Si è anche discusso accanitamente in passato, e forse lo si fa ancora oggi in certi ambienti nostri, a proposito del sequestro di persona a scopo di estorsione, ed è emerso secondo alcuni che «gli anarchici e le anarchiche non sequestrano perché non possono, essi stessi, che sono contro ogni forma di carcere, trattenere in cattività contro la loro volontà alcuna persona, perché ciò significherebbe dare vita a qualche forma di prigione; il che sarebbe ben al di fuori dei fondamenti dell’anarchismo medesimo». Forse non è neppure per puro caso che discussioni come quella appena accennata siano emerse entro il contesto di particolare attenzione da parte delle istituzioni vigenti a scapito degli anarchici e delle anarchiche, e qui la si riporta semplicemente per sottolineare al contempo quanto compagni e compagne cerchino di approfondire alcune tematiche, ma anche quante volte ci si fermi spesso a metà strada, non pervenendo fino in fondo alle discussioni che si affrontano ed alle conseguenti pratiche.
Vi
è di certo un fondo di verità in tale ragionamento-posizione, ma è allo stesso tempo
vero che esso si erge al di sopra della realtà fattuale, che solo nell’astrazione
a-storica risulta sempre uguale. Tant’è che nella realtà, anarchici/che hanno effettuato
sequestri di persone non solo per rivendicazioni esplicitamente “politiche”, bensì
anche a scopo estorsivo, ovvero per avere denaro in cambio della liberazione dell’ostaggio.
Che
cosa vi è di diverso fra il sequestro per estorsione effettuato da anarchici e sequestro
effettuato da proletari? Nulla, se si guarda al fatto che entrambi mirano alla “riscossione”
del ricatto (che potrà essere, oltre alla somma in denaro, finanche la richiesta
di liberazione di propri compagni imprigionati, oppure l’annullamento di sentenze
di morte). Nulla di diverso vi è anche se guardiamo alla detenzione temporale del
sequestrato, concernente in entrambi i casi il tempo strettamente necessario per
garantirsi l’incolumità, oltre a quello atto a far sì che la trattativa ed il riscatto
vadano in porto.
(Si
badi bene, io non sto affatto dicendo che il sequestro di persona sia la modalità
migliore per far sì che compagni e compagne, o anche semplici proletari/ie, si riapproprino
di parte almeno di quanto loro sottratto dal sistema imperante di sfruttamento,
oppressione, miseria, o di quanto necessitano per energie indispensabili nella lotta
quotidiana contro tale sistema. Ciò sta ai singoli deciderlo).
Tuttavia
sottolineo una sostanziale e decisiva differenza fra quelle che sono le “prigioni”
dei sequestrati a scopo politico o di estorsione di danaro, e la galera di cui si
serve lo Stato-capitale per mantenere ed imporre il suo ordine. Nel primo caso
non si può affatto parlare di Istituzioni, bensì occasioni del tutto estemporanee
valutate come atte a risolvere qualche necessità per altro imposta dallo stato vigente
delle cose. Il penitenziario, la galera dello Stato-capitale è invece una Istituzione
fra le altre che, nel loro insieme, costituiscono e monopolizzano l’esercizio del
potere d’imperio, la cui funzione è stabile nel tempo e il cui scopo è privare
della libertà tutti (meglio, quasi tutti) coloro che hanno infranto l’ordine imposto
da quanti detengono in esclusiva la facoltà del comando.
(continua)