L'uomo, come tutto il resto, è un essere
completamente materiale. Lo spirito, la facoltà di pensare, di ricevere e di riflettere
le varie sensazioni sia esterne che interiori, di ricordarle quando sono passate
e di riprodurle con l'immaginazione, di confrontarle e di distinguerle, di astrarne
le determinazioni comuni e di creare proprio con ciò delle nozioni generali o astratte,
infine di formare le idee, raggruppando e combinando queste ultime, secondo modalità
differenti - l'intelligenza insomma, l'unico creatore di tutto il nostro mondo ideale,
è una proprietà del corpo animale e in particolare dell'organizzazione completamente
materiale del cervello.
Ne consegue che l'uomo non realizza la sua
libertà individuale, ovvero la sua personalità, che completandosi con tutti gli
individui che lo circondano, è soltanto grazie al lavoro e alla forza collettiva
della società, al di fuori della quale, di tutte le bestie feroci esistenti sulla
Terra, egli resterebbe senza dubbio la più stupida e la più miserabile. Nel sistema
dei materialisti, che è l'unico naturale e logico, la società, anziché ridurre e
limitare, crea al contrario la libertà degli individui umani.
Essa è la radice, l'albero e la libertà è
il suo frutto. Di conseguenza, a ogni epoca, l'uomo deve cercare la sua libertà
non all'inizio, ma alla fine della storia, e si può dire che l'emancipazione reale
e completa di ogni individuo umano è il vero il grande scopo, il fine supremo della
storia.
Ubbidendo alle leggi di natura, dicevo, l'uomo
non è affatto schiavo, perché non ubbidisce che a leggi che sono inerenti alla sua
stessa natura, alle condizioni stesse per le quali egli esiste e che costituiscono
tutto il suo essere: ubbidendo loro, egli ubbidisce a se stesso. E tuttavia esiste
in seno a questa stessa natura una schiavitù da cui l'uomo è tenuto a liberarsi
se non vuole a rinunciare alla sua umanità: è quella del mondo naturale che lo circonda
e che si chiama natura di solito esterna.