..............................................................................................................L' azione diretta è figlia della ragione e della ribellione

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sabato 27 dicembre 2014

Giovanni Pascoli, poeta anarchico

La scossa vitale e culturale dell'anarchia che vibrò sull'intero corpo violato dell'Europa tra Ottocento e Novecento, non lasciò gli intellettuali alieni dall'impegno politico. L'anarchia è stata la corrente culturale che massimamente ha spinto poeti, scrittori, artisti, filosofi, verso la maturazione di forme espressive inneggianti alla libertà dei popoli costretti nel giogo autoritario del potere borghese, dello Stato e della Chiesa. Anche oggi -e non lo direste mai- dall'anarchia si attinge a piene mani per cercare di spingere in avanti il pensiero sul progresso umano.
Anche Giovanni Pascoli (1855-1912) è stato un anarchico. E benché i pochi testi che ne danno notizia si affrettino a dire che lo fu solo per il breve periodo giovanile, la realtà è ben diversa. Pascoli fu anarchico durante tutta la sua vita, solo in modalità espressive diverse, ora più accese ora più sobrie, ma tutte strettamente collegate all'unico ideale di libertà e di giustizia. Ne sono testimoni le sue scelte di vita, la sua filosofia, la sua poetica.
Non è certamente un caso che i testi liceali censurino l'anarchismo del Pascoli, così come quello di numerosissimi altri scrittori e artisti. Lo Stato non ammette pensieri di vera libertà e di emancipazione del popolo. E là dove quei testi non possono fare a meno di indicare l'appartenenza ideologica anarchica degli autori trattati, gli storici prezzolati si concedono la variante più rassicurante dell'anarchia, cioè “il socialismo”, senza neppure specificarne il tipo, consapevoli del fatto che quel che si conosce oggi del socialismo è la sua forma parlamentare, statalizzata, autoritaria, mentre invece l'anarchia è sostanzialmente un socialismo popolare, libertario, rivoluzionario, eminentemente antistatale. L'intellettuale anarchico inglese John Ruskin (1819-1900) viene definito dallo storico dell'arte Giulio Carlo Argan “socialista, il maggior critico europeo del secolo”, Argan non si pone il problema di specificare, probabilmente perché non gli è stato permesso, nonostante la sua autorevolezza in campo artistico, letterario e storico.
Giovanni Pascoli, nella sua giovinezza, fu un anarchico fisicamente attivo, partecipò in prima persona ad azioni di solidarietà per il popolo e contro l'autorità, prese parte alle proteste contro la condanna a morte di Giovanni Passannante (commutata in ergastolo), e a causa di ciò venne imprigionato, aveva 24 anni. Per la sua scarcerazione Giosuè Carducci si impegnò con una testimonianza, e le porte del carcere si aprirono dopo tre mesi di detenzione.
Dopo l'esuberante periodo giovanile, in cui l'anarchismo venne vissuto in maniera diretta, Giovanni Pascoli si trasportò naturalmente verso una concezione più intima e sublimata dell'anarchia, più intellettuale, ma non meno efficace. E saranno due, d'ora in avanti, gli elementi che fungeranno da binario ideologico e culturale al Pascoli: la sua “poetica del fanciullo” e l'amore per la Natura. Ambedue gli elementi, per i valori che rappresentano, sono da sempre posti a fondamento dell'ideale anarchico.
La miservole condizione del popolo sfruttato era già da molti anni denunciata da quella schiera di intellettuali anarchici che additavano il positivismo e il falso mito di progresso (tecnologico, non umano) come due fattori alienanti per la società. Da ogni parte si levavano voci che inneggiavano a un ritorno alla Natura, alla purezza, a una condizione umana e libera ritrovata, quindi alla distruzione delle sovrastrutture e delle regole borghesi, di tutto un sistema volto soltanto a rendere il popolo un automa nelle mani dei governanti. Erano grida di liberazione, prima che di libertà. In arte si cercò di tornare al cosiddetto “grado zero”. Molti artisti guardarono al passato (Preraffaelliti, Primitivisti), Paul Gauguin partì verso terre ancora incontaminate ove trovare umanità, purezza, natura selvaggia e libertà (Tahiti), altri ancora sostennero l'arte naif di un semplice doganiere (Henri Rousseau), fino agli espressionisti che trassero ispirazione anche dal libero disegno dei bambini, svincolato da ogni regola accademica (regole che gli avanguardisti distruggeranno). Anche Pascoli aveva indicato nel fanciullo la via per la “salvazione“ umana, quella che conduceva alla libertà e alle uniche regole ammesse in anarchia, le proprie, che sono quelle dettate dalla Natura e che ogni bambino possiede incontaminate.
Il bambino ha la forza anarchica di una morale superiore, proprio perché non ancora contaminata da altre morali artificiali (Stato e Chiesa). Ogni cosa, nella Natura, vive secondo un'armonia, secondo equilibri che sono quell'unico ordine in cui ogni essere vivente è calato e grazie al quale può vivere in libertà.
Il fanciullino è anarchico come la natura dell'Uomo, il fanciullo ne è l'essenza, egli esplora il mondo con gioia vitale, e con la medesima gioia impara dal contesto, impara a relazionarsi con i suoi simili e con gli altri esseri viventi. In un contesto di uomini liberi, senza catene e padroni, non sottomessi alle gerarchie e alle leggi coercitive, gli individui che vi nasceranno saranno altrettanto liberi, pacifici e cooperativi, come sempre è stato prima che i popoli fossero rimasti sottomessi e confinati. Perciò Pascoli, come gli altri intellettuali, spronava in questa direzione, esortava a ripescare nel profondo di ognuno quel fanciullo. La poetica del fanciullo è un grido di liberazione, è un'indicazione, un'inclinazione, è un auspicio per un futuro migliore, anarchico, umano, naturale, puro, cooperativo, pacifico. Questo è l'ideale anarchico e non c'è propaganda denigratoria di Stato che tenga. Anche la decisione del Pascoli di lasciare la città per andare a vivere nella Natura segue il medesimo principio. La dimensione naturale, associata al pensiero primitivista, rappresenta il luogo fisico in cui gli uomini vivono in comunità e in cooperazione. Il rispetto della Natura, la tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, sono temi massimamente anarchici. Un essere umano trova negli equilibri naturali incontaminati non soltanto le sue leggi e la sua libertà (e quella degli altri), ma anche la sua vera dimensione, il suo scopo, e la sua più alta dignità.

Inno all'anarchia di Giovanni Pascoli (1878)

Soffriamo! Nei giorni che il popolo langue
è insulto il sorriso, la gioia è viltà!
sol rida chi ha posto le mani nel sangue,
e il fato che accenna non teme o non sa:
Prometeo sull'alto del Caucaso aspetta,
aspetta un bel giorno che presto verrà
un giorno del quale sii l'alba, o vendetta!
Un giorno il cui sole sii tu, libertà!
Soffriam! Ché il delitto non regna in eterno!
Soffriam! Ché l'errore durare non può!
Già Satana giudica nel pallido inferno
il Dio dei tiranni che al buio il dannò!
Soffriam: le catene si spezzano alfine
allor che pugnali, né piaccia foggiar;
fra un mucchio fumante di sparse ruine
già Spartaco e' sorto tremendo a pugnar.
Soffriamo, o fratelli! La mano sul cuore
lo sguardo nuotante, nell'alba che appar!
Udite?! Le squille che suonano l'ore
a stormo tremendo desiano suonar!
Già mugghia il tremuoto laggiù nella reggia!
S'accampa nei templi superbo il pensier!
Un rosso vessillo nell'aria fiammeggia,
e in mezzo una scritta vi luccica in ner:
le dolci fanciulle che avete stuprato,
i bimbi che in darno vi chiesero il pan,
nel giorno dell'ira, nel giorno del fato,

i giudici vostri, borghesi, saran.

mercoledì 17 dicembre 2014

No Tav. Cade l’accusa di terrorismo, tre anni e mezzo per il sabotaggio

 Oggi nell’aula bunker del carcere delle Vallette è stata pronunciata la sentenza al processo ai quattro No Tav accusati di terrorismo, per un sabotaggio al cantiere di Chiomonte della notte del 14 maggio 2014.
L’accusa di terrorismo è caduta. I quattro, che in aula avevano rivendicato l’azione, sono stati assolti dall’accusa di attentato con finalità di terrorismo. Sono stati condannati a tre anni e mezzo di reclusione per detenzione di armi da guerra, danneggiamento e incendio, resistenza a pubblico ufficiale.
Sono state rigettate integralmente le richieste risarcitorie delle parti civili, il governo e il Sap, il sindacato di polizia di estrema destra, che lamentavano un danno all’immagine.
Il movimento No Tav nell’anno intercorso dall’arresto di Chiara, Claudio, Mattia e Nicolò ha in varie occasioni ribadito che il processo ai quattro No Tav è un processo al movimento nel suo insieme, che ha fatto propria la pratica del sabotaggio non violento.
Centinaia sono state le iniziative di informazione e lotta attuate dai No tav in Val di Susa, a Torino e in tutta la penisola.
I due PM al processo Andrea Padalino e Antonio Rinaudo hanno continuato a sostenere l’accusa di terrorismo, nonostante un pronunciamento in senso inverso della Cassazione: oggi sono stati clamorosamente smentiti.
Il cardine dell’accusa era l’articolo 270 sexies, che definisce la “finalità di terroriamo” indicata negli articoli 280 e 280 bis che i due PM torinesi avrebbero voluto applicare ai quattro No Tav e ad altri tre arrestati a luglio per lo stesso episodio ma accusati di terrorismo solo lo scorso 9 dicembre. A gennaio il tribunale del riesame avrà sul tavolo della sentenza di oggi.
Chiara, Claudio, Mattia e Nicolò sono in carcere da oltre un anno, rinchiusi in regime di alta sicurezza, spesso isolati, lontani dai propri compagni ed affetti, la corrispondenza sottoposta a censura.
In queste settimane numerose sono state le iniziative di solidarietà concreta con gli attivisti sotto accusa:dalle migliaia di No tav che hanno dato vita alla fiaccolata del 7 dicembre a Susa, sino ai blocchi stradali e ferroviari dell’8 dicembre, per giungere ai blocchi di treni a Roma, Vercelli, Trento. In tarda mattinata, dopo la sentenza, la A32 è stata brevemente bloccata da un gruppo di No Tav.
Il movimento No Tav si è dato appuntamento alle 17,30 nella piazza del mercato di Bussoleno, per una prima risposta alla sentenza.
La valle è blindata da questa mattina, numerosi sono i posti di blocco sulle statali e l’autostrada, il dispositivo di sicurezza intorno al cantiere è stato rafforzato. Al di là dell’umana soddisfazione per la caduta dell’accusa più grave, resta una condanna a tre anni e mezzo, per un gesto che, se la parola giustizia avesse un senso, dovrebbe essere elogiato.

martedì 16 dicembre 2014

17 dicembre. I No Tav con Chiara, Claudio, Mattia e Nicolò

Mercoledì 17 dicembre sarà emessa la sentenza nel processo che lo Stato ha intentato contro Chiara, Claudio, Mattia e Nicolò.
Sono in carcere da oltre un anno, rinchiusi in regime di alta sicurezza, spesso isolati, lontani dai propri compagni ed affetti, la corrispondenza sottoposta a censura.
Hanno provato a piegarli. Non ci sono riusciti, hanno provato a mettere in ginocchio un intero movimento. Hanno fallito ancora.
Facciamo un piccolo passo indietro.
Nella memoria della gente che si batte contro il Tav il dicembre del 2005 è una pietra miliare. Tra novembre e dicembre si consumò un’epopea di lotta entrata nei cuori di tanti. Un movimento popolare decise di resistere all’imposizione violenta di un’opera inutile e devastante e, nonostante avesse quasi tutti contro, riuscì ad assediare le truppe di occupazione, costruendo la Libera Repubblica di Venaus. Dopo lo sgombero violento il movimento per qualche giorno assunse un chiaro carattere insurrezionale: l’intera Val Susa si fece barricata contro l’invasore. L’otto dicembre era festa. La manifestazione, dopo una breve scaramuccia al bivio dove la polizia attendeva i manifestanti, si trasformò in una marcia che dopo aver salito la montagna, scese verso la zona occupata mentre lieve cadeva la neve. I sentieri in discesa erano fradici di acqua e fango ma nessuno si fermò. Le reti caddero e le truppe vennero richiamate.
Nel 2011 – dopo la dura parentesi dell’inverno delle trivelle – sono tornati, molto più agguerriti che nel 2005.
Lo Stato non può permettersi di perdere due volte nello stesso posto.
L’apparato repressivo fatto di gas, recinzioni da lager, manganelli e torture si è dispiegato in tutta la sua forza. La magistratura è entrata in campo a gamba tesa. Non si contano i processi che coinvolgono migliaia di attivisti No Tav.
Governo e magistratura non hanno fatto i conti con la resistenza dei No Tav. Non hanno fatto i conti con un movimento che si è stretto nella solidarietà a tutti, primi tra tutti quelli che rischiano di più, i quattro attivisti accusati di attentato con finalità di terrorismo per un sabotaggio in Clarea.
Per loro i PM Padalino e Rinaudo hanno chiesto nove anni e mezzo di reclusione.
Mercoledì 26 novembre un’assemblea popolare ha deciso un nuovo dicembre di lotta. Dopo la buona riuscita della manifestazione del 22 novembre a Torino, il movimento ha dato vita a due giorni di lotta popolare.
Il 7 dicembre migliaia di No Tav hanno partecipato alla fiaccolata che si è dipanata per le vie di Susa, assediando a lungo l’hotel Napoleon, che da anni ospita le truppe di occupazione. La via dell’albergo è stata trasformata in “Via gli sbirri” con nuove targhe apposte dai manifestanti.
Il giorno successivo, dopo le celebrazioni del giuramento partigiano della Garda dell’8 dicembre 1943, l’appuntamento era a Giaglione e Chiomonte per una giornata alle reti del cantiere.
In Clarea il passaggio era bloccato al ponte, ma questo non ha impedito a circa un centinaio di No Tav di raggiungere, guadando alto il torrente, l’area di proprietà del movimento, dove altri erano arrivati sin dalla prima mattina.
La Questura, non paga delle recinzioni e dei cancelli che serrano via dell’Avanà a Chiomonte, ha deciso di chiudere anche il ponte con jersey e truppe con idrante. Dopo la costruzione di un albero di natale no tav fatto dai bambini, a centinaia i No Tav sono risaliti in paese, bloccando a più riprese la statale e interrompendo per una mezz’ora anche il traffico ferroviario. A fine giornata, sul ponte, la polizia ha azionato l’idrante e sparato lacrimogeni. Dai boschi petardi e fuochi d’artificio hanno illuminato la sera.
Per una sintesi dell’ultimo anno di lotta ascolta l’intervista di radio Onda D’urto a Maria Matteo
Il 9 dicembre la Procura ha consegnato in carcere una nuova ordinanza di custodia cautelare a Francesco, Graziano e Lucio, i tre No Tav in carcere da luglio il sabotaggio del 14 maggio 2013, lo stesso per il quale domani sarà emessa la sentenza per gli altri quattro No Tav.
Su questa nuova iniziativa della Procura Anarres ha intervistato, uno dei loro avvocati, Eugenio Losco, del foro di Milano. Con lui abbiamo parlato anche dell’attesa per la sentenza di domani
Domani, dopo il tribunale, che probabilmente si pronuncerà nel primo pomeriggio, l’appuntamento è alle 17,30 in piazza del mercato a Bussoleno.
Se le notizie dal tribunale saranno buone sarà un giorno di festa. In caso contrario la risposta del movimento No Tav sarà forte e chiara.
Forte è stata l’indignazione per la sentenza che ha cancellato la dignità di migliaia di lavoratori e cittadini di Casale Monferrato, torturati a morte e uccisi dai padroni della Eternit. La giustizia dei tribunali, ancora una volta ha mostrato il suo volto di classe, assolvendo chi si è fatto ricco sulla vita dei più.

Qui nessuno è disposto a morire senza resistere, nessuno spera nella giustizia dei tribunali. I No Tav lo hanno imparato negli anni: la libertà non si mendica, bisogna conquistarla.

giovedì 4 dicembre 2014

L’anarchia e il nero

È tipico delle persone senza originalità riciclare le subculture e le simbologie altrui; purtroppo le merdacce nazi-fasciste hanno sempre plagiato dai contesti più inverosimili per autopromuoversi…

E’ successo ai simboli runici, alla civiltà romana, ai canti degli arditi del popolo, al futurismo, alla subcultura skinhead, alla faccia di Che Guevara e di Rino Gaetano (vedasi i poster di Casapound), all’iconografia antifa (vedasi i patetici “autonomi nazionalisti”) e purtroppo anche alla simbologia anarchica, conosciuta assai bene dal piccolo Benito che disgraziatamente aveva per padre un fervente anarchico emiliano.

Per fare chiarezza e restituire il giusto valore storico a simbologie fin troppo abusate, proponiamo un bellissimo scritto di Emma Goldman (1869 – 1940 ) in cui viene illustrato il significato storico-politico del colore nero nella cultura anarchica, decantando il simbolo anarchico per eccellenza: la bandiera nera.

Comparsa nel 1871 sulle barricate della comune di Parigi, la bandiera nera venne scelta come principale simbolo del movimento anarchico attorno al 1880 dalla celebre eroina anarchica Louise Michel, per rimarcare la propria distanza dalle frange istituzionali ed autoritarie del socialismo che militavano sotto la bandiera rossa.

 

Perché la Bandiera nera anarchica

” La bandiera nera è il simbolo dell’Anarchia. Essa provoca reazioni che vanno dall’orrore alla delizia tra quelli che la riconoscono. Cercate di capire cosa significa e preparatevi a vederla sempre più spesso in pubblico… Gli Anarchici sono contro tutti i governi perchè credono che la libera ed informata volontà dell’individuo sia la vera forza dei gruppi e della stessa società.

Gli Anarchici credono nell’iniziativa e nella responsabilità individuali e nella completa cooperazione dei gruppi composti di liberi individui. I governi sono l’opposto di questi ideali, dato che si fondano sulla forza bruta e la frode deliberata per imporre il controllo dei pochi sui molti. Che questo processo crudele e fraudolento sia giustificato da concetti come il diritto divino, elezioni democratiche, o un governo rivoluzionario del popolo conta poco per gli Anarchici. Noi rigettiamo l’intero concetto stesso di governo e ci affidiamo in modo radicale alla capacità di risoluzione dei problemi propria di ogni uomo libero.

Perchè la bandiera nera? Il nero è il colore della negazione. La bandiera nera è la negazione di tutte le bandiere. È la negazione dell’idea di nazione che mette la razza umana contro se stessa e nega l’unità di tutta l’umanità. Il colore nero è il colore del sentimento di rabbia e indignazione nei confronti di tutti i crimini compiuti nel nome dell’appartenenza allo stato. È la rabbia e l’indignazione contro l’insulto all’intelligenza umana insito nelle pretese, ipocrisie e bassi sotterfugi dei governi.

Il nero è anche il colore del lutto; la bandiera nera che cancella le nazioni è anche simbolo di lutto per le loro vittime, i milioni assassinati nelle guerre, esterne ed interne, a maggior gloria e stabilità di qualche maledetto stato. È a lutto per quei milioni il cui lavoro è derubato (tassato) per pagare le stragi e l’oppressione di altri esseri umani. È a lutto non solo per la morte del corpo, ma anche per l’annullamento dello spirito sotto sistemi autoritari e gerarchici. È a lutto per i milioni di cellule grigie spente senza dar loro la possibilità di illuminare il mondo. È il colore di una tristezza inconsolabile… Ma il nero è anche meraviglioso. È il colore della determinazione, della risoluzione, della forza, un colore che definisce e chiarifica tutti gli altri. Il colore nero è il mistero che circonda la germinazione, la fertilità, il suolo fertile che nutre nuova vita che continuamente si evolve, rinnova, rinfresca, e si riproduce nel buio. Il seme nascosto nella terra, lo strano viaggio dello sperma, la crescita segreta dell’embrione nel grembo materno – il colore nero circonda e protegge tutte queste cose…

Così il colore nero è negazione, rabbia, indignazione, lutto, bellezza, speranza, è il nutrimento e il riparo per nuove forme di vita e di relazioni sulla e con la terra. La bandiera nera significa tutte queste cose. Noi siamo orgogliosi di portarla, addolorati di doverlo fare, e speriamo nel giorno nel quale questo simbolo non sarà più necessario.“