A differenza dell’apparato
industriale –statale e di sicurezza, l’intero arco della sinistra sembra non essersi
accorto che negli ultimi decenni è emerso un nuovo movimento – quello di liberazione
animale – di enorme portata etica, politica ed ecologica. Poiché la liberazione
animale – così come la teoria e la pratica del vegetarismo, ad essa inestricabilmente
legate – mette in discussione i dogmi antropocentrici, specisti e umanisti insiti
nelle tradizioni radicali e progressiste, la sinistra ha ignorato o denigrato, invece
di farlo proprio, questo nuovo paradigma, questa forza di contrapposizione, e gli
ambientalisti si sono rivelati altrettanto ostili e indifferenti. Tuttavia, l’importanza
vitale del veganismo e della liberazione animale va assolutamente riconosciuta,
ed entrambi meritano un ruolo di primo piano nella politica che dovrà decidere le
sorti del ventunesimo secolo.
Sin dagli anni Settanta il
movimento di liberazione animale è stato una delle forze di resistenza più dinamiche
del pianeta. Se verso la fine di quel decennio andavano sgonfiandosi i “nuovi movimenti
sociali”, composte da persone di colore, donne, studenti, pacifisti ed antinucleari,
gay e lesbiche – i quali avevano definito la loro causa e la loro identità in contrapposizione
a un movimento dei lavoratori in fin di vita e a una politica riduzionista delle
classi sociali -, una nuova “politica della natura” si faceva strada con l’ascesa
dei movimenti ambientalisti e di difesa degli animali. Sebbene avessero avuto tutti
un umile esordio in Inghilterra e negli Stati Uniti all’inizio del diciannovesimo
secolo, negli anni Settanta e Ottanta del Novecento erano divenuti ormai dei movimenti
sociali di massa. Pur differendo tra loro per molti aspetti cruciali, entrambi ruppero
non soltanto con la ristretta politica di classe della “vecchia sinistra” ma anche
con l’antropocentrismo e l’umanismo della “nuova sinistra” e dei “nuovi movimenti
sociali”. Il movimento di liberazione animale ha tenuto viva una resistenza radicale,
e continua a crescere a livello globale quanto a persone coinvolte e a influenza
esercitata, malgrado la massificazione, la repressione statale, le ritorsioni provenienti
dal mondo industriale e l’aziendalizzazione e la cooptazione dei gruppi animalisti
tradizionali.
È ogni giorno più evidente
che i movimenti di liberazione degli umani, degli animali e della Terra sono inseparabili
l’uno dall’altro: nessuno (esseri umani, animali ed ecosistemi dinamici) potrà essere
libero fintantoché non saranno liberi tutti gli altri (dallo sfruttamento e dall’intervento
dell’uomo). Negli ultimi trent’anni è cresciuta la consapevolezza che l’ecologismo
non può vincere senza giustizia sociale e che non vi può essere giustizia sociale
senza ecologismo.