..............................................................................................................L' azione diretta è figlia della ragione e della ribellione

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lunedì 30 settembre 2019

L'emancipazione reale è il fine supremo della storia

L'uomo, come tutto il resto, è un essere completamente materiale. Lo spirito, la facoltà di pensare, di ricevere e di riflettere le varie sensazioni sia esterne che interiori, di ricordarle quando sono passate e di riprodurle con l'immaginazione, di confrontarle e di distinguerle, di astrarne le determinazioni comuni e di creare proprio con ciò delle nozioni generali o astratte, infine di formare le idee, raggruppando e combinando queste ultime, secondo modalità differenti - l'intelligenza insomma, l'unico creatore di tutto il nostro mondo ideale, è una proprietà del corpo animale e in particolare dell'organizzazione completamente materiale del cervello.
Ne consegue che l'uomo non realizza la sua libertà individuale, ovvero la sua personalità, che completandosi con tutti gli individui che lo circondano, è soltanto grazie al lavoro e alla forza collettiva della società, al di fuori della quale, di tutte le bestie feroci esistenti sulla Terra, egli resterebbe senza dubbio la più stupida e la più miserabile. Nel sistema dei materialisti, che è l'unico naturale e logico, la società, anziché ridurre e limitare, crea al contrario la libertà degli individui umani.
Essa è la radice, l'albero e la libertà è il suo frutto. Di conseguenza, a ogni epoca, l'uomo deve cercare la sua libertà non all'inizio, ma alla fine della storia, e si può dire che l'emancipazione reale e completa di ogni individuo umano è il vero il grande scopo, il fine supremo della storia.
Ubbidendo alle leggi di natura, dicevo, l'uomo non è affatto schiavo, perché non ubbidisce che a leggi che sono inerenti alla sua stessa natura, alle condizioni stesse per le quali egli esiste e che costituiscono tutto il suo essere: ubbidendo loro, egli ubbidisce a se stesso. E tuttavia esiste in seno a questa stessa natura una schiavitù da cui l'uomo è tenuto a liberarsi se non vuole a rinunciare alla sua umanità: è quella del mondo naturale che lo circonda e che si chiama natura di solito esterna.

mercoledì 25 settembre 2019

Le origini storiche del pensiero anarchico

Per ritrovare il primo scritto organico in cui viene definita una bozza del pensiero anarchico bisogna giungere al "Political Justice" di William Godwin, pubblicato nel 1793.
Godwin fu illuminista e conobbe bene l'insieme di idee che accompagnarono la Rivoluzione Francese, tra le quali quelle contenute nella "Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino" (1789), quelle ormai storiche di Libertà, Uguaglianza e Fratellanza.
La Rivoluzione Francese è sì una rivoluzione sostanzialmente borghese, realizzata a discapito del vecchio mondo clericale ed aristocratico, ma è anche la frattura storica che introduce concetti di base che verranno poi ripresi e rielaborati nella storia del pensiero umano, socialista e poi anarchico.
Godwin, superando concettualmente la medesima rivoluzione dell'89, teorizza per primo l'avvento di libere comunità indipendenti, l'abolizione del governo centrale, l'autogoverno dei singoli. Ritiene che la Ragione possa condurre ad una vera Giustizia sociale; tale giustizia potrà realizzare la felicità del genere umano.
Successivamente i caratteri originari del pensiero anarchico vengono maggiormente definiti ed integrati con i contributi di Proudhon, Stirner, Kropotkin, Bakunin, Malatesta.
Proudhon nel 1840 pubblica "Cosa è la proprietà" (...un furto, conclude provocatoriamente l'autore), dando per la prima volta nella storia al termine "anarchia" un significato positivo.
Stirner nel 1844 pubblica "L'Unico e la sua proprietà", dando al pensiero anarchico il contributo fondamentale relativo alla valorizzazione dell'Individuo, in contrapposizione all'omologazione sociale data da Stato, Religione, Classe, Partito e Istituzioni varie.
Kropotkin introduce poi i concetti di "comunismo anarchico" e di determinismo scientifico. Crede nella Ragione, nel progresso e nella scienza: tutti elementi che a parer suo determineranno la maturazione del genere umano, conducendo lo stesso verso l'anarchia.
Bakunin rappresenta poi la perfetta sintesi tra teorico e militante dell'anarchismo; più di altri il rivoluzionario russo esalta il concetto di Libertà, che non trova limite in quella altrui, ma che è invece esaltata proprio da quest'ultima.
È il fulcro della definitiva divisione tra anarchici e marxisti, tra antiautoritari e comunisti autoritari.
Malatesta completa questo quadro portando a maturazione l'elaborazione teorica precedentemente accennata: redige il Programma anarchico, definisce il "comunismo anarchico", introduce il concetto di "volontà" (in antitesi al determinismo kropotkiniano), appronta i concetti base di organizzazione anarchica, concretizza il metodo antiautoritario sviluppando il concetto di coerenza tra mezzi e fini.

lunedì 23 settembre 2019

Una nuova coscienza

La ricchezza e, più che la ricchezza, la prospettiva di crescita senza fine, si è rivelata una tecnica molto efficace di controllo sociale. La logica è più o meno questa: l'ideologia dominante afferma che ciascun individuo è semplicemente un consumatore, una persona che vuole fortissimamente consumare e che in questo atto dà un senso alla vita... la vita si consuma totalmente o cose del genere. Ora se si accetta questa ideologia si è anche convinti che la produzione materiale sia destinata ad aumentare senza fine, può arrivare alla conclusione che è del tutto inutile combattere una società diseguale, anche quando si soffre a causa sua, anche quando la società è contro. Se si è un uomo economico egli si convincerà che è meglio accettare una società di questo tipo, sperando unicamente che in futuro possa godere del consumismo più di quando non ne goda oggi. Ci sono molte cose equivoche in questa ideologia... La sua fattibilità poggia, da una parte, sull'abilità nel convincere le persone che sono solo frammenti di produzione ed elementi di aumento del consumo. Dall'altra parte c'è il credere in una prospettiva di crescita illimitata di una intero sistema ideologico che porta ad essere subordinato e passivo. Per questo possiamo pensare che ci sia un grano di verità nell'idea che il deficit materiale, o la crisi energetica, o quel che sia, possa contribuire a formare una nuova coscienza.

mercoledì 18 settembre 2019

Ma cosa è oggi la sinistra?

"La sinistra" è un concetto importante fin dai tempi della Rivoluzione Francese ma ha assunto un significato ancora maggiore con lo sviluppo del socialismo, dell'anarchismo e del comunismo. La Rivoluzione Russa ha portato al potere un governo di sinistra, almeno dal punto di vista teorico; destra e sinistra si sono scontrate in Spagna e l'hanno ridotta a pezzi; i partiti democratici in Europa e Nord America si sono schierati tra i due poli; le caricature si sinistra mostravano i loro nemici come grassi capitalisti con il sigaro in bocca mentre i reazionari hanno demonizzato i "comunisti" negli anni Trenta e durante la Guerra Fredda. Da oltre due secoli la contrapposizione fra destra e sinistra, per quanto rappresenti spesso una semplificazione, è servita per delineare e ricordare l'equilibrio dei rapporti di forza.
Nel XXI secolo continuiamo ad usare queste parole; ma cosa è oggi la sinistra? Il fallimento del comunismo di Stato, il limitato innesto del socialismo nei governi democratici e l'inarrestabile deriva verso destra delle politiche guidate dal "capitalismo corporativo" danno l'impressione che il pensiero di sinistra sia ormai antiquato, ripetitivo o illusorio. La sinistra è emarginata nel suo stesso pensiero, frammentata nei suoi obbiettivi, insicura sulla possibilità di restare unita.
Certamente oggi il pensiero filosofico e sociale deve confrontarsi con l'irreversibile degrado ambientale prodotto da un capitalismo senza freni: un fatto evidente di cui la scienza ci parla da più di cinquanta anni, mentre i progressi della tecnica cercano solo di mascherarlo. Ogni vantaggio che ci hanno portato l'industrializzazione e il capitalismo, ogni miglioramento nella scienza, nella salute, nella comunicazione e nel benessere getta ormai la stessa onda letale.
Tutto ciò che abbiamo lo abbiamo preso dalla terra; lo abbiamo preso con sempre maggiore velocità e avidità, e ora quel poco che restituiamo è sterile e avvelenato. Tuttavia possiamo ancora fermare il decorso di questa patologia. Il capitalismo si fonda per definizione sulla crescita; come dice Bookchin: "per il capitalismo desistere dalla sua crescita insensata significherebbe commettere un suicidio sociale". Evidentemente abbiamo semplicemente preso i cancro come modello del nostro sistema sociale.
L'imperativo capitalista di "crescere o morire" si scontra radicalmente con gli imperativi ecologici dell'interdipendenza e della sussistenza. Queste due visioni non possono più coesistere tra loro, né potrà sopravvivere una società fondata sul mito di questa coesistenza impossibile. O sapremo realizzare una società ecologica o non ci sarà più una società per nessuno, indipendentemente dal suo status.

mercoledì 11 settembre 2019

La sinistra non esiste

La sinistra non esiste. Esistono le due sinistre. La sinistra destra e la sinistra sinistra, che alla fine si muovono insieme, perché appartengono allo stesso inoperabile corpo siamese. La sinistra destra, che nel suo egocentrismo di sempre si fa chiamare centro-sinistra, non riesce a stare al centro dell'attenzione: fatica a farsi notare. Sta a fianco dei nostri ragazzi nelle missioni militari all'estero, sta vicino agli eroi che muoiono da italiani, ha parole di comprensione per tutti tranne per chi dice di rappresentare. Genuflessa davanti al tabernacolo di Confindustria, umilmente inchinata ai piedi del neo liberismo, si fustiga per presunti peccati passati. Continua a pregare perché tutto il mondo diventi o un grande mercato o una grande galera, così che i suoi imprenditori possano a fare i soldi e i suoi magistrati possano arrestare i cattivi. Soprattutto quei cattivi che fanno lo sciopero selvaggio, che ledono una banca armata, che si difendono dai carabinieri. La sinistra destra non crede più che il lavoro nobiliti l'uomo. Crede che il lavoro sfrutti l'uomo, ma approva e incoraggia il suo sfruttamento. La sinistra destra vuole gestire la precarietà e governare il precariato riottoso, ma quel che hanno da offrire a donne, migranti, giovani sono solo minorità, povertà ed esclusioni in versione soft: ai precari ci pensino gli ammortizzatori sociali e il volontariato cattolico. Ovviamente la sinistra securitaria propone di rinchiudere i migranti e di dotare di silenziatori le pistole dei poliziotti, di modo che non ci sia tutto quel baccano quando sparano. E' come per la flessibilità che guai a chiamarla precarietà; la guerra di occupazione i destri sinistri la chiamano intervento umanitario.
la sinistra sinistra dice invece di essere dura e tosta. Ha sempre il pugno chiuso, meno che in periodo elettorale. La sinistra sinistra ha una ricetta sicura per combattere la guerra: alzare le mani e gridare: "nonvioooolenzaaaa". E' un grido magico che blocca carri armati e bombardieri. Per la sinistra sinistra alle manifestazioni non si deve andare con il casco: c'è l'ha già la polizia. La sinistra sinistra ora si è incontrata con tante sinistre sinistre europee, tutte con il pugno chiusissimo fino a che non devono aprire un portafoglio ministeriale, e ha il sogno di costruire una grande sinistra sinistrissima. La sinistra sinistrissima non chiederà reddito per i precari, ma chiederà che li mettano al lavoro per tutta la vita, a costruire un grande stato-nazione tutto rosso e disciplinato.

(tratto da manifesto bio/pop del precariato metroradicale - Aprile 2004)

mercoledì 4 settembre 2019

Il governo migliore è quello che non governa affatto

Henry David Thoreau
Accetto di tutto cuore l'affermazione "Il governo migliore è quello che governa di meno" e mi piacerebbe vederla applicata il più rapidamente e sistematicamente possibile. Essa conduce, nelle sue estreme conseguenze a questa altra affermazione alla quale pure credo. "Il governo migliore è quello che non governa affatto"; e proprio questo sarà il genere di governo che avranno gli uomini non appena saranno pronti.
Il governo è nella migliore delle ipotesi, solo un espediente; solitamente la maggior parte dei governi, talvolta tutti, sono espedienti inutili.
Le obiezioni che sono state sollevate contro l'esistenza di un esercito permanente, e sono molte, sostanziose e meritevoli di prevalere, potrebbero essere sollevate altresì contro l'esistenza di un governo permanente. Questo perché l'esercito permanente è semplicemente un braccio del governo permanente. Il governo stesso, il quale è soltanto la forma in cui il popolo ha scelto di esercitare la propria volontà, alla stessa maniera è suscettibile di abusi e di deviazioni prima ancora che il popolo possa agire mediante esso.
Per parlare tuttavia in modo concreto, e da cittadino di uno Stato a differenza di coloro che si definiscono negatori dello Stato, io non chiedo che si abolisca immediatamente il governo, ma chiedo immediatamente un governo migliore. Si permetta ad ogni uomo di rendere noto quale tipo di governo meriterebbe il suo rispetto, e questo sarà il primo passo per riuscire ad ottenerlo.
In fondo, la ragione pratica per la quale ad una maggioranza è accordato il diritto di governare, e per lungo periodo, quando prima era il popolo a detenere questo potere, non sta nel fatto che la maggioranza sia nel giusto più verosimilmente, né perché si ritenga più equo che la minoranza ceda, quanto piuttosto che questa maggioranza è fisicamente la più forte. Al di là di questo, un governo nel quale la maggioranza comandi, non può essere fondato sulla giustizia, nemmeno nei limiti nei quali gli uomini la intendono.

Henry David Thoreau (1849)

lunedì 2 settembre 2019

Ragionare

La ragione è l'utilizzazione di una grande documentazione generale con la creazione di nuove vie che prolungano la realtà al di là del presente, costruendo mentalmente dall'esperienza vissuta per conoscere il termine finale e modificare così l'azione presente per ottenere di modificare questo fine. Il sapere si divide nettamente in due parti: da una parte le conoscenze obiettive,suscettibili di dimostrazioni sensibili e che possano determinare una mutua comprensione degli umani davanti all'evidenza dei fatti; dall'altra le conoscenze soggettive, strettamente limitate al sapere individuale. Le divergenze provengono, invariabilmente, dal miscuglio o dalla sostituzione, più o meno cosciente, di una delle due conoscenze con l'altra. Quanti ragionano male o sono in malafede, operano questa sostituzione e, credendo o facendo finta di credere di essere sempre sul terreno obiettivo e impersonale, argomentano al contrario soddisfacendo abbondantemente la loro logica personale, fonte di dispute senza limiti. Gli uomini non possono avvicinarsi gli uni agli altri che quando si tratta di punti comuni che interessano tutti, e la ragione non può esercitarsi che su questi punti.