proprie. Ognuno ne soffre nella stessa maniera, costretto in egual misura a cambiare il suo modo di vivere. Tutti si trovano nella necessità di tradire quel che è più importante nella loro vita, la comprensione della vita stessa, la religione. Macchine, e per produrre che cosa? Telegrafo, per trasmettere che cosa? Libri, giornali, e per diffondere qual genere di notizie? Ferrovie, per andare da chi e dove? Milioni di persone aggregate insieme e sottomesse ad un potere supremo, per far che cosa? Ospedali, medici, farmacie per prolungare la vita, e a qual fine?
Quanto facilmente sia gli individui che nazioni intere prendono la loro cosiddetta civiltà per una vera civiltà; affinarsi con gli studi, avere le unghie pulite, andare dal sarto e dal barbiere, viaggiare all’estero, ed ecco fatto l’uomo civile. E per quanto riguarda le nazioni: quante più ferrovie è possibile, accademie, officine, navi, fortificazioni, giornali, libri, partiti, parlamenti. E così ecco fatta la nazione più civile.
Dunque un numero abbastanza grande di individui, come pure di nazioni, può esser interessato alla civiltà, ma non al vero progresso. La prima è facile e incontra approvazione; il secondo chiede severi sforzi, e perciò presso la grande maggioranza non incontra altro che disprezzo e odio, poiché rivela la menzogna della civiltà.

venerdì 22 dicembre 2017

La nuova alienazione

La scuola non è soltanto la nuova religione universale. È anche il mercato del lavoro in più rapida espansione che ci sia oggi nel mondo. La fabbricazione di consumatori è diventata il principale settore in sviluppo dell’economia. Nelle nazioni ricche, man mano che diminuiscono i costi di produzione, si assiste a una crescente concentrazione sia del capitale che del lavoro nella gigantesca impresa di preparare l'uomo a un consumo disciplinato. Nell'ultimo decennio gli investimenti di capitale in rapporto diretto con il sistema scolastico sono aumentati ancor più rapidamente delle spese per la difesa. La scuola offre occasioni illimitate di sprechi legittimi, fin quando non ci si renderà conto della sua distruttività e continuerà ad aumentare il costo dei palliativi. Se aggiungiamo agli insegnanti a tempo pieno i frequentatori a tempo pieno, ci accorgiamo che questa cosiddetta sovrastruttura è diventata il maggior datore di lavoro della nostra società.
È un fatto che viene spesso dimenticato dagli studiosi neomarxisti, i quali dicono che il processo di descolarizzazione dovrebbe essere rinviato o accantonato fin quando una rivoluzione economica e politica non avrà posto rimedio ad altre disfunzioni, ritenute tradizionalmente più fondamentali. Ma solo considerando la scuola un'industria si può programmare una strategia rivoluzionaria realistica. Per Marx il costo di produzione della richiesta di merci aveva un'importanza trascurabile. Oggi la maggior parte della manodopera umana è impegnata nel produrre richieste che possano essere soddisfatte da un'industria a forte intensità di capitale. La massima parte di questo lavoro viene fatto nella scuola.
Nello schema tradizionale, l'alienazione era una conseguenza diretta della trasformazione dell'attività lavorativa in lavoro salariato, che toglieva all'uomo la possibilità di creare e di essere ricreato. Oggi invece i giovani vengono alienati in partenza dalle scuole che li isolano mentre pretendono di essere sia produttrici che consumatrici della propria conoscenza, la quale è concepita come una merce messa sul mercato nella scuola. La scuola fa dell'alienazione una preparazione alla vita, togliendo così realtà all'istruzione e creatività al lavoro. Con l'insegnare la necessità di assoggettarsi all'insegnamento, prepara all'istituzionalizzazione alienante della vita. Una volta imparata questa lezione, le persone perdono l'incentivo a svilupparsi in modo indipendente, non trovano più niente che le attragga nello stato di reciproca relazione e si chiudono alle sorprese che la vita offre quando non è predeterminata dalla delimitazione istituzionale. E la scuola, direttamente o indirettamente, impiega una percentuale importante della popolazione. O tiene con se una persona per tutta la vita o fa in modo che essa si inserisca saldamente in qualche altra istituzione. La nuova chiesa universale è l'industria del sapere, che per un numero crescente di anni fornisce all’individuo sia l'oppio sia il banco di lavoro. Per questo la descolarizzazione è la premessa indispensabile di qualunque movimento per la liberazione dell'uomo.

domenica 17 dicembre 2017

Fermiamo le macchine

Qualsiasi rivolta contro il dominio non potrà rappresentare gli interessi generali se non trasformandosi in una ribellione contro la tecnica, una ribellione luddista. La differenza tra gli operai luddisti e i moderni schiavi della tecnica risiede nel fatto che quelli avevano un modo di vivere da salvare, minacciato dalle fabbriche, e costituivano una comunità, che sapeva difendersi e proteggersi. Per questo fu tanto difficile sconfiggerli.  La repressione diede luogo alla nascita della moderna polizia inglese e allo sviluppo del sistema della fabbrica e del sindacalismo britannico, tollerato e incoraggiato a causa del luddismo. Il cammino del proletariato comincia con un’importante rinuncia, anzi, i primi periodici operai L’Artisan del 1830 elogeranno le macchine sostenendo che alleviano il lavoro, e che il rimedio non è sopprimerle quanto sfruttarle loro stessi. Contrariamente a quanto affermavano Marx ed Engels, il movimento operaio si condannò all’immaturità politica e sociale quando rinunciò al socialismo utopico e scelse la scienza, il progresso (la scienza borghese, il progresso borghese), al posto della comunità e dello sviluppo individuale. Da allora l’idea per cui l’emancipazione non è progressista ha circolato negli ambienti della sociologia e della letteratura più che nel movimento operaio, ad eccezione di alcuni anarchici e seguaci di Morris o Thoreau. Così, per esempio, dobbiamo aprire il romanzo Metropolis, di Thea Von Harbou, per leggere arringhe come questa: «Dal mattino alla notte, a mezzogiorno, alla sera, la macchina ruggisce chiedendo alimento, alimento, alimento. Siete voi l’alimento! Siete l’alimento vivo. La macchina vi divora e poi quando siete esausti vi butta via! Perché ingrassate le macchine con i vostri corpi? Perché accettate le sue articolazioni con il vostro cervello? Perché non lasciate che le macchine muoiano di fame, idioti? Perché non le lasciate morire, stupidi? Perché le alimentate? Quanto più lo fate, più fame avranno della vostra carne, delle vostre ossa, del vostro cervello. Voi siete diecimila. Voi siete centomila! Perché non vi lanciate, centomila pugni assassini, contro le macchine?» Evidentemente, la distruzione delle macchine è una semplificazione, una metafora della distruzione del mondo della tecnica, dell’ordine tecnico del mondo, e questo è l’immenso compito storico dell’unica vera rivoluzione. È un ritorno al principio, al saper fare degli inizi che la tecnica ha proscritto.

venerdì 15 dicembre 2017

Cos’è l’anarchia

Anarchismo non è sinonimo di “famo come ce pare”, questo è lo stravolgimento di un’idea, oltre che di un termine. Il pensiero anarchico è sintetizzabile nella bella idea che vuole che ognuno sia così partecipe del bene comune da potersi governare da solo senza pregiudicare l’altro. Nulla a che vedere con il comunismo o la democrazia rappresentativa, cui è sott’intesa l’idea che le masse siano incapaci di evolvere e dunque bisognose di essere “governate”, per lo più da persone bramose di potere e ricchezza personale. Il terzo millennio è iniziato con una crisi profonda dei modelli e quasi sempre ciò è avvenuto perchè le idee, alla fine, camminano sulle gambe dei peggiori. Lo diceva già Lenin un secolo fa. Dunque non le idee mancano, ma uomini giusti che vogliano occuparsi di politica, intesa come cura della cosa pubblica. Mi rendo conto che è come se avessi detto “mi sento vivo da morire”. Infatti gli uomini “giusti” generalmente stanno alla larga dalla politica, che è l’arte del compromesso e talvolta della sopraffazione. Alla base di tutto questo discorso c’è l’uomo e le sue possibilità evolutive. Dunque dobbiamo dare per scontato che le possibilità ci sono, perchè ci sono sempre state e ci hanno condotto fuori dalla barbarie e dalla legge della jungla. Sappiamo anche che la barbarie arde sotto la cenere ed è pronta a riprendere vigore ogni volta che gli uomini “giusti” mollano. Dunque non si tratta di ripulire il mondo dai furbi, dagli ignoranti, dagli egoisti e dai sopraffattori (questa è davvero utopia, poiché i percorsi di crescita sono individuali, c’è chi evolve in un anno e chi non gli basta una vita intera), ma di far sentire queste persone come si sente un fumatore in un parco pieno do alberi: un disadattato, una persona fuori dal tempo, antica. In questa società occidentale i “disadattati” sono invece al potere e radicano nelle menti deboli questi ideali da par loro e gli uomini ‘giusti’ si nascondono nel privato, poiché le minoranze sono perseguitate fino a che il mondo sta in mano ai cosiddetti ‘governanti’. Ecco, spostare questi equilibri, capovolgere il sentire comune è il mestiere dell’Utopia. Dal mio punto di vista è sbagliato perfino il concetto di “maggioranza”, alla base della democrazia. Un esempio paradossale per spiegarmi meglio. Secondo il principio di maggioranza gli handicappati dovrebbero strisciare su e giù per le scale e invece ha vinto il principio di minoranza, non puoi più costruire case e uffici con barriere architettoniche perché non è vero che la maggioranza rappresenta sempre il meglio per tutti. I movimenti anarchici hanno frange che usano violenza, ritenuta commisurata alla violenza subita, perlopiù diretta alle cose e non alle persone, allo scopo di richiamare l’attenzione dei media. Su questo punto si può discutere all’infinito, ma alla fine non ne risulta sminuito il principio base: chi intende ‘governarci’, inevitabilmente ci pensa e ci tratta come bestiame, altrimenti non avrebbe scelto di guadagnarsi da vivere “governando” i propri simili. Questo è uno dei principi da abbattere, filosoficamente parlando, come fu abbattuto quello della schiavitù, della segregazione razziale e del lavoro minorile per dar posto al diritto all’istruzione, al lavoro e al suffragio universale. Tutto ciò è costato lacrime e sangue lungo centinaia di anni, in quanto non accade mai che si salga da qualche parte prendendo strade in discesa. La “globalizzazione” non è, come i media tentano di farci credere, un fenomeno ineluttabile, ma il tentativo di riunire il potere in pochissime mani. Questa oligarchia, economica, finanziaria e politica, si propone di governare il mondo più di quanto stia già facendo. Tutti i movimenti e i partiti, ad esclusione di quello anarchico, portano acqua a quel mulino. Il futuro penso che sia nel pensiero anarchico, poiché sempre più persone non intendono vivere la propria vita all’interno di un gioco di ruolo, dove tutto è previsto, indirizzato, manipolato, finto. Cito il pensiero anarchico poiché è una delle poche forme mentis che ci slegano dal forte bisogno di essere servi o padroni o entrambi e dunque non liberi di considerare la nostra unicità e, alla fine, solitudine nell’universo.
Anarchia è sinonimo di Utopia esattamente come lo era la Democrazia al tempo di Cesare. Dunque nessuna utopia, ma un’alternativa, una possibilità. Il fatto che tale alternativa necessiti di una rivoluzione sociale è vero, ma non più di quanto furono necessari altri stravolgimenti sociali per l’affermarsi del capitalismo, del fascismo e del nazionalsocialismo. L’idea che gli anarchici siano dei comunisti rivoluzionari non è esatta, ma si è radicata per via del fatto che ovunque ci sia stato da menar le mani per abbattere il potere costituito, gli anarchici c’erano e sempre in prima fila. A cominciare dalla Rivoluzione russa, ma anche prima. In verità, gli anarchici semplicemente sanno che senza rivoluzione sociale qualunque cosa si faccia è un piacere allo status quo, e allora si sono trovati spesso al fianco di movimenti rivoluzionari comunisti. Gli anarchici non fanno una questione di potere buono e potere cattivo, dunque non possono essere comunisti e statalisti. L’anarchia è anche altro… un modo di essere, una mentalità, un modo di vivere, un concetto e una visione differente della vita. É autonomia, rispetto, solidarietà, universalità, tolleranza, insomma… se la conosci t’innamori e dopo non potrai essere altro.
In vista e nella speranza di un sovvertimento sociale, gli anarchici sanno che opposte fazioni si contenderanno il potere. Per questa ragione la loro azione “pre-rivoluzionaria” è rivolta a promuovere il rifiuto di ogni forma di potere dell’uomo sull’uomo, a convincere insomma le masse che non esiste la necessità di essere servi o padroni, poiché questo assunto è solo un’invenzione di menti astute e antiche come il mondo, non una legge di natura.

mercoledì 6 dicembre 2017

La convivialità di Ivan Illich

Le persone vedono intorno a loro violenza, aggressività, odio... se ne lamentano, come per un atavico richiamo alla solidarietà, ma esse stesse sono violente, aggressive, odiose, sono intrappolate nel vortice del conflitto. Le persone, le masse, pensano che questa condizione conflittuale sia naturale, perché la vedono ovunque, la vivono, ma non si pongono alcuna domanda, il teorema della massa governata è il seguente: guardare, ipotizzare, sentenziare, tutt'al più verificare con quanto dice la propaganda di regime, la quale non può che darle l'informazione più rassicurante -per la massa come per il sistema- quella che la riporta con amore dentro il gregge. Un Piero Angela qualsiasi vale milioni di pastori. La verità sta oltre l'apparente, che poi è pure costruito. Un contesto coercitivo, qual è quello statalizzato, genera inevitabilmente conflitti, ed è il conflitto che genera l'odio, non viceversa. Un contesto libero, invece, rende le persone serene e poco inclini ai conflitti, quindi all'odio. Il senso del libro “La convivialità” di Ivan Illich è anche quello di far conoscere, diremmo meglio riconoscere, l'entusiasmante e antico incontro di un essere umano con l'altro in un rapporto reciproco sereno, libero, dove finalmente possa esprimersi la vera natura dell'essere umano, che è fondata sull'amicizia, sulla cooperazione, sulla curiosità della scoperta, sul mutuo appoggio e l'accordo.
Non è neanche questione di ideologia, ma di buon senso e di conoscenza delle cose, una conoscenza che supera il superficiale propagandato e dato -come certo- in pasto alle masse. E sul buon senso e l'analisi ragiona l'anarchia che, in quanto disposizione naturale e umana, lungi dall'essere un dogma, ha la triste sorte di ricevere gli attacchi del sistema e della società ormai sistematizzata. Tutte le credenze e le convinzioni della società possono essere facilmente scardinate, così come le parole usate dai governanti, il senso stesso della legge dello stato... tutto è smontabile, ed è stato smontato mille volte, e rivela una colossale menzogna, una macchina infernale di propaganda continua, inesorabile, che annichilisce le coscienze e le rende docili e sempre pronte a creare conflitti, sì che la massa, la società statalizzata, guardando intorno a sé tanto odio, anziché eliminare il conflitto che lo genera (usando il buon senso), chiami sempre in suo soccorso la macchina che lo crea. È un circolo vizioso.

domenica 3 dicembre 2017

La squola la squola la squola

È molto difficile parlare della scuola, è come parlare di qualcosa che ti è sopra e che ti tiene anche se tu capisci che non è bello, e vorresti fuggire; è come accusare qualcosa che sai essere sbagliata e vecchia e cattiva perché spesso ti fa male, ma non riesci a spiegare il motivo di questa situazione, perché ormai sei nel cerchio, assuefatto, rincretinito, e senti che non è giusto vivere la scuola e tutto ciò che essa comporta nel modo in cui sei costretto a viverli, ma ormai è tardi per potere capire e fare capire quello che soffri: la tua mente ormai è evaporata tra le sermoniche blaterature di vecchi libri-professori troppo disumanizzati per ascoltare te uomo e che ridono da-grandi-sempre-esatti-con-esperienze-piene-dei-miei-sputi; quando vedono la tua disperazione di vivere, il tuo mondo che non è solo scuola e libri-di-merda-di-sempre ma vita-di-uomo per non morire nelle parole studiate di libri lontano da me.
Ogni mattina mi alzo presto per andare a scuola; ogni mattina passi scontenti, ogni mattina una grande pena per le quattro o cinque ore che devo sopportare, ma questo solo quando ero ancora deluso nelle mie giovani speranze della scuola, quando erano illusioni di scuole di vita, di cose e persone interessanti, di professori che ti vedono persona e non registratore pappagallesco di parole imparate in forme mnemoniche per il numero (voto) dell’ingresso in società, questo ora non più.
Ora solo l’indifferenza della giornaliera monotonia, ora la rabbia di sopportare questa ineducazione alla vera vita, questo insegnamento che ti fa bravo uomo di merda per cui il professore ha sempre ragione oppure bravo alunno che vede solo rosa e Gesù Cristo che ha salvato il mondo. E non puoi ribellarti contro il professore che ti chiama cretino-stupido-ignorante-cafone, perché gli anni saltano e sei sempre bastonato nei tuoi urli di disperazione. Devi sempre solo tacere o blaterare almeno da sei (6= sufficiente … per vivere?!!!) e devi far presto per fuggire quando “il periodo di preparazione alla vita della società” è finito, ma ormai sei cretino perché ti hanno vinto e tu non sai più se sei tu o Cicerone o Napoleone o Alessandro Manzoni e radice quadrata di buon-uomo-con-la-vita-onesta-assicurata (leccando i piedi sporchi del raccomandatore con bustarella). E non ditemi per questo “perché ci vai?” perché non voglio agonizzare con 70.000 lire al mese con moglie e figli risparmio per il televisore-casa-frigorifero, e non voglio diventare l’acciaio di catene di montaggio (tic-tac per giorni-anni-vite) e la sola speranza (leggi: illusione) di (non) vivere in modo poco migliore(?) (differenza =illusione) è diventato bravo scolaro, studioso, disciplinato (bla bla bla) e prendere il biglietto di ingresso al mondo dei grandi (la vispa Teresa …) (biglietto = diploma, licenza, calcio nel sedere) o meglio prendere pezzo di carta più utile per funzioni più igieniche se non fosse la vita lavoro- soldi-vecchiaia e morte (onorata se son dottore, banale se sono operaio). 
Per questo vado a scuola, per prendere i segni sufficienti della mia insufficiente vita.


(Tratto da Mondo Beat numero 1, 1 marzo 1967)