..............................................................................................................L' azione diretta è figlia della ragione e della ribellione

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martedì 28 luglio 2015

Colpo al cuore. Morte non accidentale di un monarca

COLPO AL CUORE. Morte non accidentale di un monarca è un documentario storico diverso dal solito. Le interviste e le analisi che attraversano il film hanno due differenti direzioni.
La prima è ripercorrere la vita di Gaetano Bresci e il regicidio di Umberto I, con la chiara volontà di raccontare il personaggio, praticamente dimenticato dai libri di storia, ed analizzare un contesto difficile che l’Italia ha vissuto come quello dell’epoca umbertina.
L’altra è l’analisi politica del gesto: la volontà di riscatto, l’azione individuale al di là della propaganda del fatto, l’impossibilità di restare inermi di fronte a delle atroci ingiustizie. Un gesto contestualizzabile anche ai giorni nostri, al di là dei sovrani e dei potenti. Un gesto vivo in chiunque abbia, come Bresci, la forza rivoluzionaria di dire basta ed abbattere il simbolo …

Per vedere il documentario clicca  QUI

domenica 26 luglio 2015

Io non ho ucciso Umberto. Io ho ucciso il re. Ho ucciso un principio.

Il 29 agosto 1900, cioè un mese esatto dopo l’ucciosione di re Umberto I, Bresci comparve nella corte d’Assise di Piazza Beccaria a Milano. La sentenza era scontata in partenza. Gaetano Bresci aveva chiesto come difensore il deputato socialista Filippo Turati, ma questi aveva declinato l’incarico e fu sostituito dall’avvocato anarchico Francesco Saverio Merlino.
L’imputato mantenne un contegno conforme al personaggio che rappresentava. Freddo e distaccato, quasi sereno, ascoltò la lettura del capo d’accusa (per la verità retorico fino all’inverosimile) senza mostrare né pentimento né spavalderia.
Ecco parte del testo del suo interrogatorio in aula:

Presidente: «L’imputato ha qualcosa da aggiungere alla sua deposizione testé letta?»
Bresci: «Il fatto l’ho compiuto da me, senza complici. Il pensiero mi venne vedendo tante miserie e tanti perseguitati. Bisogna andare all’estero per vedere come sono considerati gli italiani! Ci hanno soprannominati “maiali“... »
Presidente: «Non divaghi...»
Bresci: «Se non mi fa parlare mi siedo.»
Presidente: «Resti nel tema.»
Bresci: «Ebbene, dirò che la condanna mi lascia indifferente, che non mi interessa punto e che sono certo di non essermi sbagliato a fare ciò che ho fatto. Non intendo neppure presentare ricorso. Io mi appello soltanto alla prossima rivoluzione proletaria.»
Presidente: «Ammettete di avere ucciso il re?»
Bresci: «Non ammazzai Umberto; ammazzai il Re, ammazzai un principio! E non dite delitto ma fatto!»
Presidente: «Perché lo avete fatto?»
Bresci: «Dopo lo stato d’assedio di Sicilia e Milano illegalmente stabiliti con decreto reale io decisi di uccidere il re per vendicare le vittime. I fatti di Milano, dove si adoperò il cannone, mi fecero piangere e pensai alla vendetta. Pensai al re perché oltre a firmare i decreti premiava gli scellerati che avevano compiuto le stragi.   […]   Ho agito per convinzione. Non domando clemenza a nessuno. L’ho fatto perché i miei principii me lo imponevano, perché la società attuale essendo guasta, è necessario colpirla nei suoi capi.»

giovedì 23 luglio 2015

Io sputo su tutte le bandiere!

Sputo sulla bandiera belga. Ci sputo sopra, perché quella bandiera è grondante del sangue dei miei fratelli e delle mie sorelle, di ieri e di oggi, che sono stati massacrati, torturati, rinchiusi, affamati, sfruttati nel nome degli interessi dello Stato belga.
Sputo sulla bandiera fiamminga, perché il suo nazionalismo nauseabondo mi fa vomitare. Quel nazionalismo che esalta i valori dell’Ordine e del Lavoro, dando la caccia agli immigrati, ai “devianti”, ai ribelli. Che cerca di irreggimentare tutti, ricco e povero, padrone e lavoratore, burocrate e disoccupato, nella stessa identità nazionale, tutti uniti contro "gli altri”, tutti per il Potere della Nazione e la protezione dei suoi Valori. Come il razzismo, il nazionalismo è l’antidoto al virus della guerra sociale, della lotta per l’emancipazione e per la distruzione del potere.
Sputo sulla bandiera francofona, perché è anch’essa una bandiera della politica. Ci sputo sopra perché detesto tutti i politici di qualsiasi colore, tutti i padroni, tutti gli industriali, tutti i potenti. Perché tra loro e me non può esserci che lotta ad oltranza – loro per preservarsi, io per distruggere il loro potere e conquistare la libertà.
Sputo su tutte le bandiere nazionali, perché dovunque venga issata una bandiera nazionale, l’oppressione è di casa. È la bandiera che sventola sulle prigioni, sulle caserme militari, sui commissariati, sui posti di confine. Tutte le istituzioni che soffocano la mia vita e la libertà inalberano bandiere nazionali. E, come si vede in Tunisia, Egitto o Libia, durante le sommosse l’apparizione della bandiera nazionale è sempre il segno premonitore di un nuovo regime, di un nuovo potere, di un nuovo sfruttamento.
Ma sputo anche su quelli che corrono dietro alle bandiere nazionali. Che marciano al passo dell’inno nazionale, che fanno la guerra nel nome della nazione, che sono fieri di servire gli interessi della “propria” nazione, della “propria” comunità. Sputo su quei soldati ciechi ed obbedienti schierati a protezione degli interessi del potere. E che sia chiaro: me ne infischio se questo potere si chiama belga, fiammingo, marocchino, vallone, palestinese, turco, europeo, africano o magari mondiale. Io sputo sulle bandiere, perché sputo su qualsiasi potere, su tutte le autorità.
Sputo sulle bandiere, perché il mio grido di vita, il mio grido di rivolta, è l’anarchia, è la libertà che non conosce leggi né frontiere.


[manifesto affisso in Belgio, ottobre 2011]

domenica 19 luglio 2015

Da Jarry ai Provos

La patafisica, il movimento anticipatore del surrealismo creato dallo scatenato Alfred Jarry è indissolubilmente legato alla sua fiammante bicicletta da corsa. La scoperta dell'LSD da parte dello scienziato svizzero Albert Hofmann nel 1943 è tutt'uno con la sua mitica pedalata fatata per le vie di Basilea. Difficile pensare alla lotta di popolo dei vietnamiti senza lo strabiliante sistema di rifornimento condotto da sgangherate biciclette che attraversavano i sentieri nella giungla portandosi in groppa persino gli obici. Uno degli strumenti infallibili per misurare la civiltà di un paese è lo spazio che esso offre ai propri ciclisti (paesi scandinavi in testa, paesi mediterranei in coda).
In Olanda agli inizi degli anni '60 in pieno boom automobilistico, proprio quando tutti, ma proprio tutti, sognavano la loro bella quattroruote, si fanno notare degli strani personaggi che vanno totalmente controcorrente.
Sono i Provos, un gruppo di anarchici dadaisti e zuzzurelloni, a cui spetta la palma di avanguardia di quella contestazione giovanile che verso la fine del decennio infiammerà l'intero occidente. I Provos nutrivano un senso di frustrazione e di rigetto nei confronti della società consumista e alienante, per usare le loro parole, si sentivano in questo mondo "come ciclisti su un'autostrada". Scelsero la bicicletta come santo strumento tribale, arma comunitaria contro i comportamenti antisociali degli automobilisti che agivano (e agiscono) indisturbati contro l'ambiente coperti dalla grande industria e dalla polizia.
Gli automobilisti amorevolmente coccolati dagli spacciatori di petrolio e dai cementificatori, erano (e sono) il "braccio armato" di uno stile di vita che ormai andava inesorabilmente modellando la geografia del pianeta. Il piano era (ed è) distruggere il tessuto umano dei quartieri storici creando un mondo in cui fosse impossibile andare a scuola, al lavoro, a far la spesa, a curarsi e a divertirsi senza poggiare il culo su un autoveicolo, senza pagare il balzello all'industria e allo stato e senza devastare il territorio).
I Provos osano sbeffeggiare il simbolo della crescita economica, il dogma della modernità, rivendicando il diritto di camminare per la città senza venir minacciati fisicamente da bande di psicopatici aggressivi rinchiusi dentro una scoreggiante scatola di ferro. I Provos soprattutto rivendicano il diritto e il piacere di non seguire i modelli di consumo e di non consumare.
Dotati di una formidabile capacità di spiazzare le autorità e di dar vita a fantasiose pratiche di disobbedienza civile, restano vivi nella memoria dei più per il famoso "piano delle biciclette bianche", la messa a disposizione della cittadinanza di Amsterdam di un certo numero di biciclette collettivizzate. Biciclette sempre aperte a disposizione di chiunque se ne volesse servire, un mezzo di trasporto gratuito, una provocazione contro la proprietà privata capitalista. "La bicicletta bianca è anarchica e simboleggia semplicità e igiene di fronte alla cafonaggine e alla zozzeria dell'automobile. Una bicicletta non è nulla ma è già qualcosa". Un atto ecologico (anche se allora la parola ecologia non era esisteva ancora).
I Provos scelsero di dipingere le bici di bianco - dopo aver scartato l'idea di farle rosse e nere, come la bandiera anarchica - per il semplice fatto che le loro azioni avvenivano prevalentemente di notte. Un bel numero di cittadini, rispondendo ai loro appelli, si reca nel luogo di raccolta, offre le proprie biciclette e le dipinge di bianco, mettendole a disposizione del provotariato. Il successo è immediato e l'operazione accende l'immaginazione di altri gruppi consimili da Stoccolma a Berkeley, da Praga a Oxford (motto dell'iniziativa "Il bianco annulla tutto, soprattutto la proprietà). Un famoso gruppo psichedelico inglese i Tomorrow lancia un brano delizioso, My White Bicycle, che diffonde il messaggio libertario persino nella hit parade. (Anche in Italia Caterina Caselli incide un brano dedicato alla provocazione provo).
Ma il segnale più evidente del successo del piano biciclette bianche è la risposta della polizia. Le autorità reagiscono immediatamente e in modo ridicolo: vengono sequestrate una cinquantina di bici in giro per la città. La giustificazione è che non essendo chiuse col lucchetto rappresentano un istigazione al furto. In pratica è la polizia a rubarle, visto che non le restituirà più ai legittimi proprietari, i cittadini di Amsterdam. In una società in cui vige la proprietà privata, ciò che è gratis è illegale e pericoloso. I ladri di biciclette in divisa non fanno altro che promuovere il piano provo, attirando nelle loro file un numero crescente di sostenitori e spingendo l'opinione pubblica a solidalizzare con loro.

sabato 18 luglio 2015

OASK?! Gli indiani metropolitani in dis/aggregazione: Roma marzo ‘77

Abbiamo lentamente sentito la vostra decomposizione nella translucida follia che guidava i vostri sovietgirotondi trasformati in meccanicisticigestirituali.........
Vi abbiamo osservato a lungo at/raverso i nostri profetici caledoscopi....
Abbiamo visto le mille immagini frantumate e ingiallite dei vostri volti decomposti dalla MILIZIA INDIANA..............
Abbiamo visto i vostri occhi incavati nelle fosse dell'ironia iconoclasta che ha spezzato la vostra umanità.. per gioco.........
Abbiamo lentamente sentito la vostra decomposizione e ridacchiando l'abbiamo accelerata.....
IL GIOCO NON CI VA.....UACHIUARIUARIUA'
ma non ci basta aspettare che il vento porti via i vostri cadaveri......
Ci sono ancora nonmorti che trascinano i loro colori imposti tra le cristalline foreste mummificate dell'aggregazione.....
Canticchiando con Arianna abbiamo spezzato il filo che vi avrebbe permesso di uscire dal labirinto metropolitano...perché
LO SWING É NELLA P.38 CON ALLEGRIA...SHABADABADA'!
DISPERAZIONE É BELLO....VOGLIAMO RENDERVI LA GIOIA WAM WAM!
IL MOVIMENTO É UN FLUSSO CREATIVO DI VIBRAZIONI INCRISTALLIZZABILI
E LA FLUIDITA' NE É L'ESSENZA DIS/AGGREGANTE.
PARTITO COMBATTENTE O PARTITO INDIANO?! OASK?! TUTTO E SUBITO SENZA MEDIAZIONI!!!!!!!!!!! PIPAUA É IN OASK?!
DIFFIDATE DELLA REALTA'...DIFFIDATE DELLO STATO DI AGGREGAZIONE PRESENTE!!
FUORI DAL LABIRINTO METROPOLITENSE ESPLODE L'IPOTESI
COMBATTENTE WOWDADAISTA PER LA DIS/AGGREGAZIONE DELLA
NECESSITA' AGGREGANTE..OASK?!
L'operosità operaia ci consente di s/guardare alla catena
con allegria....la nebbiolina gasata delle mozioni ci
permette di aspettare con tranquillità che l'erba cresca..
il vostro leninismo ci dà la gioia di poter scendere dal
treno blindato e andare autonomamente a piedi...
DIS/AGGREGHIAMO LO STATO MARCESCENTE DI AGGREGAZIONE
PRESENTE NELL'ESPLOSIONE INCONTROLLABILE E VIOLENTA
DELL'AREA DELL'AUTONOMIA CREATIVA......




giovedì 16 luglio 2015

Indiani Metropolitani: l'area più libertaria e creativa del Movimento del '77.

Gli Indiani Metropolitani nacquero da quell' impulso di amplificazione del pensiero in azione. Spuntarono come un fungo, all'improvviso , in un habitat fertile, denso di un'umanità in agitazione.
I primi segnali di "indianità" risalgono alla fine del '76 quando apparve il manifesto dei Circoli Giovanili milanesi "abbiamo dissotterrato l'ascia di guerra", rilanciando un umore che già era emerso nella bolgia della Festa del Parco Lambro.
Ma gli Indiani Metropolitani veri e propri comparvero a Bologna nel febbraio del 1977 e da lì in poi spuntarono come funghi, mentre imperversava il clima di guerriglia tra la polizia e l'Autonomia operaia, originatisi in seguito agli scontri tra questi ultimi ed i missini del Fronte della gioventù di Roma.
Contestando con forza i collettivi degli autonomi durante le occupazioni universitarie, gli indiani metropolitani rappresentavano “l’ala creativa” del movimento che mirava a realizzare un proprio benessere anche a costo di isolarsi nella propria “riserva”, mentre i vari gruppi della sinistra rivoluzionaria andavano ormai disgregandosi (come ad esempio Lotta Continua) soprattutto a causa del fallimentare rapporto tra il "privato" e il "politico".
Spinti dal desiderio di un nuovo linguaggio che traspariva anche dagli slogans come "RIPRENDIAMOCI LA VITA", "L’IRONIA ABBATTERÀ IL POTERE ED UNA RISATA LO SEPPELLIRA’" (e molti altri) e dall'impulso di amplificazione del pensiero in azione, a migliaia si truccavano e danzavano scombinati all'urlo "ea,ea,ea... ah!” ed erano, molto spesso, al centro delle notizie dei massmedia, opponendo alla guerriglia urbana delle P38 una sorta di allegra guerriglia urbana teatrale.
In fuga dalle sovrastrutture ideologiche, gli indiani metropolitani, definiti dai più "fricchettoni", nel rompere gli schemi stereotipati della comunicazione e nel liberarsi dalle gabbie di linguaggio e di comportamento, cercavano di affinare la propria sensibilità e le proprie percezioni alla ricerca di altre forme di esistenza, che trovarono la condizione migliore nelle pratiche creative della scrittura, dell'azione teatrale e della musica, dove anche il consumo delle droghe leggere faceva parte del carattere di convivialità.
Gli indiani metropolitani ebbero un ruolo prevalente durante il comizio di Luciano Lama, accompagnato dal servizio d’ordine del PCI, che nel febbraio del '77 era andato a parlare agli occupanti dell’Università di Roma (dopo che altri esponenti politici si erano riiutati di farlo) per convincerli ad interrompere la protesta. Ne conseguì un violento scontro tra gli Autonomi e le forze dell'ordine del PCI (con intervento conclusivo della polizia) e la conseguente cacciata di Lama, il cui camion Dodge rosso, che fungeva da palchetto, venne travolto dalla furia dei manifestanti e ribaltato.
Quella mattina gli indiani, prima dello scoppio dei disordini, avevano inscenato un contro-comizio ironico-satirico allestendo un fantoccio di Lama su di un carroccio e addobbando il tutto con scritte come “L’ama o non Lama? Non Lama nessuno” e scandendo slogans del tipo “Più lavoro, meno salario”, “Andreotti è rosso, Fanfani lo sarà”, “Lama è mio e lo gestisco io”, “Più baracche, meno case”, “È ora, è ora, miseria a chi lavora”, “Potere padronale”, “Ti prego Lama non andare via, vogliamo ancora tanta polizia”.
Erano gli anni della fine del “compromesso storico”, dove il PCI, pur di partecipare al governo, si era impegnato, nei confronti della DC, ad assicurare il consenso e la pace sociale (evidentemente non riuscendoci) e dove il Movimento contestava il governo, ma soprattutto il partito dell’astensione, il PCI, che aveva incoronato addirittura Andreotti con un suo uomo: il Presidente della Camera Ingrao.
In seguito alla repressione organizzata da Cossiga che utilizzò le forze della Celere di Ravenna, che usarono i blindati sia a Bologna che a Roma, si inacerbì la guerriglia urbana autonomista e successivamente alcuni aderenti al Movimento si spinsero nel terrorismo.

Scrive Carlo Infante (ex indiano metropolitano) a proposito delle esperienze artistiche dell’epoca: “(…) È da qui che si potrebbe partire con altre analisi legate alle sperimentazioni teatrali e multimediali che dalla fine degli anni settanta si sono sviluppate sulla base di quelle intelligenze e sensibilità sopravvissute al riflusso. La postavanguardia teatrale promossa da Giuseppe Bartolucci fu certamente un alveo straordinario di queste energie eversive che rifondarono i linguaggi scenici , avviando ad esempio una ricerca "patologico-esistenziale" che affondava a piene mani nella turbolenza schizoide dell'ala creativa del Movimento”.


L’aspetto più significativo dell’esperienza degli indiani metropolitani è stato proprio il carattere antesignano di creatività che è emerso forte, impellente, come vera e propria necessità. Giovani che, abbandonando il fardello della stereotipata militanza politica, per una improbabile rivoluzione di massa, hanno voluto dare sfogo alle proprie esigenze libertarie, individuali e immediate, per la realizzazione di un impegno vero in un contesto arte/vita che fosse possibile proprio a partire dai singoli individui. Nel loro insieme andranno a costituire i numerosi gruppi di base, nati un po’ dovunque in quel periodo, all’insegna di una “cultura della presenza e del protagonismo” e forti di un immaginario che poi sfocierà nelle variegate esperienze dell’arte della post-avanguardia”.


sabato 11 luglio 2015

Movimento ’77: Quando il nuovo faceva paura

Noi, indiani metropolitani e gli emarginati, denunciamo e rifiutiamo l’allucinante clima di violenza e prevaricazione creatosi in questa assemblea in cui tutta la forza, la fantasia e la creatività del movimento è stata soffocata, violentata e distrutta da un modo di fare politica che non ha niente di diverso, se non negli slogans contrapposti, cioè rumore contro rumore, dalla politica praticata da chi odiamo e vogliamo distruggere.
La penetrazione degli altoparlanti, la prevaricazione di chi è più tozzo e maschio, la violenza contro gli emarginati, che rifiutano di esserlo anche nel movimento, sono gli ultimi e violenti sussulti di un mostro che sta morendo e speriamo lo faccia in fretta e saremo noi a praticargli l’eutanasia.
Denunciamo con tristezza ma soprattutto con rabbia il tentativo di ridurre le espressioni di creatività del movimento a semplici fatti di folklore e abbellimento per nascondere quanto di vecchio marcisca ancora fra di noi.
Denunciamo con tristezza ma soprattutto con rabbia il tentativo di ridurre le espressioni di creatività del movimento a semplici fatti di folklore e abbellimento per nascondere quanto di vecchio marcisca ancora fra di noi.
In questo senso va il modo con cui la presidenza e parte dell’assemblea (per non parlare poi di una sedicente riunione di studenti medi che in realtà era uno squallido raduno di baffoni stalinisti che volevano negarci la parola!) ha accolto gli interventi degli indiani metropolitani e delle compagne femministe (che non vogliamo difendere perché le compagne hanno la forza e l’autonomia per farlo da sole e molto meglio!).
Abbiamo l’impressione, che sta diventando sempre più certezza, che il Nuovo faccia paura a molti; faccia paura soprattutto a chi tenta di cavalcare il movimento, con le solite vecchie armi della prevaricazione organizzata, con le mani a corna o a pistola, disponendosi nell’aula come se fossimo nel parlamento borghese.
Noi chiediamo che i gruppi parlamentari prevaricatori vengano sciolti, in caso contrario noi dichiariamo sciolto questo parlamento il cui fine non è altro che offrire uno splendido materiale di calunnia ai pennivendoli della borghesia.
Ci dissociamo perciò da qualsiasi conclusione di questa assemblea, dalle migliaia di mozioni e contromozioni presentate dai professionisti della politica. Facciamo appello a tutti quanti si riconoscono nella autonomia vera del movimento di ritrovarsi martedì a Lettere liberata alle ore 17 per una assemblea dell’area creativa del movimento in preparazione della giornata di lotta di mercoledì a Campo de’ Fiori. Diffidiamo ad intervenire all’assemblea di martedì chiunque voglia riproporre il clima di violenza di questa corrida nazionale.

Comunicato degli indiani metropolitani all’assemblea nazionale del movimento universitario
(26-27 febbraio 1977)

sabato 4 luglio 2015

Ti sei alzato stamattina

Ti sei alzato stamattina e schiattavi di caldo. Il letto era inzuppato, ma non ti eri pisciato addosso. Sudore del cazzo che manco un ventilatore sparato in faccia è riuscito ad attenuare.
Se sei fortunato ti sei catapultato al mare o in piscina, magari con la tua famiglia o col partner. Se sei meno fortunato, stai a casa o in giro in qualche outlet di provincia a cercare il colpo dell'estate oppure sei imprigionato in qualche mega centro commerciale con aria condizionata e fila ai punti di ristoro. Se sei sfortunato, stai buttando il sangue a lavorare.
Ti sei alzato stamattina con la voglia di non avere voglia. Magari lasciarti vivere per una giornata senza pensare a un beneamato. Oppure ti sei alzato con la voglia di realizzare ciò che avevi organizzato e preparato nei minimi dettagli. Avevi un progetto per oggi? Va realizzato.
Ti sei alzato stamattina e non hai minimamente pensato a chi non si è alzato o a chi non si è ancora disteso. Ed è giusto così. Il mondo è infame ma tu non puoi fare un cazzo per migliorarlo. Fai ciò che puoi e nel tuo piccolo stai nel giusto quasi sempre, stai al posto tuo e continui la tua vita tranquilla. Paghi le tasse maledicendo il governo che te le chiede senza darti un cazzo in cambio e magari pensi a come evadere qualche piccola sommetta. Roba di poco, tipo il canone rai. È uno stronzo chi lo paga, si sa. Allora meglio non pagarlo, o pagarlo senza dirlo in giro. Bisogna vergognarsi di pagare il canone rai, giusto?
Ti sei alzato stamattina ed hai potuto accendere il tuo televisore e sentire le stesse notizie in tutti i telegiornali. Una capatina ai canali sportivi non può mancare. Magari anche un po' di zapping tra le stazioni radio più cool: passano tutte gli stessi pezzi, ma cazzo bisogna conoscere il trend musicale del momento, no? Sennò sei out!
Ti sei alzato stamattina ed hai fatto esattamente ciò che ci si aspetta che tu faccia.
Ma puoi ancora rimediare. Alzati, serra i pugni e urla insieme a me:

"Sono libero. Sono libero".