..............................................................................................................L' azione diretta è figlia della ragione e della ribellione

Translate

lunedì 25 giugno 2012

Occupare la casa non è reato

-26 settembre 2011 Roma- una sentenza della cassazione ha assolto un occupante abusivo di una casa popolare di proprietà dello iacp in quanto il diritto alla casa rientra nei diritti fondamentali della persona tutelati dall’art. 54 del codice penale.
Da Roma a Milano, da Bologna a Palermo la pratica dell’occupazione della casa è diffusa e sempre più radicata nei quartieri popolari .
La necessità di riconquistare il proprio diritto all’abitare ha avuto negli ultimi 30 anni come unico sbocco la riappropriazione di quegli spazi che vengono quotidianamente sottratti a chi li ha da sempre vissuti.
Con il processo lento ma inesorabile di espulsione dei proletari dai centri storici destinati a diventare quartieri d’elite per l’alta borghesia locale o musei per turisti di lusso, con la cartolarizzazione e la vendita del patrimonio pubblico si è innescato un processo di liberalizzazione del mercato della casa.. Precari, disoccupati, migranti e studenti sono strangolati dagli affitti in continuo aumento in una città in cui l’emergenza abitativa ignorata da troppo tempo cresce di giorno in giorno a causa di una gestione delle politiche abitative orientate a mercificare anche il diritto di tutti e di tutte all’abitare.

DIFENDI GLI SFRATTI
COMBATTI LA PRECARIETA

nel centro storico della città, mentre, nello stesso periodo nascono analoghe cooperative a Roma, Padova, Livorno, Pistoia e Firenze.
Nel 1998 a seguito  dell’ occupazione di un palazzo di proprietà della Regione Lazio, in via Tommaso d’Aquino 11, l’assessore all’urbanistica fa approvare all’unanimità dalla Regione Lazio la prima legge per l’autorecupero del patrimonio pubblico.  L’AUTORECUPERO POSSIBILE
La proposta dell’autorecupero del patrimonio pubblico abbandonato ad uso abitativo viene dai movimenti di lotta per la casa del Nord Europa (Olanda, Inghilterra, Germania)degli anni ’70.
In Italia, i primi a praticarla, costruendo la cooperativa “Chi non occupa preoccupa”, sono i bolognesi che, nel 1982 sono riusciti ad ottenere il primo bando pubblico di alloggi da autoristrutturare da parte di cooperative di senza casa. Da allora sono molte le altre esperienze di occupazione ed auto recupero portate avanti dalle realtà di lotta per la casa a Roma ed in tutta Italia.

L’autorecupero , che  ma efficace, per affrontare il problema della casa anche a Palermo a fronte dei centinaia di appartamenti sfitti e diroccati, per questo invivibili in condizioni dignitose, che riempiono il centro storico.
In questo senso il censimento reale del patrimonio pubblico che potrebbe essere utilizzato per dare il via al progetto dell’autorecupero è il primo passo da compiere.  I futuri assegnatari vengono coordinati da un gruppo di professionisti, dall’infermiere alla segretaria, per poi partecipare in prima persona alle opere di realizzazione di quello che sarà poi la loro casa.può arrivare ad abbattere i costi di un appartamento fino a un massimo del 60%, è un modo, parziale.
Una gestione di questo tipo strapperebbe dalle mani della classe dirigente siciliana una grossa fetta dell’enorme meccanismo economico che riguarda la ristrutturazione del centro storico spesso commissionato, tramite gare d’appalto irregolari ad aziende edili colluse ed intricate con i poteri forti più o meno istituzionali delle nostre città.
Il centro sociale Excarcere rappresenta il luogo ideale in cui sperimentare il primo progetto di autorecupero a Palermo, in primo luogo per la sua posizione in un quartiere popolare del centro storico, L’Albergheria, e la sua vicinanza al mercato più grosso della città.
Il centro sociale Excarcere inoltre da più di 7 anni ha rappresentato e rappresenta in questa città il motore e il laboratorio delle lotte sociali, dalla lotta alla precarietà, alla rivendicazione del reddito garantito, dalla battaglia contro l’inceneritore, alla lotta per il diritto all’abitare.

domenica 24 giugno 2012

Briganti?

Per brigantaggio si suole definire una forma di banditismo caratterizzata da azioni violente a scopo di rapina ed estorsione. Sebbene il fenomeno abbia origini remote ed abbia interessato periodi storici e territori diversi, nella storiografia italiana, con questo termine, ci si riferisce, generalmente, alle bande armate presenti nel Mezzogiorno fra la fine del XVIII secolo e il primo decennio successivo alla proclamazione del Regno d'Italia. In particolare, l'attività brigantesca assunse connotati politici e religiosi con le sollevazioni sanfediste antifrancesi, fu duramente repressa in epoca napoleonica, borbonica e risorgimentale, allorquando, dopo essersi sviluppata ulteriormente, si contrappose alle truppe del neonato Stato italiano. In questa fase storica, all'interno o al di fuori delle bande, agirono, mossi anche da motivazioni di natura sociale e/o politica, gruppi di braccianti ed ex militari borbonici.
Il brigante quindi è inteso, genericamente, come bandito, persona la cui attività è fuorilegge. Spesso sono stati definiti briganti, in senso dispregiativo, combattenti, partigiani e rivoltosi in determinate situazioni sociali e politiche: in particolare briganti furono i personaggi che si opposero con le armi all'instaurazione della monarchia sabauda nel Regno delle due Sicilie.
Le cause della diffusione del fenomeno nacque all'inizio come fenomeno politico in appoggio ai Borboni, ma poi assunse un carattere di protesta sociale.
La prima partorì la seconda.
Gli eventi del 1860-61 (dopo un susseguirsi di occupazioni violente: dai barbari ai normanni, agli svevi, agli angioini, agli aragonesi e ai borboni) vennero accolti dalla popolazione come un ennesimo episodio di sopraffazione e di assoggettamento: il governo piemontese appariva, in definitiva, un altro usurpatore. Quando vennero chiamati a votare per il plebiscito di annessione al Piemonte, molti credettero veramente di andare verso la libertà.
Ma poi l'egoismo e l'arroganza dei padroni (subito passati dall'altra parte per "tenere tutto") legittimarono non solo la nuova amministrazione statale, ma si arricchirono ancora di più quando ci furono le vendite dei beni della Chiesa e del Demanio.

"Chi sono i Briganti? Lo dirò io, nato e cresciuto tra essi. Il contadino non ha casa, non ha campo, non ha vigna, non ha prato, non ha bosco, non ha armento; non possiede che un metro di terra in comune al camposanto. Non ha letto, non ha vesti, non ha cibo d'uomo, non ha farmachi. Tutto gli è stato rapito dal prete al giaciglio di morte o dal ladroneccio feudale o dall'usura del proprietario o dall'imposta del comune e dello stato. Il contadino non conosce pan di grano, nè vivanda di carne, ma divora una poltiglia innominata di spelta (farro), segale omelgone, quando non si accomuni con le bestie a pascere le radici che gli dà la terra matrigna a chi l'ama. Il contadino robusto e aitante, se non è accasciato dalle febbri dell'aria, con sedici ore di fatica, riarso dal sollione, eivolta a punta di vanga due are di terra alla profondità di quaranta centimetri e guadagna ottantacinque centesimi, beninteso nelle sole giornate di lavoro, e quando non piobe, e non nevica e non annebbia. Con questi ottanticinque centesimi vegeta esso, il vecchio padre, spesso invalido dalla fatica già passata, e senza ospizio, la madre, un paio di sorelle, la moglie e una nidiata di figli. Se gli mancano per più giorni gli ottantacinque centesimi, il contadino, non possedendo nulla, nemmeno il credito, non avendo da portare nulla all'usuraio o al monte dei pegni, allora (oh, io mentisco!) vende la merce umana; esausto l'infame mercato, pigli il fucile e strugge, rapina, incendia, scanna, stupra, e mangia. Dir è cosa strana: mi perdonino. Il proletario vuol migliorare le sue condizioni né più né meno che noi. Questo ha atteso invano dalla stupida pretesa rivoluzione; questo attende la monarchia. In fondo nella sua idea bruta, il brigantaggio non è che il progresso, o, temperando la crudezza della parola, il desiderio del meglio. Certo, la vita è scellerata, il modo è iniquo e infame...Ma il brigantaggio non è che miseria, è miseria estrema, disperata: le avversioni del clero, e dei caldeggiatori il caduto dominio, e tutto il numeroso elenco delle volute cause originarie di questa piaga sociale sono scuse secondarie e occasionali, che ne abusano e la fanno perdurare. Si facciano i contadini proprietari. Non è cosa così difficile, ruinosa, anarchica e socialista come ne ha la parvenza. Una buona legge sul censimento, a piccoli lotti dei beni della Cassa ecclesiastica e demanio pubblico ad esclusivo vantaggio dei contadini nullatenenti, e il fucile scappa di mano al brigante...Date una moggiata al contadino e si farà scannare per voi, e difenderà la sua terra contro tutte le orde straniere e barbariche dell'Austro-Francia".
F.S. Sipari di Pescasseroli
Questo scriveva F.S Sipari di Pescasseroli ai censurari del Tavoliere (Foggia 1863)

Scrisse Antonio Gramsci "Lo stato italiano [leggasi sabaudo] è stato una dittatura feroce che ha messo a ferro e fuoco l’Italia meridionale e le isole, squartando, fucilando, seppellendo vivi i contadini poveri che scrittori salariati tentarono di infamare col marchio di briganti."


sabato 23 giugno 2012

Anarchismo, socialismo e liberalismo

L’anarchismo è per definizione un’ideologia sincretica. È nato in contrapposizione al liberalismo e al socialismo proprio perché mentre liberali e socialisti hanno interpretato i valori della libertà e dell’uguaglianza in modo indipendente, esso li ha intesi come valori inscindibili. L’anarchismo ritiene impossibile pensare e attuare l’una, se non pensando e attuando, contemporaneamente, l’altra. Di qui, appunto, la natura sincretica dell’ideologia anarchica: appena si fa riferimento ad un valore, ad un concetto, immediatamente questo richiama tutti gli altri, e tutti non reggono, da un punto di vista anarchico, se non pensando l’uno in riferimento all’altro, e se non pensando l’altro in relazione all’altro ancora. Per spiegare la pro positività anarchica basta perciò rendere evidente la genesi storica di questa sintesi, che nel suo sviluppo ha via via depurato quegli elementi iniziali che si sono resi incompatibili con la loro stessa logica autentica. Essa è stata contemporaneamente una riflessione teorica sui limiti storici e logici dell’ideale liberale e dell’idea socialista e una elaborazione ideologica volta al superamento della parzialità dei loro principi.
Dal punto di vista anarchico si realizza veramente la libertà individuale solo attraverso il completo dispiegamento dell’uguaglianza sociale e si realizza veramente l’uguaglianza sociale solo attraverso il completo dispiegamento della libertà individuale. Insomma, si afferma che per realizzare l’uguaglianza bisogna far leva sulla libertà, per realizzare la libertà bisogna far leva sull’uguaglianza. Per attuare l’una far leva sull’altra, vuol dire portare fino in fondo i loro presupposti, ma per attuare i presupposti di entrambe occorre accettarne del tutto le conseguenze. L’anarchismo, in altri termini, rinfaccia al liberalismo di essere una dottrina parziale della libertà e al socialismo di essere una dottrina parziale dell’uguaglianza. La parzialità consisterebbe nel fatto che tutte due queste dottrine intendono realizzare i loro principi facendo dipendere temporalmente i due valori, nel senso che prima si dà corso all’uno poi all’altro, laddove l’anarchismo ritiene che solo nell’attuazione della loro contemporaneità stia proprio il segreto della loro riuscita.

domenica 17 giugno 2012

Radio Sud 103

… Se una radio è libera ma libera veramente
piace anche di più perché libera la mente …

La mente era libera e l’entusiasmo alle stelle. Anche a Palermo nel 1976 nacquero le prime radio private, tante commerciali e tre libere. La differenza stava che le prime erano organizzate da gente che stava li perché era la moda del momento trasmettendo musica con dediche e tanta pubblicità (lo scopo era incassare soldi), le altre erano fatte da compagni che credevano veramente in questo sistema di comunicazione e di informazione, dando sempre la loro disponibilità e i loro soldi. In quelle tre radio non ci si stava per guadagnare soldi anzi, essendo autogestite, chi collaborava contribuiva anche economicamente alla vita dell’emittente. Queste tre voci libere nell’etere palermitano erano Radio Kasbah, Radio Sud e Radio Apaches. La prima formata da compagni anarchici, radicali e aderenti al movimento studentesco; la seconda della sinistra tradizionale, Lotta Continua, Movimento Lavoratori per il Socialismo e dai movimenti operai; la terza, infine, dagli indiani metropolitani, dal movimento studentesco ed altri cani sciolti.
Le tre radio, chi prima e chi dopo, sono nate verso la fine del 1976. Radio Kasbah è stata concepita una sera di fine ottobre inizi novembre da un gruppo di compagni del III liceo scientifico, quando una sera, incontrandoci a casa di uno di noi, Michelangelo disse: “Apriamo una radio? Forse riesco a procurare un trasmettitore militare che trasmette in FM”.
L’idea fu accolta con tanto entusiasmo, finalmente potevamo far sentire la nostra voce in tutta la città, e potevamo mandare in onda anche della buona musica, visto che il panorama radiofonico cittadino e nazionale lasciava molto a desiderare.
Il trasmettitore era stato procurato nel giro di qualche giorno; non abbiamo mai indagato sulla provenienza, costato poche lire era da 10 watt, pochi ma in quel periodo erano più che sufficienti. Bisognava adesso darsi da fare per trovare il resto del materiale e soprattutto il luogo dove trasmettere. Usammo per l’occasione una baracca in aperta campagna, dove il padre di un compagno coltivava un orto. Su dei pali di ferro lunghi era stata piazzata l’antenna, ed ognuno di noi (per quel poco che poteva) portò il resto del materiale, cavi, microfoni, un registratore, un amplificatore, un mixer. Io ricordo portai un giradischi della Selezione regalatomi da un cugino, grandissimo, ingombrante, ma adattissimo per quello che si doveva fare. Per il mobilio (mobilio?) si andava alla caccia di casse di legno (anche quelli della frutta andavano bene), di chiodi arrugginiti e storti (raddrizzati poi a martellate) strappati dove si poteva. Per le frequenze non c’erano problemi, non c’era ancora un boom di radio, il Ministero delle Poste non si interessava ancora al fenomeno, quindi non incappavi in alcuna sanzione, l’etere era libero. Tutto era pronto, si poteva cominciare, si andava in onda solo al pomeriggio (la mattina c’era la scuola), trasmettevamo sui 96.600 Mhz. Ognuno di noi si portava da casa i dischi o le audio cassette per la musica, nessuna scaletta, tanta libertà tanta fantasia, tanti ideali, congiuntivo libero ed anche qualche imprecazione (l’etere era l’attuale internet). Con Orazio come sigla del nostro spazio avevamo scelto “Peaches en regalia” di Frank Zappa. Era la prima volta che in una radio si sentiva musica simile in modo continuo; Zappa, Cream, Miles Davis, King Crimson, Hendrix, Led Zeppelin, Guccini, Area … e tanta informazione. Si leggeva il giornale e si commentavano gli articoli, si parlava liberamente dei problemi e della vita di quei giorni (il movimento studentesco stava per nascere). Non avevamo il telefono, non ce lo potevamo permettere, bollette da pagare e soprattutto mancava l’allacciamento.
Si andava in giro per la città con una radiolina per sentire dove la nostra voce arrivava ….”A casa mia arriva benissimo” … ”A piazza Croci si sente con tanto fruscio” …”A Borgo Nuovo … non si sente per niente” … È andata avanti per un mese e mezzo due mesi circa, poi un pomeriggio con Orazio andiamo ad aprire la Radio per iniziare le trasmissioni e troviamo la porta del casolare sfondata e tutto il materiale rubato. Avevano lasciato soltanto il trasmettitore e un microfono, quanto bastava per diffondere nei cieli le nostre bestemmie (credo che quella volta non solo pure a Borgo Nuovo ci abbiano sentito, ma la nostra incazzatura penso sia arrivata a farsi sentire anche su Marte e che qualche marziano abbia spento la sua radio inorridito da quei segnali radio che arrivarono da un angolo di Palermo). Si spegne così Radio Kasbah.
Anche radio Apaches ebbe vita breve, dopo la chiusura le attrezzature furono (s)vendute a Peppino Impastato per fondare Radio Aut. Durante le assemblee studentesche alla fine del 1976, esponenti delle tre radio libere, ci ritrovammo e decidemmo di unire le proprie forze le proprie esperienze per dar vita ad un'unica radio del movimento più solida e più costante (24 ore di trasmissione al giorno). Tenendo così le frequenze e i materiali di Radio Sud, nasce Radio Sud 103, Giornale di controinformazione radiodiffuso in FM su 103.500 Mhz.
Era tutta un’altra cosa, buon materiale, trasmettitore più potente (a Borgo Nuovo ci sentivano!!!), telefono e di conseguenza contatti con le altre radio “libere” del movimento per scambiarci notizie e materiali. Si trasmetteva della ottima musica e sopratutto, tra mille difficoltà si cercava di fare e di dare una informazione diversa (controinformazione si chiamava a quei tempi). Eravamo più organizzati, c’era una redazione e un radiogiornale, si andava in giro per la città a cercare le notizie, si intervistava la gente, si andava alle assemblee delle scuole e delle università occupate o alle assemblee degli operi del cantiere navale, si registrava tutto e si mandava in onda; telefonate in diretta senza censura, toccando tutti gli argomenti. Insomma … “Radio Sud 103 … un microfono tra le masse popolari del meridione” come recitava un nostro slogan. Durante i cortei dei compagni per telefono ci davano notizie del loro svolgimento e ci aggiornavano in diretta su eventuali incidenti e/o cariche da parte della polizia. Controinformazione appunto.
È stata dura all’inizio far capire a chi ci ascoltava che la radio, il telefono e le telefonate in diretta non servivano solo per richiedere delle canzoni e fare delle dediche, ma che servivano a far sentire a tutti la propria voce e il proprio pensiero, e cosi tutte le mattine dalle 11,00 con Danilo aprivamo un dibattito con gli ascoltatori fino alle 13,30 (… Facciamolo insieme …il nome del programma) e per stimolare il loro intervento telefonico le prime volte Gigi, che ogni tanto si univa a noi, cominciava la trasmissione con una finta telefonata provocatoria inventando di volta in volta dei personaggi reazionari, stimolando così, chi in quel momento era stato passivamente in ascolto, ad intervenire al dibattito. Questo escamotage è durato poco perché dopo qualche giorno gli interventi telefonici iniziavano spontaneamente. La gente, gli ascoltatori, i compagni e anche i non compagni, gli studenti, gli operai, i lavoratori, i disoccupati di Palermo si erano appropriati del microfono di Radio Sud 103.
Come tante radio libere e non commerciali nate in quel periodo, cominciarono ad arrivare i problemi economici. SIAE, bollette, affitti da pagare e permessi per la trasmissione via etere affossarono Radio Sud 103 e non solo, molte voci libere sparirono e le onde radio furono occupate definitivamente da messaggi commerciali e da stupide canzonette.
Pluralismo ed aggregazione erano i punti fermi dell’esperienza di RADIO SUD 103 e di tutte quelle radio che gravitavano nell’area di sinistra e oltre la sinistra. I problemi economici ed il cosiddetto “riflusso della questione politica” fecero sì che tutte le radio siciliane e buona parte di quelle nazionali che operavano nel sociale, soccombessero all’avvento degli anni 80.
L’invasione delle tv private con tutto il loro bagaglio, rivelatosi negli anni molto sterile, causò che di controinformazione non se ne parlò più. L’informazione che ne è venuta fuori, come si è potuto constatare negli anni a venire, non è stata altro che una informazione controllata – pilotata ed appiattita su solide basi politiche, una volta di centro destra, una volta di centro sinistra, ma sempre controllata – lottizzata manipolata, spesso con operatori assoggettati al ricatto del padrone di turno.



venerdì 15 giugno 2012

La lotta della Val di Susa è anche la nostra


La distruzione di questa piccola valle alpina sull’altare dell’Alta Velocità Economica (traffico merci e passeggeri) è solo una delle condizioni necessarie alla distruzione creatrice di profitto e di potenza per i tecnocrati del Piemonte per arricchirsi mentre i loro abitanti dovranno accontentarsi, nel migliore dei casi, a lavorare come servi al servizio di quadri aziendali e di macchine, in un ambiente devastato dalle infrastrutture.
Si capisce bene che si tratta di distruggere gli uomini e di sconvolgere i territori affinché nell’epoca dell’economia planetaria unificata, quelli che decidono per noi possono continuare a rivaleggiare con quelli che decidono nelle altri parti del mondo. Ma a noi non interessa né il patriottismo e né la guerra economica.
Noi non vogliamo morire di noia e di lavoro al servizio dei nostri generali economici.
Noi siamo vigliacchi, pigri e disfattisti.
Non vogliamo abitare in una “via express” costeggiata da facciate in vetro cromato e da centri commerciali.
Non vogliamo passeggiare in giorni prestabiliti, nella neve coltivata dei parchi artificiali, sotto il radiatore climatico.
Non vogliamo essere dei robot sociali, in quattrocento per km quadrato, allevati in batteria dentro a degli agglomerati urbani intelligenti.
Non vogliamo essere competitivi.
Non vogliamo attirare nessuno, tanto meno gli investitori di capitali. Al contrario, che se ne vadano, ciò farà abbassare i costi dei terreni, degli immobili e della vita.
Noi siamo retrogradi.
Vogliamo i lupi, gli orsi, i ghiacciai, le stagioni.
Vogliamo i contadini nelle nostre campagne.
Vogliamo mangiare quello che produciamo, non quello che arriva con gli aerei, i camion e i treni che distruggono al loro passaggio clima e paesaggio. Così come non vogliamo che le cisterne di latte vadano chissà dove per essere trasformati in formaggi, confezionati in qualche fabbrica europea per essere poi venduti nei supermercati piemontesi.
A noi manca terribilmente l’ambizione: vogliamo mangiare la toma acquistata dal contadino vicino, vorremmo semplicemente vivere in una vera casa con vecchie pietre, tra le nostre montagne, nella nostra valle senza rotaie di ferro, traverse cementate e ferite profonde nella roccia.

giovedì 14 giugno 2012

Neil Young - Ohio


La celebre canzone, un potente brano rock diventato immediatamente un classico, è stata scritta da Neil Young dopo i tragici avvenimenti del 4 maggio 1970, durante i quali quattro studenti vennero uccisi dalla Guardia Nazionale USA nel campus della Kent State University, nello stato dell'Ohio.

Il contesto
La guerra del Vietnam vedeva l'impegno USA ai massimi livelli, circa 500 mila uomini erano impiegati nel piccolo paese del Sud-Est asiatico, senza peraltro riuscire a contrastare la resistenza dei guerriglieri indipendentisti VietCong appoggiati dall'URSS. Per fare un raffronto in Iraq sono stati impiegati 150 mila soldati. La leva era obbligatoria e quindi qualsiasi giovane americano dai 18 anni in su aveva la concreta possibilità di dover fare il servizio militare in zona di guerra, con rischio di morte o ferita in battaglia molto elevato. Alla fine degli otto anni di guerra intensa i morti americani sarebbero stati oltre 50.000, dai quali possiamo stimare 200-250 mila feriti a vario grado. Sempre raffrontati alla guerra in Iraq sono quindi 5-6 volte di più, ma in alcuni anni (in particolare dal '68 in poi, nella fase più intensa della guerra) anche molti di più. Il governo conservatore del presidente repubblicano Richard Nixon era quindi fortemente avversato non soltanto per ragioni di politica interna, ma anche per i concreti effetti della avventura militare in Vietnam, e vedeva negli studenti e nelle università il fronte di opposizione più compatto.

I fatti
Nella Kent State University dell'Ohio (Kent è la capitale dello stato) si svolgeva una delle tante manifestazioni contro la guerra (la protesta si era intensificata dopo l'invasione della Cambogia e quindi l'estensione della guerra, pochi mesi prima), presenti un migliaio di studenti, quando il battaglione G della Guardia Nazionale di stanza in Ohio (circa 70 uomini) aprì il fuoco ad altezza d'uomo, senza motivo apparente. Dopo la breve sparatoria (13 secondi) rimasero uccisi sul terreno quattro studenti, due ragazzi e due ragazze, tutti tra i 19 e i 20 anni, e altri 9 vennero feriti, uno dei quali (Dean Khaler) rimase paralizzato. I nomi degli studenti uccisi sono: Allison Krause (19), William Schroeder (19), Jeffrey Miller (20), Sandra Scheuer (20). Peraltro non tutti gli studenti uccisi partecipavano alla manifestazione, ma soltanto Miller e la Krause, mentre gli altri due erano di passaggio nel campus (stavano andando da una classe all'altra).

I media
Alla manifestazione era presente, quasi per caso, un fotografo, allora semi-professionista, di nome John Filo, si trattava infatti di un evento quasi di routine per quegli anni, e di non grande rilievo numerico. Filo scattò le foto alla guardia nazionale in assetto di guerra, e la foto del manifestante Alan Canfora che si contrappone, solitario, ai soldati, e poi assistette alla sparatoria, pensando che si trattasse di colpi a salve, e continuando a scattare. Quasi meccanicamente fece quindi la celebre fotografia alla studentessa Mary Ann Vecchio (allora quattordicenne) inginocchiata davanti ad uno dei ragazzi uccisi, Jeffrey Miller. Quattro ore dopo John Filo aveva sviluppato la foto e l'aveva trasmessa all'Associated Press. La foto ebbe un effetto mediatico enorme per la sua tragica forza di sintesi accompagnata dagli elementi quotidiani che portavano l'immagine dentro l'esperienza di vita dei lettori delle riviste e dei quotidiani che la pubblicavano, fu utilizzata largamente e vinse il premio Pulitzer per il giornalismo l'anno successivo.
Lo studente Alan Canfora (poco dopo sarà ferito) affronta la Guardia Nazionale schierata (foto John Filo)

Mary Ann Vecchio inginocchiata davanti allo studente Jeffrey Miller (foto John Filo)

Le responsabilità
Si dovrebbe supporre che l'uccisione di quattro studenti bianchi e di buona famiglia (la prima volta negli USA) abbia provocato problemi ai governanti e ai responsabili della guardia nazionale. Invece sia il governatore dell'Ohio William Rhodes, che aveva in precedenza dichiarato di voler fermare con ogni mezzo le proteste, sia il presidente Richard Nixon saranno rieletti senza problemi negli anni successivi (Nixon nel 1972). Anche gli ufficiali e i soldati della Guardia Nazionale, pur se soggetti ad inchieste e processi, non ebbero alcuna conseguenza penale. Vennero assolti quindi a maggioranza in successive cause nel 1974 e 1975 e l'unica forma di compensazione alle famiglie delle vittime e ai feriti fu un contributo di 675 mila dollari offerto nel 1979 dallo stato dell'Ohio per chiudere la vicenda, e una dichiarazione di rincrescimento da parte dei militari (non una ammissione di colpevolezza). L'importo era una semplice stima del costo che avrebbe dovuto affrontare l'amministrazione per continuare a sostenere le varie cause.
La difesa della Guardia Nazionale era incentrata sul fatto che i militari si trovavano in pericolo di vita nella fase cruciale degli scontri, essendo in numero non elevato rispetto agli studenti e in posizione sfavorevole. Si trattava quindi di legittima difesa. Tale spiegazione, pur se scarsamente credibile, essendo gli studenti disarmati e i militari, come si vede in tutte le foto, appostati su una collina, è stata considerata evidentemente sufficiente dalle varie giurie popolari che si sono succedute nell'esame dei fatti. A comprova della pericolosità degli studenti si è sostenuto che nei giorni precedenti si erano verificati altri incidenti anche gravi (è vero, incluso un tentativo di incendio alla sede del presidio militare) e che alcuni studenti avevano lanciato sassi contro i militari, poiché questi indossavano maschere anti-gas per un ordine degli ufficiali (non si capisce in base a quali ipotetiche minacce, forse bottiglie molotov fumogene) avrebbero scambiato i colpi dei sassi come proiettili sparati da grande distanza. Gli studenti presenti invece hanno sempre negato di aver tirato sassi o qualsiasi altro corpo contundente e, d'altra parte, dalle foto si può vedere che la zona degli scontri è un classico campus americano, completamente coperto da prati e stradine asfaltate, e non si vede dove avrebbero potuto reperire sassi in quantità tale da rappresentare un pericolo. Risulta anche incongrua la distanza dei manifestanti (100-150 metri) per un lancio di sassi a mani nude.
A distanza di tempo appare chiaro che, come avvenuto purtroppo in molti altri casi, i militari, male addestrati, mal diretti e nervosi per la situazione di tensione che continuava da giorni, hanno semplicemente perso la testa e fatto prevalere, almeno nei pochi (12-13) che hanno effettivamente sparato ad altezza d'uomo, la loro avversione per i manifestanti. Dopo di che l'amministrazione militare e della giustizia si è attivata per la usuale operazione di copertura delle responsabilità.

La canzone
Il brano venne composto da Neil Young pochi giorni dopo i fatti, osservando il servizio fotografico della rivista Life. Subito uscito come singolo a nome del gruppo Crosby, Stills, Nash & Young (Find The Cost Of Freedom di Stephen Stills era il lato B) e quindi inserito nel fortunato doppio album live "Four Way Street", è entrato immediatamente nel circuito radiofonico FM USA diventando un classico ed uno dei brani rock più noti di sempre.

Tin soldiers and Nixon coming,
we're finally on our own.
This summer I hear the drumming,
four dead in Ohio.
Gotta get down to it
soldiers are gunning us down
should have been done long ago.
What if you knew her
and found her dead on the ground
how can you run when you know?
Gotta get down to it
soldiers are gunning us down
should have been done long ago.
What if you knew her
and found her dead on the ground,
how can you run when you know?
Tin soldiers and Nixon coming,
We're finally on our own.
This summer I hear the drumming,
Four dead in Ohio.
Nixon sta arrivando con i (suoi) soldatini di piombo
noi finalmente siamo (uniti) da questa parte.
In questa estate sento il rullo dei tamburi,
quattro morti nell'Ohio.
Dobbiamo rendercene conto,
i soldati ci stanno prendendo a fucilate,
“dovevano farlo già molto tempo fa.”(1)
Cosa diresti se tu la conoscessi
e la trovassi morta per terra,
come puoi scappare quando lo sai?
Dobbiamo rendercene conto,
i soldati ci stanno prendendo a fucilate,
“dovevano farlo già molto tempo fa. ”(1)
Cosa diresti se tu la conoscessi
e la trovassi morta per terra,
come puoi scappare quando lo sai?
Nixon sta arrivando con i (suoi) soldatini di piombo
e noi finalmente siamo (uniti) da questa parte.
In questa estate sento il rullo dei tamburi,
quattro morti nell'Ohio.


Note alla traduzione
(1) "Should have been done long ago" (dovevano farlo già molto tempo fa) echeggia la opinione dei benpensanti e dei reazionari riguardo alle molte manifestazioni di protesta di quegli anni, Neil Young vuole così stigmatizzare i risentimenti che potevano essere all'origine dell'azione inconsulta di alcuni militari. Letteralmente "Dovrebbe essere stato fatto molto tempo fa".





mercoledì 13 giugno 2012

Il rock di Patti Smith

Il rock può ancora cambiare il mondo? No ma può spingere le persone a farlo.
“… Penso che le persone possono cambiare il mondo. Penso che il rock’n’roll possa far capire qualcosa che magari le persone hanno dentro ma non sanno di possedere. Credo che la musica possa essere ancora un veicolo molto importante per le nuove generazioni. La globalizzazione ha portato persone lontane migliaia di chilometri a utilizzare lo stesso oggetto o a conoscere la stessa cosa. Spesso però, si tratta di cose futili o del tutto stupide. Il messaggio culturale che deve passare è ancora lo stesso che arrivò a me, adolescente del New Jersey, una terra senza cultura, dove tutto quello che apprendevo arrivava dalla radio. La radio mi diceva cos’era la guerra in Vietnam e perché decine di persone come me perdevano la vita per una causa ignobile o per protesta verso un governo criminale. La radio mi faceva sentire Ohio di Neil Young, davano uno scopo alla mia esistenza. Per questo una canzone non può cambiare il mondo, ma può spingere le persone a farlo...”

Patti Smith

sabato 9 giugno 2012

San Michele aveva un gallo di Paolo e Vittorio Taviani

“San Michele aveva un gallo, bianco rosso, verde e giallo …”

San Michele aveva un gallo si situa nell’ultimo quarto del secolo scorso. L’eroe, Giulio Manieri, che ha studiato matematica ma vive facendo il gelataio partecipa verso il 1880 a delle azioni di propaganda del fatto organizzati in differenti villaggi dagli anarchici internazionalisti. Arrestato dalla polizia viene condannato a morte e vede la sua pena commutata in detenzione a vita. Giulio vive gli anni di isolamento senza nessun contatto. Sopravvive immaginando. La cella si riempie delle parole sue e dei compagni, di suoni e rumori. Passa dieci anni fra le quattro mura di una cella prima di essere trasferito in una nuova prigione: nel corso del viaggio sulla laguna di Venezia egli incontra degli altri prigionieri e si suicida dopo aver preso conoscenza della sua incapacità di adattarsi alle nuove forme che hanno preso il pensiero e l’azione rivoluzionaria. Il suicidio per Giulio è l’ultima affermazione della sua personalità e della forza delle sue convinzioni.
Il film mette a confronto due diverse concezioni di lotta politica in vista della realizzazione di una società più giusta. Giulio Manieri incarna il socialismo anarchico, insofferente di ogni forma di gerarchia e di progetto a lunga scadenza e proteso all'immediata conquista del potere attraverso l'insurrezione armata: si tratta di una visione spontaneistica e fortemente volontaristica della lotta di classe, incentrata sulla pratica clandestina e lo scontro frontale con lo Stato; il gruppo di prigionieri politici dell'altra barca simboleggia, invece, il socialismo scientifico d'ispirazione marxista che, sulla base di una visione gradualista del divenire storico, assume tempi più lunghi per la rottura rivoluzionaria ed indica nella lotta legalitaria per le riforme e nel partito politico fortemente organizzato gli strumenti privilegiati d'azione.
I fratelli Taviani propongono la loro idea di cinema dialettico sia dal punto di vista dei contenuti, sia della forma. Ne esce un film asciutto e nudo, che fa della povertà produttiva una risorsa.
Cinema politico e civile degli anni settanta fatto per aprire discussioni, provocare crisi e far riflettere, senza dare risposte definitive e rassicuranti.

giovedì 7 giugno 2012

Alice è il diavolo


Radio Alice è stata un'emittente radiofonica bolognese d’intervento politico militante di metà anni settanta e una delle più note radio libere italiane.
Concepita nel 1975 durante il periodo di esplosione delle radio libere da un gruppo di amici, la radio inizia a trasmettere il 9 febbraio 1976 sulla frequenza fm 100.6 MHz, utilizzando un trasmettitore militare in precedenza usato su di un carro armato americano, reperto della Seconda guerra mondiale.
Lo studio della radio è una soffitta di due locali di via del Pratello 41, nel centro di Bologna e il nome è ispirato dalla protagonista del libro di Lewis Carroll Alice nel Paese delle Meraviglie, ma anche dalla figlia di Dadi Mariotti, una delle poche donne "fondatrici".
La piccola emittente radiofonica dell'"ala creativa" del movimento vuole farsi portavoce della "comunicazione liberata": di qui le decisioni di aprire il microfono a chiunque e di trasformare la radio in strumento di produzione culturale attraverso l'organizzazione di concerti e di raduni giovanili.
La radio viene chiusa dalla polizia con una irruzione nella sede di Via del Pratello la sera del 12 marzo 1977. Vengono arrestati tutti quelli che in quel momento sono presenti con l'accusa, poi rilevatasi infondata, di avere diretto via etere i violenti scontri all'indomani dell'uccisione dello studente Francesco Lorusso per mano della polizia.
I redattori della radio che non riescono a fuggire durante l'irruzione negli studi vengono arrestati e gli apparati di trasmissione vengono distrutti. Tutti gli arrestati vengono portati in questura, dove sono pestati violentemente, e poi vengono trasferiti nelle carceri di San Giovanni in Monte; verranno poi prosciolti dalle accuse mosse nei loro confronti: viene dimostrato come infatti non avessero diretto gli scontri bensì dato notizie in diretta sugli scontri stessi. L'inchiesta contro il carabiniere che aveva sparato a Lorusso e il capitano che lo comandava si conclude con l'archiviazione del caso.
Radio Alice riapre circa un mese dopo e continua le trasmissioni per ancora un paio d'anni, ma senza l'apporto degli originali fondatori. La frequenza della radio sarà poi ceduta a Radio Radicale.
Radio Alice è spesso ricordata come la "radio degli autonomi", ma in realtà ha rappresentato un singolare e originale esperimento di comunicazione: priva di redazione e di palinsesto fisso, annunciava la rivoluzione mediatica che stava per irrompere attraverso l'uso continuo e incondizionato della diretta telefonica (mai usata con tale audacia in Italia). Nella sua breve vita le istanze politiche si mescolavano a pratiche artistiche ed esistenziali in un flusso di comunicazione privo di pubblicità, trasmissioni e organigrammi.
Tutto meritava di essere trasmesso: brandelli di libri, comunicazioni sindacali, poesie, lezioni di yoga, analisi politiche, dichiarazioni d'amore, commenti ai fatti del giorno, ricette, favole della buonanotte, liste della spesa, la musica dei Jefferson Airplane, degli Area, dei Fugs o di Beethoven. Le trasmissioni si aprivano e si chiudevano sempre col brano Lavorare con lentezza del cantautore pugliese Enzo Del Re.



Questo sono le ultime voci diffuse: sabato 12 marzo 1977, ore 23.15

ANTEFATTO: verso le 11 di sera del 12 Marzo, in radio ci sono una ventina di compagni, si discute degli scontri e della situazione di piazza, sia in onda, sia fra persone.

Al momento la città è calma, le forze dell'ordine si sono ritirate dalla zona universitaria e sembra che si stia andando verso una riduzione del livello dello scontro.
All'improvviso dei violenti colpi alla porta annuciano l'arrivo della polizia, i compagni decidono di fuggire dai tetti, in redazione rimangono Valerio e Mauro Minnella per proteggere le apparecchiature e Antonio Fresca e Paolo Saponara (occasionalmente presenti anche se non sono redattori della radio) che non se la sentono di affrontare nel buio i tetti di Bologna.
La trasmissione inizia con rumori di sottofondo, con grande casino, sedie spostate, gente che si muove nella stanza.
Un compagno: ... portate via questo
Valerio dall'altra stanza: Avete il mandato?
voce di poliziotto: Si
Si sente lo squillo del telefono:
Mauro al telefono: Alice?
Valerio dall'altra stanza: Fai vedere?
voce di poliziotto: Si, apri la porta
Valerio dall'altra stanza: Prima voglio vedere il mandato.
Mauro al telefono: Metti giù c'e' la polizia, qui sopra da noi.
Antonio: Scappiamo di sopra, scappiamo lì.
Mauro: Piano, ragazzi.
Un compagno: Su, su aspettate. Non aprite, non aprite fin quando non arriva qualcuno ...
Di nuovo il telefono:
Mauro al telefono: Pronto, Alice?
Valerio: C'hanno le pistole puntate, non apriamo un cazzo ...
Mauro: Si, c'e' la polizia, se trovi qualcuno del collettivo giuridico di difesa, immediatamente qui!
Un compagno: No, ma non scappate dalla finestre
(casino)
Mauro al telefono: Non me frega niente ....(casino) Ascolta, e' più importante ... Ascolta lascia giù ti prego.
Attenzione, a tutti gli avvocati, a tutti i compagni che ci sentono, che si mettano in comunicazione con gli avvocati. Attenzione a tutti i compagni che ci sentono: tentino di mettersi in comunicazione con l'avvocato Insolera e con gli altri del Collettivo Giuridico di difesa.
voce di sottofondo: Ci spara la polizia, ci sparano!
Mauro: Daniela, se sei alla radio stai calma!
Antonio: No dove andate.
Valerio: ... Fai quel numero di telefono Mauro: Non va bene questo. Questo qui, Gamberini 51...
Valerio: Casa? Mauro: Si, ... 51...
Valerio: ... voi siete puliti? voce dal fondo: Si, si
Mauro: 80 ... Ancora un appello di radio Alice, radio Alice ha la polizia alle porte e tutti i compagni del Collettivo giuridico di difesa, per favore, si precipitino qui in via Pratello.
......
Mauro: Risponde nessuno?
Valerio: Non risponde nessuno.
Mauro: Attenzione, tutti i compagni del Collettivo Giuridico di difesa, telefonino alla radio e si precipitino immediatamente qui.
(squilla il telefono)
Mauro al telefono: Pronto sì.
Polizia: Aprite! (rumore di colpi).
Mauro al telefono: Mauro, ascolta (ancora rumori di colpi più forti) c'e' la polizia qui, stiamo aspettando gli avvocati...
Attenzione, qui ancora Radio Alice stiamo aspettando che arrivino gli avvocati per poter fare entrare la polizia.
C'e' la polizia che sta tentando di sfondare la porta in questo momento (rumore di colpi) ... Non so se sentite i colpi per radio (rumori di fondo confusi) ... abbassa il coso...
Valerio al telefono: Si c'e' la polizia alla porta che tenta di sfondare, hanno le pistole puntate e io mi rifiuto di aprire, gli ho detto finché non calano le pistole e non mi fanno vedere il mandato.
E poi siccome non calano le pistole gli ho detto che non apriamo finché non arriva il nostro avvocato. Puoi venire d'urgenza, per favore, ti prego d'urgenza, ti prego...c'hanno le pistole e i corpetti antiproiettile e tutte ste palle qua...via del Pratello 41... OK! ti aspettiamo... ciao.
Valerio: Digli... Mauro! stai basso!!!
Mauro urla alla polizia: Gli avvocati! Un momento che stanno arrivando gli avvocati!
(telefono)
Un compagno: Telefono!
Mauro alla polizia: Dopo quando ci sono gli avvocati.
(Ancora telefono)
Mauro al telefono: Alice
Un compagno: Dio boia, che sfiga
Mauro: Si ascolta, abbiamo la polizia qui alla porta, lascia giù per favore il telefono.
Valerio: Attenzione, qui e' sempre radio Alice, abbiamo la polizia fuori dalla porta (campanello) con i corpetti antiproiettile, con le pistole in mano e tutte ste cose qua e stiamo aspettando i nostri avvocati. Ci rifiutiamo assolutamente di far entrare la polizia finché i nostri avvocati non sono qua. Perché loro puntano le pistole e cose del genere e non sono assolutamente cose che noi possiamo accettare... va beh, prego i compagni di radio Città,se stanno ritrasmettendo come mi pare il nostro programma, se per favore ci danno l'avviso, via radio li sto ascoltando.
Mauro: Tutti i compagni, tutti i compagni in Piazza Maggiore prima di mezzanotte, assolutamente.
Radio Città, che telefoni qui a Radio Alice.
(telefono) Pronto?
Valerio: Radio Città che telefoni a radio Alice, per favore, radio Città che telefoni qui a radio Alice per favore o che avvisi di essere in ascolto e di stare ritrasmettendo questa cosa, eh... attraverso la radio, per favore... stiamo ascoltando. Però non riusciamo a capire se è un nostro rientro o se sono loro che ritrasmettono, per favore radio Città date la voce.
(telefono)
Mauro: Radio Città, attenti allora amici di radio Città, telefonate compagni...
(telefono) Pronto?
Valerio: Comunque compagni la situazione è stabile.
Mauro al telefono: No, Signora, stiamo solo aspettando gli avvocati.
Valerio: La situazione e' stabile, la polizia e' sempre fuori che aspetta di entrare sempre con i corpetti antiproiettile, sempre con le pistole puntate.
Mauro al telefono: Ne sta arrivando uno ...
Valerio: Hanno detto che sfonderanno la porta e cose di questo genere
(voci) Preghiamo tutti i compagni che conoscono avvocati di telefonargli e dirgli che siamo assediati dalla polizia in questa maniera, non so se avete visto il film eh... porca vacca come cazzo si chiamava... quello di Bohl... quello sulla Germania... ...il caso Katharina Blum! Ecco gli stessi identici elmetti, gli stessi identici giubbotti antiproiettile, le Berette puntate e cose di questo genere, veramente assurdo, veramente incredibile, (voci) veramente da film (ancora voci di fondo), giuro che se non battessero alla porta qui fuori penserei di essere al cinema...
Mauro dal fondo: non ce l'ho sottomano, ascolta nessuno sa il numero di radio Città?
Valerio: 34 64 58.
Valerio: Stiamo aspettando ancora l'arrivo del compagno. Siamo in quattro qui su alla radio che, niente... che facciamo lavoro di controinformazione e siamo qui che aspettiamo la polizia per vedere che cazzo fa.
(voci concitate e rumori) Per il momento sembrano tranquilli, non fanno tanto casino, si sono calmati, hanno smesso di picchiare contro la porta, si vede che la ritengono molto robusta... eh, mi dai un disco che mettiamo su un po' di musica, porco dio.
(Squilla il telefono)
Mauro: Alice...
Valerio: Il telefono qui e' a getto continuo, veramente a getto continuo...
ecco qui Beethoven se vi va bene, bene, se no seghe...
Mauro: No, Calimero è andato via, si...
Dal fondo: dio boia, lo sapevo, lo sapevo
Mauro al telefono: No, ascolta, sono da solo, c'e' la polizia qui che sta battendo sulla porta.
(Musica)
Valerio: Un po' di musica di sottofondo
(continua la musica)
Mauro: Non lo so, ascolta, non so nemmeno se vado a dormire, stanotte... Che rottura di palle, anche lei lì...
Antonio: Dai vagli mo a dire che aspettiamo gli avvocati...
(si sente casino e colpi forti)
Valerio: Dunque la polizia ha ricominciato a battere alla porta, continua a urlare di aprire.
Mauro alla polizia: Stanno arrivando!!! Stanno arrivando!!!
Valerio a Mauro: Stai attento! Stai giù!!!
Polizia: Porco dio, aprite, aprite!!!
(Si sente un gran casino)
Mauro alla polizia: Stanno arrivando gli avvocati, aspettate cinque minuti, sono qua per strada.
Polizia: Entriamo dentro state pronti!!!
Mauro: fai sentire i colpi
Valerio: Gli unici commenti sono: Porco dio, aprite e cose di questo genere...
(Squilla il telefono) Alice!
Polizia: State con le mani in alto, mani in alto.
Valerio al telefono mentre la polizia entra: Non so chi sia Alberto, no, non sono Matteo, senti c'è la polizia alla porta...
(Casino)
Antonio: Sono entrati, sono qui!!!
Valerio: Sono entrati!!! sono entrati!
Siamo con le mani alzate, sono entrati, siamo con le mani alzate...
(Casino, rumori di attrezzature smosse)
Valerio: Ecco, stanno strappando il microfono...
Polizia: Mani in alto eh!
Valerio: Ci abbiamo le mani in alto. Stanno strappando il microfono
(Casino) ... hanno detto ... (Casino) questo è un posto del mandato...
... SILENZIO ...