Il 6 maggio del
1898 a Milano giunge la notizia di un nuovo rincaro del prezzo del pane; la
popolazione, esasperata, insorge dando il via alle quattro giornate dei
"moti milanesi".
La scintilla si
accende in seguito ad una provocazione della polizia che, nella mattinata del
6, arresta alcuni operai che stanno distribuendo volantini contro il rincaro
davanti alla Pirelli.
In breve il
Commissariato di via Galilei viene assediato dagli operai dello stabilimento
che reclamano la liberazione dei compagni, ma la Questura rilascia solo alcuni
dei fermati, trattenendo invece Angelo Amodio.
A questa notizia
migliaia di operai abbandonano gli stabilimenti delle altre fabbriche cittadine
e raggiungono il presidio sotto la sede della Polizia: iniziano violenti
scontri a sassate e piattonate che si protraggono fino a sera, assumendo la
dimensione di una vera e propria battaglia popolare.
Verso le 14 sul
luogo degli scontri giunge il deputato socialista Filippo Turati, il quale
cerca di trovare una mediazione con le forze di polizia per ottenere la
liberazione di Amodio ma si ritrova ad uscire dal Commissariato a mani vuote.
Di fronte
all'acuirsi della protesta, tenta di placare la folla e per riuscirci arriva ad
affermare il falso, dichiarando che il dazio sul grano è stato abolito e che
Amodio è stato liberato.
Le sue parole
hanno in parte effetto sulla popolazione inferocita: alcuni abbandonano le
strade ma molti altri non desistono e si dirigono verso il centro cittadino
intonando l'Internazionale.
Ne seguono nuovi
scontri che si protraggono fino a quando, ormai nel tardo pomeriggio, polizia e
soldati fanno fuoco sulla folla: rimangono uccisi l'operaio Silvestro Savoldi e
un poliziotto (colpito per sbaglio), mentre altri due manifestanti muoiono
nella notte per le ferite riportate.
La salma di
Savoldi viene portata in corteo fino a piazza Duomo, dove la folla si scontra nuovamente
con le forze dell'ordine.
Mentre le prime
ore del giorno dopo si avvicinano, truppe di rinforzo continuano ad affluire a
Milano per essere affidate alle direttive del Generale Beccaris e riportare
l'ordine in città; ma anche fra gli operai la situazione non si è placata: per
il 7 maggio viene convocato uno sciopero generale che svuoterà la maggior parte
delle fabbriche.
I moti milanesi
si inseriscono in un contesto che va oltre la semplice "rivolta del
pane" : in quegli anni Milano è una delle città italiane più avanzate dal
punto di vista industriale e sta vedendo quindi l'affermarsi di un proletariato
ormai slegato dal vecchio ambiente contadino o manifatturiero e sempre più
inserito in quello industriale.
Non più
contadini isolati, bensì un'unità massiccia che comprende la necessità di
lottare per obiettivi comuni e che non è spinta all'insurrezione dal solo
aumento del prezzo del pane ma dal vivere con insofferenza la quotidianità
milanese.
La controparte
da combattere che la popolazione ha in mente durante i 4 giorni di moti del
1898 è fatta anche di un Governo autocratico e delle sue politiche colonialiste
e fiscali, di spese militari esorbitanti e della presenza costante
dell'esercito.
I moti milanesi
vengono soffocati nel sangue il 9 Maggio, con una repressione tanto violenta da
far guadagnare a Beccaris l'appellativo di "macellaio di Milano";
tuttavia l'eco della protesta investirà nei giorni successivi molti altri
comuni italiani.