..............................................................................................................L' azione diretta è figlia della ragione e della ribellione

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lunedì 29 marzo 2021

150 anni fa ... La dichiarazione della Comune del 29 marzo

Parigi vuole:

L’autonomia assoluta del Comune estesa a tutte le località della Francia, autonomia che assicuri a ciascuno l’interezza dei suoi diritti e ad ogni Francese il pieno esercizio delle sue facoltà e delle sue attitudini come uomo, come cittadino, come lavoratore.

L’autonomia del Comune non avrà per limite che il diritto d’autonomia eguale per tutti gli altri Comuni aderenti al contratto, l’associazione dei quali deve assicurare l’unità francese.

I diritti del Comune sono:

Il voto del bilancio comunale, entrate e spese, la fissazione e la ripartizione delle tasse, la direzione dei servizi locali, l’organizzazione della sua magistratura, della polizia interna e dell’insegnamento, l’amministrazione dei beni appartenenti al Comune.

La scelta, per elezione l o per concorso, con la responsabilità e il diritto permanente di controllo e di revoca, dei magistrati ed ufficiali comunali d’ogni ordine.

La garanzia assoluta della libertà individuale, della libertà di coscienza e la libertà del lavoro.

L’intervento permanente dei cittadini negli affari comunali mediante la libera manifestazione delle loro idee, la libera difesa dei loro interessi, garantite, tali manifestazioni e difese, dalla Comune, sola incaricata di sorvegliare e d’assicurare il libero e giusto esercizio del diritto di riunione e di pubblicità.

L’organizzazione della difesa della città, nonché l’organizzazione della Guardia Nazionale, che elegge i suoi capi e veglia essa sola al mantenimento dell’ordine nella città.

Parigi non vuole altre garanzie locali, a condizione, ben inteso, di trovare nella grande amministrazione centrale (rappresentanza dei Comuni confederati) l’attuazione e la pratica degli stessi principi.

A favore della sua autonomia, e approfittando della sua libertà d’azione, Parigi si riserba di operare, come esso vorrà, in casa sua, le riforme amministrative ed economiche, che reclama la sua popolazione, di creare delle istituzioni proprie a svolgere e a propagare la istruzione, la produzione, il cambio, il credito; a rendere di tutti il potere e la proprietà secondo la necessità del momento, il voto degli interessati e i suggerimenti dell’esperienza.

I nostri nemici s’ingannano, o ingannano il paese, quando accusano Parigi di voler imporre la sua volontà o la sua supremazia sul resto della nazione e di attentare alla sovranità ed alla indipendenza degli altri Comuni.

Essi s’ingannano od ingannano il paese quando accusano Parigi di volere la distruzione dell’unità francese, unità voluta dalla rivoluzione.

L’unità politica, come la vuole Parigi, è l’associazione volontaria di tutte le iniziative locali, il concorso spontaneo e libero di tutte le energie individuali in vista di un bene comune: il benessere, la libertà, la sicurezza di tutti.

La rivoluzione comunale, cominciata dall’iniziativa popolare del 18 di marzo, segna la fine del vecchio mondo governativo e clericale, del militarismo, della burocrazia, dello sfruttamento, dell’usura, dei monopoli, dei privilegi, a cui le classi che lavorano, a cui i proletari, devono la loro servitù, e la patria le sue sventure e i suoi disastri.

Noi abbiamo la missione, conchludeva la Comune, di compiere la rivoluzione moderna, la più larga e la più feconda di tutte quelle che illuminarono la storia.

Noi abbiamo il dovere di lottare e di vincere.


sabato 27 marzo 2021

150 anni fa ... La dichiarazione fatta alla prima seduta della Comune

Cittadini,

La nostra Comune è costituita.

Il voto del 26 Marzo sanziona la repubblica vittoriosa.

Un potere vigliaccamente oppressore vi aveva preso alla gola: voi dovevate, nella vostra legittima difesa, respingere questo governo che voleva disonorarvi imponendovi un re.

Oggi, i delinquenti, che voi non avete voluto nemmeno perseguitare abusano della vostra magnanimità per organizzare alle porte della città un focolare di cospi­razione monarchica. Invocano la guerra civile, mettendo in opera tutte le corruzioni; accettando tutte le complicità osando mendicare persino l'appoggio dello straniero.

Noi ci appelliamo contro questi raggiri al giudizio della Francia e del mondo.

Cittadini,

Voi ci avete dato delle istruzioni che sfidano tutti i tentativi.

Voi siete padroni del vostro destino. Forte del vostro appoggio, la rappresentanza che avete eletta riparerà ai disastri causati dal potere caduto: l'industria compromessa, il lavoro sospeso, i trattati di commercio paralizzati, stanno ora per riavere nuovo vigoroso impulso.

Fin da oggi è stabilita l'attesa deliberazione sugli affitti;

Domani avrete quella sulle scadenze;

Tutti i servizi pubblici ristabiliti e riformati;

La Guardia Nazionale, sarà d’ora in poi la sola forza armata della città, riorganizzata senza indugio.

Questi saranno i nostri primi atti.

Gli eletti del Popolo altro non domandano, per il trionfo della repubblica, che di essere sostenuti dalla vostra fiducia.

Quanto ad essi, faranno il proprio dovere.


giovedì 25 marzo 2021

150 anni fa … Manifesto dell'appello del Comitato Centrale della Guardia Nazionale, 25 marzo 1871

 

REPUBBLICA FRANCESE

LIBERTÀ - UGUAGLIANZA – FRATERNITÀ

 

COMITATO CENTRALE

 

 

 

ELEZIONI ALLA COMUNE

 

CITTADINI,

La nostra missione è terminata; cederemo il posto nel vostro Hôtel de Ville ai vostri nuovi eletti, ai vostri rappresentanti regolari.

Aiutati dal vostro patriottismo e dalla vostra dedizione, siamo stati in grado di portare a compimento il difficile lavoro svolto a vostro nome. Grazie per il vostro supporto perseverante; la solidarietà non è più una parola vuota: la salvezza della Repubblica è assicurata.

Se i nostri consigli possono avere qualche peso nelle vostre risoluzioni, permettete ai vostri più zelanti servitori di farvi sapere, prima dello scrutinio, cosa si aspetta dal voto di oggi.

 

CITTADINI,

Tenete presente che gli uomini che vi serviranno meglio sono quelli che scegliete tra di voi, che vivono la vostra propria vita, soffrendo degli stessi mali.

Diffidate tanto l’ambizioso quanto l’arricchito; entrambi consultano solo il proprio interesse e finiscono sempre per considerarsi indispensabili.

Diffidate anche degli oratori, incapaci di agire; sacrificheranno tutto ad un discorso, ad un effetto oratorio o ad una parola spirituale. - Evitate anche quelli che la fortuna ha favorito troppo, perché troppo raramente colui che possiede la fortuna è disposto a considerare l'operaio come un fratello.

Infine, cercate uomini con convinzioni sincere, uomini del Popolo, risoluti, attivi, con il giusto senso e una riconosciuta onestà. - Portate le vostre preferenze su coloro che non ambiscono il vostro suffragio; il vero merito è la modestia, e spetta agli elettori conoscere i loro uomini, e non a questi di presentarsi.

Siamo convinti che, tenendo conto di queste osservazioni, avrete finalmente inaugurato la vera rappresentazione popolare, avrete trovato dei rappresentanti che non si considereranno mai i vostri padroni.


Hôtel de Ville, 25 marzo 1871.  Il Comitato centrale della Guardia nazionale:

 

AVOINE fils, ARNAUD, G. ARNOLD, ASSI, ANDIGNOUX, B0UIT, Jules BERGERET, BABICK, BAROUD, BILLIORAY, L. BOURSIER, BLANCHET, CASTIONI, CHOUTEAU, C. DUPONT, FABRE, FERRAT, FLEURY, FOUGERET, C. GAUDIER, GOUHIER, H. GERESME, GRELIER, GROLARD, JOSSELIN, Fr. JOURDE, LAVALETTE, HENRY (Fortuné), MALJOURNAL, Édouard MOREAU, MORTIER, PRUDHOMME, ROUSSEAU, RANVIER, VARLIN.

martedì 23 marzo 2021

La strage del Diana

Il 23 marzo 1921 un gruppo di anarchici milanesi, convinto sulla base di informazioni volutamente false, di poter colpire Gasti, il questore di Milano, fa esplodere un potentissimo ordigno all’esterno del teatro Diana. L’esplosione causa ventuno morti e più di centocinquanta feriti, ma ad essa scampa l’obiettivo principale. Gli autori del gesto, da tempo esasperati per la ingiusta detenzione dei redattori del quotidiano Umanità Nova, Borghi, Malatesta e Quaglino, vogliono richiamare l’attenzione sulle condizioni di salute dei tre detenuti. Costoro, infatti, nonostante l’avanzata età di Errico Malatesta, hanno appena iniziato uno sciopero della fame ad oltranza, per protestare contro le pretestuose lungaggini dei tempi processuali. Naturalmente, invece di far nascere un qualsiasi moto di solidarietà nei confronti del vecchio anarchico e dei suoi compagni di galera, il sanguinoso attentato genera un profondo moto di orrore, che si riverbera in nuove accuse e rinnovati, durissimi, attacchi a tutto il movimento anarchico.

Nessuno degli scopi che gli attentatori si sono prefissi viene raggiunto: la borghesia non si fa intimidire, ma diventa ancora più determinata nel combattere «la canaglia rossa»; i fascisti ne approfittano per compiere nuove e più selvagge azioni, quali la distruzione delle sedi di Umanità Nova e L’Avanti!; Malatesta e compagni restano in prigione, oppressi oltretutto da quanto avvenuto in loro nome; centinaia di persone assolutamente innocenti ci rimettono la pelle o l’integrità fisica; Gasti si fa ancora più infame e potente; il movimento anarchico viene isolato e sottoposto a feroci repressioni. Degli esecutori materiali, Giuseppe Mariani e Giuseppe Boldrini sono condannati all’ergastolo, mentre Ettore Aguggini si busca 30 anni di galera. Numerosi altri anarchici, pur estranei all’attentato, subiscono pesanti condanne che vanno dai 5 ai 18 anni.

Di quanti furono coinvolti nella «faccenda del Diana», l’unico che ne ha scritto è Giuseppe Mariani. Nel 1953 ha infatti pubblicato un primo libro, Memorie di un ex-terrorista, seguito, l’anno successivo, da Nel mondo degli ergastoli. Colpisce leggendo quelle pagine, così cariche della tragedia che ne ha distrutto l’esistenza, non ci sia una sua parola, una sua sola parola a giustificazione di quanto commesso. Evidentemente i 27 anni trascorsi in galera, spesi nello studio e nella riflessione, avevano profondamente cambiato l’uomo, e il suo anarchismo, rimasto integro come negli anni della giovinezza, si era maturato nel rifiuto di ogni forma di gratuita violenza.

Peppino Mariani fu graziato nel 1948, dietro l’interessamento del suo ex compagno di detenzione, e futuro presidente della Repubblica, Sandro Pertini. Trasferitosi a Sestri Levante, vi aprì una libreria, che gli permise di vivere, poveramente ma con grande dignità, fino al 1974, anno in cui si spense.

“Prima però di scendere nei particolari di quel tragico fatto ritengo necessario dire subito, anche se nelle spiegazioni successive risulterà maggiormente evidente, che senza l’arbitraria e prolungata detenzione in carcere di Errico Malatesta, l’attentato non solo non sarebbe mai stato fatto, ma neppur pensato.

Se le nostre precedenti attività terroristiche lasciano supporre in noi una formazione mentale predisposta ad azioni del genere, abbiamo anche esplicato altre attività che dimostrano tutto il contrario: la nostra partecipazione a tutte le lotte sindacali, alle agitazioni e manifestazioni collettive e alla preparazione della rivoluzione. Nel marzo del 1921 la nostra volontà era galvanizzata non solo dal fatto particolare di Malatesta detenuto e in stato di rivolta con lo sciopero della fame, ma da tutto il fermento politico e sociale del momento di cui, si può dire, noi eravamo il prodotto e l’espressione.  Se poi le circostanze, trascendendo volontà e propositi, fanno seminare la morte dove si vorrebbe la pace, non diremo la solita frase con la quale gli storici da strapazzo hanno sempre creduto di giustificare i delitti di tutti i tiranni: “ Fate il processo alla storia ”. Ma diremo invece, come nel suo interrogatorio ebbe a dire il mio povero compagno Aggugini: “ Noi piangiamo sulle vittime del Diana, mentre voi non piangete mai su tutte le vittime che il vostro sistema sociale semina tutti i giorni a migliaia”.

(Tratto da: Giuseppe Mariani, Memorie di un ex-terrorista, Torino, 1953.)

23 marzo 1944: azione partigiana a Via Rasella

Giovedì 23 marzo 1944: Rosario Bentivegna, partigiano dei Gap, gruppi di azione patriottica, gira per Roma vestito da netturbino,  trainando un carretto di ferro che contiene immondizia. In mezzo all'immondizia sono nascosti 18 chili di tritolo, attaccati ad una miccia.

Alle due del pomeriggio arriva a via Rasella, dalla quale sarebbero dovuti passare da lì a poco gli occupanti tedeschi. L'undicesima compagnia del SS-Polizeiregiment "Bozen" , formata da circa centocinquanta soldati, arriva pochi minuti prima delle quattro. Bentivegna accende la miccia e si allontana dal carretto, ma nel frattempo alcuni ragazzini si avvicinano al carretto e cominciano a giocare a pallone: Pasquale Balsamo, altro gappista, corre verso i bambini e dà un calcio al pallone, facendoli allontanare.

Circa un minuto dopo l'accensione della miccia, il carretto esplode, uccidendo trentadue soldati tedeschi, il partigiano Antonio Chiaretti e un ragazzino italiano. Un altro tedesco morirà all'ospedale nella notte, mentre altri nove spireranno nei giorni successivi.

Quando la notizia dell'azione partigiana, in pieno giorno e nel centro di Roma, giunge ad Adolf Hitler, egli dispone che per ogni soldato tedesco morto vengano uccisi cinquanta cittadini italiani, e che l'intero quartiere venga dato alle fiamme.

Alla fine la decisione del capo della Gestapo a Roma, Herbert Kappler, ridimensionerà questo numero a dieci italiani per ogni tedesco rimasto ucciso durante l'esplosione.

Le vittime prescelte sono innanzitutto detenuti accusati di fare parte della Resistenza ed ebrei ma, per raggiungere il numero stabilito, si aggiungono anche detenuti comuni già condannati o in attesa di processo: alla fine sono 335 coloro che vengono prelevati dal carcere Regina Coeli come ostaggi.

La mattina successiva, venerdì 24 marzo, un gruppo di camion tedeschi arriva in periferia di Roma, sulla via Ardeatina, in una zona abbandonata: i 335 condannati a morte vengono fatti scendere a gruppi di cinque, con le mani legate dietro la schiena, per ricevere il colpo alla nuca che li ucciderà.

I tedeschi, dopo aver infierito sui corpi delle vittime, faranno anche esplodere numerose mine per far crollare le cave dove si è consumato il massacro, al fine di nasconderne la portata.

L'episodio passerà alla storia come l'eccidio delle Fosse Ardeatine.

lunedì 22 marzo 2021

22 marzo 1973: fazzoletti rossi a Mirafiori

Dal ‘70 al ‘72 la conflittualità interna alla Fiat è continuata senza sosta. La risposta strategica della direzione si definisce come ristrutturazione e riconversione: trasferimenti, licenziamenti, decentramento ed esternalizzazione della produzione, ma anche automazione per abolire le lavorazioni più nocive, riconoscimento delle strutture sindacali per favorire la mediazione. 

Dal novembre 1972 la lotta operaia a Torino inventa parole d’ordine nuove. Si individua la fabbrica come centro nevralgico, mentre il reparto diviene centro dello scontro e di espressione di contropotere che gli operai esprimono attraverso il controllo della fabbrica con cortei interni, l’intimidazione e la punizione di chi difendeva gli interessi del padrone: in queste occasioni gli operai per non essere riconosciuti e poi licenziati si coprono il volto con fazzoletti rossi.

Dal 22 marzo 1973 la lotta si estende a tutto il torinese intensificandosi ogni giorno di più. Il 28 marzo si attua uno sciopero autonomo di otto ore contro i licenziamenti, il giorno successivo un corteo interno di diecimila operai bloccando l’entrata e l’uscita dei camion riesce a fermare completamente la produzione.

Il 29 la Fiat Mirafiori viene occupata per tre giorni, il giorno successivo il blocco si estende al Lingotto, alla Bertone, alla Pininfarina, alla Spa Stura, alla Carello, alle Fonderie di Carmagnola, alla Sicam di Grugliasco.

Il 9 aprile ci sarà la firma dell’accordo dell’inquadramento unico, delle 16.000 lire d’aumento per tutti, della quarta settimana di ferie pagate, delle 150 ore,  ma la Fiat risponderà alle  lotte approfittando della generale recessione causata dalla crisi con un massiccio intervento di ristrutturazione, il blocco delle assunzioni, l'uso della cassa integrazione e cercando di stringere un patto privilegiato con il sindacato ritenuto l’unico in grado di fermare la lotta.

Con la rivolta dei “fazzoletti rossi”  e le occupazioni torinesi del marzo ’73 emerge però per la prima volta la radicalità di un rifiuto consapevole della prestazione lavorativa in quanto tale.


sabato 20 marzo 2021

20 marzo 1920: serrata alla Fiat, è sciopero generale

 

Dall'agosto 1919 si erano andati organizzando delle fabbriche di Torino i "Consigli di Fabbrica" che riuniscono tutti i commissari di reparto eletti dagli operai, già ad ottobre i consigli rappresentano più di 30.000 operai.

L'affermarsi di questi nuovi organismi di potere nelle fabbriche trova la netta opposizione degli industriali con la connivenza del partito socialista che riesce a mantenere all'oscuro i militanti del resto d'Italia di cosa stava accadendo a Torino.

Gli industriali ponevano la questione in termini di forza sostenendo che in officina non potevano coesistere due poteri e che quindi i consigli di fabbrica andavano sciolti. La scintilla della lotta fu l'applicazione dell'ora legale alle industrie metallurgiche a cui la commissione interna si oppose; l'operaio che aveva spostato di nuovo le lancette dell'orologio venne licenziato e la commissione interna multata, intanto alle Acciaierie FIAT la Direzione dichiarava ineleggibile la commissione interna, gli operai rispondevano con lo sciopero e la direzione con la serrata del 20 marzo.

Il 28 marzo la lotta si estese a tutta la città e la polizia occupò militarmente tutte le medie e grosse fabbriche torinesi, intanto carabinieri e guardie regie iniziarono ad affluire in città piazzando anche batterie di artiglieria sulle colline puntate su Torino.

Lo sciopero prosegui fino al 9 aprile, giorno in cui gli operi si resero disponibili ad accettare le proposte del prefetto, ma gli industriali non erano disponibili a patteggiare sul potere all'interno delle fabbriche. La camera del lavoro proclamò lo sciopero generale in città e provincia che per undici giorni rimasero totalmente paralizzate. Ci furono numerosi scontri tra polizia e operai e la camera del lavoro venne circondata e isolata dai poliziotti.

La battaglia poteva essere vinta solo se il movimento si fosse esteso a tutta l'Italia, cosa che non avvenne a causa dell'atteggiamento revisionista e collaborazionista del partito socialista e della confederazione del lavoro. Il lavoro riprende il 24 aprile.

L'ultimo bollettino del comitato dello sciopero annunciava: "I commissari di reparto, rilevata la mancata estensione del movimento per il controllo operaio a tutta Italia, riconosce che gli industriali, sostenuti dalla forza armata della borghesia, hanno ancora una volta imposto la loro volontà... Questa battaglia è finita, la guerra continua".

giovedì 18 marzo 2021

150 anni fa … la Comune di Parigi

Io sono la Comune. La moltitudine dei senza nome. Il fuoco che sprigiona un tempo nuovo. La festa di ciò che diviene. La felicità di ciascuno e di tutti.

Io sono la Comune, il tempo che rinasce e divampa, il tempo che si riproduce per scissione, a due a due come le ciliege, in una catena infinita e senza centro.

Io sono la Comune, e dunque non sono Io, ma la disseminazione dei corpi e delle anime confusi in un grappolo di suoni senza fine.

Io sono la Comune, che non può morire, e danza.


Parigi, sono le tre del mattino, alcuni reggimenti dell'esercito regolare e distaccamenti della polizia, al comando del generale Lacomte, s’inerpicano silenziosi per i viottoli di Montmartre allo scopo di impadronirsi dei cannoni della Guardia Nazionale.

L'operazione fila liscia fino alle prime luci del mattino, ma verso le 7, mentre i soldati di Lacomte aspettano i traini per sgombrare i pesanti cannoni, ecco che le campane di Montmartre, di Belleville, del Faubourg du Temple suonano a stormo per dare l'allarme.

Una marea di operai e di artigiani in blusa da lavoro, di donne, di ragazzini, si insinua tra le file dei reggimenti e le scompiglia; Lacomte ordina di far fuoco ma i soldati, dopo un attimo di esitazione, levano in alto i fucili e fraternizzano con i popolani. Si ode Lacomte gridare ai soldati: “Massa di vigliacchi! Rifiutate di battervi!”, poi gli stessi soldati, aizzati dalla folla, circondano il loro generale e lo portano a forza sino al cortile dell'edificio dove ha sede il Comitato Centrale della Guardia Nazionale, in rue des Rosies.

È il 18 marzo del 1871, nasce la Comune di Parigi.


Il diritto uguale di tutti ai beni e alle gioie di questo mondo, la distruzione di ogni autorità, la negazione di ogni freno morale, ecco, se si scende alla radice delle cose, la ragion d’essere dell’insurrezione del 18 marzo.



"Parigi operaia, con la sua Comune, sarà celebrata in eterno come l'araldo glorioso di una nuova società. I suoi martiri hanno per urna il grande cuore della classe operaia. I suoi sterminatori, la storia li ha già inchiodati a quella gogna eterna dalla quale non riusciranno a riscattarli tutte le preghiere dei loro preti".



domenica 14 marzo 2021

14 marzo 1972: muore Giangiacomo Feltrinelli

Il 14 marzo 1972 muore a Segrate, nei pressi di Milano, Gian Giacomo Feltrinelli, militante dei Gruppi d'Azione Partigiana. Il corpo venne trovato il giorno dopo sotto uno dei tralicci dell'AEM, dilaniato da un'esplosione. Dalla carta d'identità risultò chiamarsi Vincenzo Maggioni, solo ventiquattr'ore dopo il rinvenimento gli inquirenti riuscirono a stabilirne la vera identità. Da subito si scatenò un grande dibattito sulla morte dell'editore. La tesi dell'omicidio fu sostenuta a caldo da un manifesto firmato da Camilla Cederna ed Eugenio Scalfari.

Nel 1979, al processo contro ex membri dei Gap (confluiti nelle Brigate Rosse), gli imputati emisero un comunicato che dichiarava: "Osvaldo non è una vittima ma un rivoluzionario caduto combattendo" e confermava la tesi dell'incidente durante l'esecuzione dell'attentato. Feltrinelli (nome di battaglia Osvaldo), era giunto a Segrate, con due compagni, C.F. e Gunther (pseudonimo), su un furgone. Le Brigate Rosse fecero una propria inchiesta; personaggio chiave per capire la dinamica delll'evento in cui è morto l'editore è proprio Gunther, membro dei Gap, di cui non si è mai saputo il vero nome.

L'1 settembre 1974, in un appartamento delle Brigate Rosse a Robbiano del Mediglia venne ritrovata la registrazione su un nastro in cui Gunther aveva raccontato esattamente l'accaduto. La trascrizione racconta tutto il viaggio dei tre gappisti, a partire dal ritrovo a Milano e dalla partenza con il pulmino verso Segrate. Gunther descrive poi con precisione la preparazione dell'attentato.

L'esplosione viene collocata da Gunther verso le 9 meno 10, 9 meno 5 circa, causata dallo scoppio di un candelotto che Feltrinelli teneva sotto la gamba sinistra.

Così Giangiacomo Feltrinelli viene ricordato sulle Pagine di Potere Operaio (26 marzo 1972)

Un rivoluzionario è caduto Lo dipingono ora come un isolato, un avventuriero, come un deficiente o come un crudele terrorista. Noi sappiamo che dopo aver distrutto la vita del compagno Feltrinelli ne vogliono infangare e seppellire la memoria – come si fa con i parti mostruosi. Si, perchè feltrinelli ha tradito i padroni, ha tradito i riformisti. Per questo tradimento è per noi un compagno. Per questo tradimento i nostri militanti, i compagni delle organizzazioni rivoluzionarie, gli operai di avanguardia chinano le bandiere rosse segno di lutto per la sua morte. Un rivoluzionario è caduto.[...]

Il compagno Feltrinelli è morto. E gli sciacalli si sono scatenati. Chi lo vuole terrorista e chi vittima. Destra e sinistra fanno il loro mestiere di sempre. Noi sappiamo che questo compagno non è né una vittima, né un terrorista. E' un rivoluzionario caduto in questa prima fase della guerra di liberazione dello sfruttamento [...].

Quello che è certo è che di questo assassinio si sono fatti complici tutti coloro che cercavano un per l'attività dei gruppi rivoluzionari. Dal Secolo all' Unità in una paradossale unità d'intenti dopo la manifestazione del giorno 11 a Milano, tutti hanno latrato : vogliamo il mandante, vogliamo il finanziatore. Come se la lotta di strada, la lotta di piazza avesse bisogno di finanziatori. Le bottiglie sono generi di largo consumo nell' Italia degli anni 70. Costano poche centinaia di lire. Come dire alla portata di qualsiasi militante. Sono le attrezzatissime bande fasciste, sono i giornali di partito senza lettori, sono le costose campagne di pubblicità elettorale, sono i mastodontici apparati di Partito che richiedono e trovano i finanziamenti di Cefis, di Agnelli, di Borghi, di Ravelli – oltrechè il generoso contributo delle casse statali e parastatali. Comunque loro – destra e sinistra – volevano il mandante, il finanziatore. Fascisti e servizi segreti glielo hanno trovato. Un cadavere straziato di un pericoloso rivoluzionario che aveva deciso di far sul serio è diventato utile per la bisogna – perchè era Giangiacomo Feltrinelli discendente di una delle famiglie più ricche del paese. Ed i giornali della borghesia si sono affrettati a sputare sopra il cadavere. Con tutto l'odio che si sente per un traditore. Perchè è vero. Giangiacomo Feltrinelli li aveva traditi. Aveva rotto con il suo ed in tre anni densi di attività minuta, continua e coraggiosa era diventato un rivoluzionario. E i miliardari che finanziano i partiti, si drogano al , vogliono l'ordine e la morale nelle fabbriche e nelle scuole – e per questo utilizzano le bande fasciste – non possono perdonare questo figlio degenere.

mercoledì 10 marzo 2021

L’utopia capitalista

Il capitale concentrato su scala mondiale è dotato ormai di cervelli collettivi, identificati negli apparati statali e nei vertici tecno-burocratici – è in grado di dispiegare una propria strategia globale, fondata sulla cogestione e sul coinvolgimento dei dominati. La miseria e la brutalità evidenti, riservate alle parti del mondo non ancora toccare dal progresso tecnologico e ai ghetti interni dei “diversi”, sono esibite spettacolarmente come minaccia e ricatto, ma escluse all’interno del blocco capitalista avanzato. Rinunciando al colonialismo e alla guerra tra Stati nazionali, il capitale stende a tutti la partecipazione, giungendo a sussumere l’interiorità stessa del popolo senza confine dei suoi schiavi. Tutta la vita dei proletari, compreso il tempo libero del lavoro, che in precedenza veniva semplicemente ignorato, diventa oggetto dello sfruttamento. Dal momento in cui il capitale riesce a imporre compiutamente la socializzazione del credito – vendite a rate, mutui, cambiali ecc. -, la compravendita della forza lavoro conquista tutto lo spazio e tutto il tempo della sopravvivenza dei proletari: il salario serve per pagare la sopravvivenza dell’anno passato, acquistata a credito. Il proletario si trasforma in medium dell’estrazione del plus valore nelle ore passate sul luogo del lavoro, mentre, per tutto il resto del tempo, le sue qualità, i suoi bisogni e desideri si trasformano in materia estrattiva. Il linguaggio della persuasione occulta diventa la coazione che trasforma tutti i bisogni umani in bisogni dell’apparato produttivo, capovolgendo la legge della domanda e dell’offerta. L’universo produttivo determina ogni momento della sopravvivenza del lavoratore-consumatore, agganciandolo alla catena merce-desiderio-sublimazione in ruoli e obblighi sociali. Nello stesso tempo, la scienza – accumulazione dei significati dell’esperienza di tutti – organizza lo spettacolo del regno delle macchine come regno dell’unica libertà possibile.


sabato 6 marzo 2021

Dalle assemblee popolari alla democrazia diretta

Se il nazionalismo è regressivo, quale alternativa razionale e umanistica può offrire il socialismo etico? In una società libera non c'è posto per gli Stati-nazione sia come nazioni come Stati. Per quanto possa essere forte lo slancio di un popolo verso una identità collettiva, la ragione e l'attenzione al comportamento etico ci obbligano a recuperare l'universalità della città o del villaggio  e una cultura politica direttamente democratica, anche se su un piano più alto rispetto alla polis della Atene di Pericle. L'Identità deve essere sostituita dalla Comunità - grazie ad una familiarità condivisa su scala umana: non gerarchica, libertaria e aperta a tutti a prescindere da genere, tratti etnici, identità sessuale, talenti o inclinazioni personali. Questa vita comunitaria può essere realizzata solo con una nuova politica di municipalismo libertario: la democratizzazione dei municipi in modo che siano auto-gestiti dalle persone che li abitano, oltre alla formazione di una confederazione di questi comuni per costituire un contropotere allo Stato-nazione.

Il pericolo che le municipalità democratizzate, in una società decentralizzata, sviluppino tratti di campanilismo economico e culturale è molto reale e può essere evitato solo da una forte confederazione di municipi finalizzata alla loro interdipendenza materiale. Una confederazione pienamente democratica in cui i delegati municipali nelle istituzioni confederali siano assoggettati alla ricusazione, alla rotazione e a un efficace  controllo pubblico, costituirebbe un'ampliamento delle libertà locali a livello regionale, consentendo il delicato equilibrio tra i locale e il regionale, in cui la varietà culturale delle municipalità potrebbe prosperare senza rinchiudersi in un localismo esclusivo. In effetti, i benefici culturali saranno condivisi anche all'interno e tra le varie confederazioni, insieme con lo scambio di quei beni e servizi che rappresentano i mezzi materiali di sopravvivenza.

lunedì 1 marzo 2021

Pugni Chiusi – I Ribelli

Pugni chiusi

non ho più speranze

in me c'è la notte più nera

 

Occhi spenti

nel buio del mondo

per chi è di pietra come me

 

Pugni chiusi

perduto per sempre

non ha più' ragione la vita

 

La mia salvezza sei tu

sei l'acqua limpida per me, yeah

il sole tiepido sei tu amore

torna torna qui da me

 

Pugni chiusi

non ho più speranze

in me c'è la notte più nera

viene l'alba

e un raggio di sole

disegna il tuo viso per me

 

Oh, mani giunte

tu sei qui con me

e abbraccio la vita

con te, yeah...

 

(Primo disco dei Ribelli, orfani del Clan di Celentano, che finalmente approdavano ad una casa che credeva in loro. In grande stile la Ricordi preparò il lancio del nuovo gruppo di Demetrio Stratos e Gianni Dall’Aglio. Per l’occasione lo stesso Dall’Aglio, con la collaborazione di Ricky Gianco e Berretta, compose una lenta e rarefatta ballata che toglieva il respiro e che calzava a pennello alla maestosa voce dell’indimenticabile Stratos).