..............................................................................................................L' azione diretta è figlia della ragione e della ribellione

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mercoledì 31 ottobre 2018

Rifiuto unilaterale dell’esistenza imposta


Il carattere principale della nostra epoca è l’alta velocità che hanno assunto le merci, siano esse prodotti industriali, informazioni o essere umani ridotti alla condizione di lavoratori-consumatori. Le reti telematiche, telefoniche e satellitari, le rotte del traffico aereo, automobilistico, ferroviario e marittimo stanno ingabbiando in modo sempre più accelerato la quasi totalità dello spazio e del tempo e con essi i sogni e i bisogni degli uomini: sembra non esserci più via di uscita, un altrove, in un mondo ovunque uguale a se stesso.
Per cambiare questo mondo occorre costruire assieme la pratica del rifiuto unilaterale dell’esistenza imposta dal capitalismo globale, attraverso l’autogestione delle proprie vite e l’autoproduzione singola e collettiva di quanto ci chiedono necessità e desideri, passando per l’autocostruzione dei luoghi in cui vogliamo vivere e dei modi in cui vogliamo interagire. Abbandonare il proprio posto nella catena ciclica del consumo di oggetti, spettacoli, per inventare nuovi modi di produzione e distribuzione, di autogestione dei luoghi in cui si abita attraverso decisioni minime, locali e condivise, sperimentare ognuno nei propri mondi arti e mestieri, quello di vivere liberi. Le nostre accademie e laboratori saranno palazzi e orti, boschi e acque. Anche se narcotizzata nella drogheria mediatica, un’insofferenza al modello di vita imposto e propagandato come democratico insorge nei modi più disparati, dappertutto: si aprono brecce, scoppiano ire, sfoghi di violenza ma anche sommosse, rivoluzioni, senza obiettivi né palazzi d’inverno. Sarà dura e toccherà a ciascuno, con le sue ragioni e la sua sensibilità, rendere questa avventura appassionante.

martedì 30 ottobre 2018

Ecco che cos'è l'anarchia di Piotr Kropotkin


Ecco che cos'è l'anarchia, e cosa sono gli anarchici:
Gli anarchici, signori, sono dei cittadini che, in un secolo nel quale dappertutto si predica la libertà d'opinione, hanno creduto loro dovere affidarsi alla libertà illimitata.
Sì signori, noi siamo, in tutto il mondo, alcune migliaia, alcuni milioni, di lavoratori che rivendicano la libertà assoluta, nient'altro che la libertà, tutta la libertà!
Noi vogliamo la libertà, cioè noi reclamiamo per ogni essere umano il diritto e la possibilità di fare tutto ciò che gli piace, e di non fare ciò che non gli piace; di soddisfare integralmente tutti i suoi bisogni, senza altro limite che le possibilità naturali, e i bisogni altrettanto rispettabili dei suoi vicini.
Noi vogliamo la libertà, e noi crediamo che la sua esistenza sia incompatibile con il permanere di un potere qualsiasi, quali che siano la sua origine e la sua forma, che sia stato eletto od imposto, monarchico o repubblicano, che si ispiri al diritto divino o al diritto popolare, alla Santa Ampolla o al suffragio universale.
La storia è li per insegnarci che tutti i governi si rassomigliano e si equivalgono. I migliori sono i peggiori. Negli uni c'è più cinismo, negli altri più ipocrisia! In fondo, sempre gli stessi comportamenti, sempre la stessa intolleranza. Anche quelli in apparenza più liberali hanno pronta, sotto la polvere degli arsenali legislativi, qualche buona piccola legge sull'Internazionale ad uso delle opposizioni fastidiose.
In altri termini, secondo gli anarchici, il male non consiste in una data forma di governo piuttosto che in un'altra. Risiede nel concetto stesso di governo, nel principio di autorità.
Il nostro ideale consiste nel basare i rapporti umani su di un libero contratto, che possa essere sempre rivisto e sciolto, al posto dell'attuale tutela amministrativa e legale, dell'attuale disciplina imposta dall'esterno.
Non c'è libertà senza eguaglianza! Non c'è libertà in una società in cui il capitale è monopolizzato nelle mani di una minoranza che si va riducendo tutti i giorni e in cui nulla è ripartito secondo giustizia, neppure l'educazione pubblica, che pure è pagata con i denari di tutti.
Noi crediamo che il capitale, patrimonio comune dell'umanità, poiché è il frutto della collaborazione delle generazioni passate debba essere a disposizione di tutti, di modo che nessuno ne possa essere escluso; d'altro lato nessuno deve potersene accaparrare una parte a danno degli altri.
Ecco perché siamo marchiati d'infamia. Scellerati che noi siamo! Noi reclamiamo il pane per tutti, il lavoro per tutti; per tutti l'indipendenza e la giustizia.

(Tratto dalla dichiarazione degli imputati anarchici davanti al tribunale correzionale di Lione, il 19 gennaio 1883)


venerdì 26 ottobre 2018

Gli Anarchici e i Consigli Operai


A Torino il 27 ottobre 1906 si stipulava un contratto collettivo di lavoro fra la FIOM e la fabbrica di automobili Itala e si istituiva, a dirimere le eventuali controversie circa l’applicazione del contratto, un organismo aziendale chiamato commissione interna: organismo strettamente aderente alla vita della fabbrica, composto da operai della fabbrica, eletto dalle maestranze della fabbrica. La C. I. si poneva dunque in una posizione autonoma in rapporto alle organizzazioni orizzontali e verticali del sindacato, anche se talvolta assumeva un ruolo ancor più collaborazionista del sindacato stesso.
Tuttavia proprio la C.I. doveva rappresentare la base organica sulla quale si sarebbe poi elevato il Consiglio di fabbrica.
Infatti nell’immediato dopoguerra ed esattamente nell’agosto 1919, sempre a Torino, nel maggior stabilimento della FIAT, alla FIAT-Centro, si dimette la commissione interna in carica e si apre il problema della sua reintegrazione.
In sede di discussione prevale la proposta di un allargamento di detta commissione realizzabile attraverso l’elezione di un commissario per ogni reparto. Alla FIAT-Centro vengono così eletti ben 42 commissari, pari ai 42 reparti in attività. Questi 42 commissari costituiscono il primo Consiglio di fabbrica.
Il contributo degli anarchici all’elaborazione della teoria dei Consigli si può compendiare in queste due essenziali aggiunte teoriche:
Solo nel corso di un periodo rivoluzionario i Consigli possono avere una efficienza rivoluzionaria, possono costituirsi in mezzi validi per la lotta di classe e non per la collaborazione di classe. In periodo controrivoluzionario i Consigli finiscono per essere fagocitati dall’organizzazione capitalistica, non sempre avversa ad una cogestione morale da parte dei lavoratori. Perciò avanzare dei Consigli in un periodo controrivoluzionario significa lanciare degli inutili diversivi e pregiudicare gravemente la formula stessa dei Consigli di Fabbrica, come parola d’ordine rivoluzionaria;
I consigli risolvono a metà il problema dello Stato: espropriano lo Stato delle sue funzioni sociali, ma non ledono lo Stato nelle sue funzioni antisociali, riducono lo Stato ad un pleonasmo ma non eliminano questo pleonasmo, svuotano l’apparato statale del suo contenuto ma non lo distruggono. Ma poiché non si può vincere lo Stato, ignorandolo, in quanto esso può far sentire in ogni momento la sua presenza mettendo in moto il suo meccanismo di coazione e sanzione, occorre distruggere anche questo meccanismo. I Consigli non possono compiere questa operazione e perciò richiedono l’intervento di una forza politica organizzata, il movimento specifico della classe, che porti a termine tale missione. Solo così si può evitare che il borghese, cacciato dalla porta nelle sue vesti da impresario, rientri dalla finestra travestito da poliziotto.

lunedì 22 ottobre 2018

Perchè la rivoluzione abbia successo

Ogni individuo umano è il prodotto involontario delle condizioni naturali e sociali in cui è nato e alla cui influenza continua ad essere sottoposto man mano che si sviluppa. Le tre grandi cause di tutta l’immoralità umana sono: la disuguaglianza politica, economica e sociale, l’ignoranza che naturalmente ne risulta e la necessaria conseguenza delle due cause precedenti, e cioè la schiavitù..
Di conseguenza, perché la rivoluzione abbia successo è necessario che si rivolga contro la condizione di vita e i beni materiali, che distrugga la proprietà e lo Stato. Diventerà allora superfluo accanirsi contro gli uomini e condannarsi così a soffrire l’inevitabile reazione che ogni massacro ha sempre prodotto e sempre produrrà in qualsiasi società.
Michail A. Bakunin

mercoledì 17 ottobre 2018

Oggi è un buon giorno per morire

"Ho sognato il cielo coperto da nuvole scure di cavallette sciamanti ovunque. Giravano impazzite sul nostro campo e poi, improvvisamente, cadevano senza vita sulla terra, ai nostri piedi. E il cielo ritornava pulito".
Toro Seduto sogna e racconta le sue visioni. E’ un’arte che ha appreso da piccolo e, per la precisione e la qualità del racconto, lo distingue da ogni altro Lakota Sioux. Cavallo Pazzo lo ascolta preoccupato. Gli hanno raccontato che migliaia di soldati blù stanno dirigendosi verso il loro campo. Messo in piedi nei pressi del torrente Little Big Horn, nel cuore delle Black Hills: il centro culturale, spirituale, strategico della nazione Sioux. Sono arrivati anche gli Cheyenne e gli Arapaho. Quelli, almeno, sopravvissuti alle varie stragi perpetrate dalle forze armate degli Stati Uniti. Come a Sand Creek, con donne e bambini fatti, letteralmente, a pezzi dai volontari di John Chivington. O nei pressi del fiume Washita, dove il 7° cavalleria ha caricato, all’alba, fra le tende delle famiglie che dormivano; mentre i guerrieri erano lontani, a caccia di bisonti. Una carica per massacrare, guidata da Custer e dalla musica della banda reggimentale che suonava “Garry Owen”. Cavallo Pazzo ascolta preoccupato e allerta tutto il campo. Le donne e gli uomini dormiranno armati e, i più, veglieranno nella tiepida notte di prima estate.
Di nuovo Custer e il suo 7° reggimento di assassini stanno arrivando per distruggerli. Hanno l’ordine di fare piazza pulita di ogni “selvaggio”. Il governo americano vuole l’oro delle Colline Nere. Il capitalismo imperiale ha fame di risorse per incrementare i profitti; di nuove ricchezze da strappare alla terra, a ogni costo. La disciplina del progresso che sta imponendo al mondo, lo pretende senza tregua. Il suo carburante proviene dallo sfruttamento di ogni risorsa e dal controllo totale delle vite. Dormono e vegliano, le donne e gli uomini Lakota, Cheyenne, Arapaho.
Aspettano l’alba e l’arrivo degli sciami di cavallette. Il sole si alza, finalmente, sul campo a due passi dal torrente che porta acqua fresca. Niente, però, succede e i sorrisi distendono i volti, fra i giochi dei bambini.
Si gioca e si parla e si ama, nel campo delle donne e degli uomini, ma tutti restano vigili e armati. La prima carica si scatena alle 3 del pomeriggio del 26 giugno 1876 e, subito, si risponde e si contrattacca. Tutti a cavallo, addosso agli assassini venuti per massacrare. Questa volta, però, non ci sono solo vecchi, donne e bambini come a Sand Creek e a Washita; ma i migliori combattenti delle grandi pianure.
Dopo un paio d’ore di scontri cruenti, fino al più selvaggio corpo a corpo, Custer e la maggior parte del suo reggimento giacciano, senza vita, al suolo.Cavallo Pazzo e Toro Seduto hanno guidato la resistenza e urlato oggi è un buon giorno per morire. Sono vivi e le cavallette morte ai loro piedi.
Sanno che non potranno vincere, alla fine; ma, hanno insegnato, per sempre, al loro popolo e a ogni altro essere umano, cosa fare per affermare il diritto di vivere in dignità.
Cavallo Pazzo sarà assassinato, a colpi di baionetta, il 5 settembre 1877 a Fort Robinson (Nebraska – USA).
Toro Seduto cadrà colpito dai poliziotti Lakota, venduti ai padroni Yankees, dopo un’ultima disperata ribellione, a STANDING ROCK, il 15 settembre 1890.
In questi giorni, a STANDING ROCK, i Lakota Soux stanno, ancora, resistendo per impedire la costruzione, deturpante e inquinante i corsi d’acqua, dell’oleodotto della compagnia Energy Transfer Partners; il cui tracciato prevede l’attraversamento dei fiumi Missouri e Mississippi, così come parte del Lago Oahe, vicino alla Riserva dei Sioux.
La protesta è stata lanciata, in primavera, da un’anziana Sioux di Standing Rock e dai suoi nipotini; decisi a bivaccare nel percorso dell’oleodotto a difesa della terra e del loro popolo. Durante l’estate, il movimento è cresciuto sino a contare migliaia di persone proveniente da ogni dove degli Stati Uniti. La repressione è stata, fin da subito, durissima, con botte e arresti indiscriminati (oltre 200). Si risponde con improvvisi blocchi stradali e manifestazioni senza tregua. I Lakota e tutte/i le/i solidali con loro, non indietreggiano. La lotta per il diritto alla vita e la liberazione della Terra continua.
Il nostro cuore batte al loro fianco.

martedì 9 ottobre 2018

Ridefinizione della lotta di classe

Parliamo di ridefinizione perché siamo preceduti da una definizione della conflittualità storica, alla quale nel periodo pre-imperiale si rapportava ogni destino: la lotta di classe. Questa definizione non è più operativa. Essa condanna alla paralisi, alla malafede e alla chiacchiera. Nel corso di un’altra epoca, non si può scatenare alcuna guerra, nessuna vita può essere vissuta. Per continuare la lotta, oggi, occorre liquidare la nozione di classe e, con essa, tutto il corteo di origini certificate, di sociologismi rassicuranti, di protesi identitarie. La nozione di classe, oggi, può servire tutt'al più a sciacquettare nel bagnetto di nevrosi, separazione e accusa continua con il quale, ci si diletta così morbosamente e da così tanto tempo in tutti gli ambienti della intellighenzia chic.
La conflittualità storica non oppone più due ammassi molari, due classi, gli sfruttati e gli sfruttatori, i dominanti e i dominati, i dirigenti e gli esecutori, tra i quali è possibile collocare ogni caso individuale. La linea del fronte, che non passa più nel bel mezzo della società, passa ormai nel bel mezzo di ciascuno, tra ciò che fa di ognuno un cittadino, i suoi predicati e il resto. Inoltre, in ogni ambiente si scatena la guerra tra la socializzazione imperiale e ciò che fin d’ora le sfugge. Un processo rivoluzionario può avere inizio da qualunque punto del tessuto biopolitico, da qualunque situazione singolare, accentuando fino alla rottura la linea di fuga che l’attraversa. Nella misura in cui intervengono tali processi, tali rotture, c’è un piano di consistenza comune, quello della sovversione anti-imperiale.
Ciò che fa la generalità della lotta è lo stesso sistema di potere, tutte le forme di esercizio e di applicazione del potere.
Far parte di un movimento rivoluzionario significa a grandi linee fissare le forme di vita nella loro diversità, intensificare, rendere più complesse le relazioni, elaborare tra noi nel modo più libertario possibile la distruzione di questa società.

domenica 7 ottobre 2018

Piacere costretto, piacere perduto

L’idea che bisogna godere a tutti i costi sta lavorando ad un rifacimento dei vecchi divieti con le stesse conseguenze. Esso apporta, con molto destro, il suo sostegno a quelli per cui la rivoluzione è un dovere, la radicalità una prova, la vita uno spettacolo.
Mentre le vecchie talpe della critica lavorano all’affossamento del vecchio mondo, i liberatori dell’amore si operano per il miglioramento dell’economia sessuale. Il piacere obbligatorio rimpiazza il piacere proibito. Il godimento si affronta come un esame, con una bocciatura o una riuscita. Bere, mangiare, dedicarsi all’amore fanno parte ormai degli ornamenti della buona reputazione. Per il brevetto di radicalità, segnate qui la media oraria dei vostri orgasmi.
È finita con i peccati dell’ozio da quando i piaceri vengono assunti alla fabbrica quotidiana. Trasgredire i tabù, così comanda il progresso economico! L’emancipazione obbligatoria, cosa di meglio per riaffermare il divieto fondamentale, l’esclusione di ogni godimento che voglia sfuggire alla costrizione, al lavoro, allo scambio?
Dove il godimento non distrugge l’economia, c’è solo una emancipazione economizzata, ogni libertà nasconde una repressione, ogni repressione si mostra come libertà.
Che ce ne importa delle vostre distinzioni di medici legali e delle vostre scatole etichettate: eterosessualità, omosessualità, perversione, coprolalia, normalità, anormalità e tutti quanti. Il godimento non ha frontiere, e noi intendiamo premunirci contro tutto ciò che tenta di limitarlo. Quando il desiderabile cede al necessario, noi lo sfuggiamo come un lavoro.
Ciò che si accanisce a distruggerci ci indica assai bene che non c’è piacere all’infuori dell’affermazione della vita.