Sulla pelle delle
popolazioni ucraine, e di molti altri paesi, si sta giocando la competizione tra
potenze in affanno di fronte alle ripetute crisi, alle prese con questioni
interne ed esterne ai rispettivi paesi. Gli Stati Uniti hanno attraversato
alcune delle più significative convulsioni della loro storia recente, tra la
sconfitta epocale in Afghanistan, l'esplosione di Black Lives Matter, il
fenomeno del trumpismo corredato dall'assalto a Capitol Hill ed una sempre più
evidente incrinatura del modello di globalizzazione egemonica basato sulla
finanziarizzazione. L'elezione di Biden che avrebbe dovuto trasformarsi, nella
narrativa democratica, in un momento di riscatto dell'identità USA, ha solo
acuito la sensazione di una debolezza strutturale.
Putin ha deciso di
andare a vedere queste debolezze in risposta ad un attivismo anti-russo del
neopresidente che ha messo da parte i tentativi trumpiani di un riavvicinamento
alla Russia in chiave di contenimento della Cina. Ma la Federazione vive a sua
volta delle significative difficoltà, tra un'economia quasi completamente
basata sul modello estrattivistico e il flagello della pandemia.
I giornalai italiani
e i commentatori al loro seguito tentano di alimentare una dinamica da tifo da
stadio nell'inasprirsi delle tensioni, in cui tutto si riduce a chi avrebbe
ragione o torto sulla base del diritto internazionale, degli interessi dei
singoli paesi, delle simpatie ecc… ecc… Sotto la cenere di questo
chiacchiericcio si nasconde il legame tra le logiche geopolitiche, la crisi
ecologica che sta investendo le catene di approvvigionamento delle risorse del
capitale (e che andrà ad acuirsi sempre maggiormente) e la perdurante crisi
economica.
Non vi è nessuna
transizione nell'orizzonte capitalistico, ma solo un'ulteriore spietata
distruzione di risorse, esseri umani e territori al fine di poter continuare a
fare profitti. Il conflitto porterà a decine di migliaia di vittime a poche
centinaia di chilometri, da noi va in scena un surreale revival della retorica
sugli investimenti nel nucleare e nel gas. Il sovranismo energetico e
tecnocratico viene spacciato da destra a sinistra come la panacea ad una crisi
generale dei modelli di sviluppo capitalisti. Intanto milioni di proletari in
tutto il mondo pagano di tasca propria, o con la loro stessa sopravvivenza la
loro fame di profitti e di risorse.
Non ci sono parti da
prendere in questo gioco al massacro, le loro sporche guerre, i loro sporchi
affari non faranno che peggiorare le nostre esistenze. Questo momento le
tensioni sta sfociando in un conflitto aperto, è possibile che sulla bilancia
delle potenze in campo la pace sia ancora più conveniente, ma in ogni caso
scenari del genere potrebbero essere sempre più frequenti nel futuro prossimo.
Dire no alla guerra è imperativo, costruire un punto di vista di massa e
condiviso che rifiuti le sirene dei diversi interessi capitalisti in campo è
sempre più urgente.