Nel XXI secolo continuiamo ad usare queste
parole; ma cosa è oggi la sinistra? Il fallimento del comunismo di Stato, il limitato
innesto del socialismo nei governi democratici e l'inarrestabile deriva verso destra
delle politiche guidate dal "capitalismo corporativo" danno l'impressione
che il pensiero di sinistra sia ormai antiquato, ripetitivo o illusorio. La sinistra
è emarginata nel suo stesso pensiero, frammentata nei suoi obbiettivi, insicura
sulla possibilità di restare unita.
Certamente oggi il pensiero filosofico e
sociale deve confrontarsi con l'irreversibile degrado ambientale prodotto da un
capitalismo senza freni: un fatto evidente di cui la scienza ci parla da più di
cinquanta anni, mentre i progressi della tecnica cercano solo di mascherarlo. Ogni
vantaggio che ci hanno portato l'industrializzazione e il capitalismo, ogni miglioramento
nella scienza, nella salute, nella comunicazione e nel benessere getta ormai la
stessa onda letale.
Tutto ciò che abbiamo lo abbiamo preso dalla
terra; lo abbiamo preso con sempre maggiore velocità e avidità, e ora quel poco
che restituiamo è sterile e avvelenato. Tuttavia possiamo ancora fermare il decorso
di questa patologia. Il capitalismo si fonda per definizione sulla crescita; come
dice Bookchin: "per il capitalismo desistere dalla sua crescita insensata significherebbe
commettere un suicidio sociale". Evidentemente abbiamo semplicemente preso
i cancro come modello del nostro sistema sociale.
L'imperativo capitalista di "crescere
o morire" si scontra radicalmente con gli imperativi ecologici dell'interdipendenza
e della sussistenza. Queste due visioni non possono più coesistere tra loro, né
potrà sopravvivere una società fondata sul mito di questa coesistenza impossibile.
O sapremo realizzare una società ecologica o non ci sarà più una società per nessuno,
indipendentemente dal suo status.