È infatti in quella
data che i cortei e le manifestazioni gridano lo slogan tardivo la repressione non
passerà mentre purtroppo era già passata e le bombe ne erano l’apice.
La repressione era
già iniziata in modo chiaro e inequivocabile. Gli anarchici, colpiti per primi dalle
manovre reazionarie con gli arresti dei compagni incarcerati per gli attentati del
25 aprile 1969, avevano capito cosa stava accadendo. Già nel giugno 1969 sul numero
uno del bollettino dell’organismo assistenziale per le vittime politiche “Crocenera
anarchica” scrivevano che lo scopo delle bombe fasciste camuffate da anarchiche
era di: suscitare la psicosi dell’attentato sovversivo per giustificare la repressione
poliziesca e l’involuzione autoritaria; gettare discredito sugli anarchici e su
tutta la sinistra. Essenziale per ottenere il secondo risultato e utile anche per
il primo è di fare qualche ferito innocente o meglio ancora qualche morto. Nel numero
di agosto approfondendo l’analisi, la Crocenera si domandava: “Dove vige un regime
autoritario, alla vigilia della visita di qualche importante uomo di stato vengono
effettuati dei controlli particolari, teste calde, sediziosi ed anarchici vengono
trattenuti dalla polizia, chi per accertamenti, chi per pretesi crimini. Ci si domanda
allora, in questo terribile 1969 chi diavolo sta arrivando in Italia?” La risposta
era una sola: “Non ragioniamo certo come coloro che pensano ad un colpo militare
alla greca, perché in Italia il colpo di stato è già stato attuato in maniera più
italiana e consona allo stato delle cose”. Ma il discorso si spingeva più a fondo
e coerentemente all’analisi sviluppata coglieva, purtroppo, nel segno indicando
l’unica alternativa che restava alla classe dominante: creare la situazione di emergenza,
la situazione intollerabile e lo stato di necessità in cui qualsiasi nefandezza
è legale, creare la disperazione che faccia salutare come liberazione la perdita
di libertà.
Queste parole si
persero però nell’indifferenza e sempre sul bollettino della Crocenera anarchica,
subito dopo le bombe, gli anarchici scrivevano: “La strage di Piazza Fontana non
ci è giunta del tutto inattesa. Da molto tempo prevedevamo e temevamo un attentato
sanguinario. Era nella logica dei fatti. Era nella logica dell’escalation provocatoria
iniziata il 25 aprile. Per giustificare la repressione, per seminare la giusta dose
di panico, per motivare la diffamazione giornalistica e scatenare l’esecrazione
pubblica ci voleva del sangue. È il sangue c’è stato”.
Purtroppo come avevamo
previsto, la repressione mascherata da democratica tutela dell’ordine contro gli
opposti estremismi ha continuato la sua marcia.
(Tratto da A Rivista Anarchica, anno I numero
7, settembre-ottobre 1971)