..............................................................................................................L' azione diretta è figlia della ragione e della ribellione

Translate

mercoledì 1 ottobre 2025

Dimenticare può portare alla pace? (parte 2)

Dopo la Seconda guerra mondiale, dopo la Shoah, assistemmo alla nascita di un paese che, in nome della memoria, rivendicava il suo diritto a tornare in una terra da cui ritiene di essere stato cacciato duemila anni fa, e rivendicava il diritto a esercitare violenza contro la popolazione arabo-palestinese.

Venne formulato allora il principio «una terra senza un popolo per un popolo senza terra».

Ma si trattava di un principio falso, perché in quella terra un popolo c'era. Tant'è vero che la nascita dello stato di Israele coincide con un massacro di decine di migliaia di persone e con l’inizio di un processo di persecuzione e deportazione che continua ancora oggi, 75 anni più tardi.

Fin dall'inizio lo stato di Israele contiene un principio genocidario. Proprio perché si fonda sul presupposto falso che la terra promessa da un dio altamente ipotetico fosse una terra senza popolo, da quel momento in poi occorreva eliminare qualsiasi prova del fatto che quel popolo esisteva.

Occorreva sterminare quel popolo che mostrava la falsità dell'assunto prioritario della nascita dello stato di Israele.

Oggi, due o tre generazioni più tardi, i sionisti sono diventati il reparto avanzato del razzismo nel mondo.

Intellettuali come Bernard Henry Levy o come Giuliano Ferrara sbandierano il loro ebraismo come se questo desse loro diritto a qualsiasi prepotenza. Eppure non sono affatto vittime, ma nipoti o pronipoti delle vittime.

Del resto è risaputo che le vittime di solito preferiscono non ricordare, mentre i pronipoti delle vittime ricordano continuamente a sé stessi e a tutti gli altri che loro sono vittime e quindi sono assolti per principio da qualsiasi crimine possano commettere.

Questi eredi delle vittime non vogliono la pace, vogliono solo diventare carnefici a loro volta, come se questo ristabilisse un equilibrio, una giustizia. Sono incapaci di dimenticare perché questo non gli conviene: perderebbero il loro privilegio.

L’identificazione con il carnefice è un processo psichico che si conosce bene: ogni bambino maltrattato, abusato, tende a riprodurre i comportamenti che lo hanno ferito, perché si sono inscritti indelebilmente nella sua mente in formazione.

Allo stesso modo chi ha subito una violenza traumatica può essere condotto (solo in alcuni casi, sia ben chiaro) a identificarsi con l’autore della violenza, può desiderare quella forza, quel predominio.

Il sionismo non è soltanto la politica di autodifesa feroce di un corpo collettivo che solo così ha saputo elaborare il trauma dell’Olocausto, ma è anche la politica perversa di uno stato colonialista, di una popolazione di coloni che approfittano della sofferenza subita nel passato dai loro antenati per farne ragione di un privilegio e per finalmente godere del dolore infinito a chi non può difendersi.

Gli eredi delle vittime portano via la terra ai proprietari palestinesi, con violenza li espropriano dei loro scarsi averi. Cacciano dalle loro case intere famiglie, coi loro scarponi abbattono le porte, coi calci dei loro fucili colpiscono i contadini che difendono gli olivi che i coloni vogliono estirpare.

Dopo Gaza è tempo di riconoscere che il tentativo di umanizzazione della storia è fallito. È tempo di riconoscere che l’esperimento chiamato civiltà è fallito.

Quel “mai più era provvisorio”, perché non si sono create le condizioni per espellere la ferocia della sfera della civiltà umana.

La tragedia di Gaza ha un carattere definitivo e irrimediabile, la vittoria militare dell’esercito e la complicità del popolo israeliano con il genocidio scatenato dal governo Netanyahu segnano in maniera irreversibile la regressione verso la cancellazione di ogni speranza di un futuro “umano”.

La lezione che Israele ci ha dato è questa: nella sfera storica le vittime non sanno né possono chiedere pace né riparazione, ma soltanto cercare vendetta. Ciò vuol dire che le vittime di oggi non potranno mai essere altro che vittime, a meno che non riescano a trasformarsi in carnefici.

Dopo il genocidio israeliano, il diritto, l’universalismo e la democrazia appaiono come illusioni che i predatori hanno usato per mantenere il loro potere sulle prede. Ma ora queste illusioni si sono dissolte e appare la faccia feroce del colonialismo di cui Israele è l’ultima manifestazione.