L'inaugurazione dell'Expo di Milano si
avvicina. Un mega-evento che assomiglia curiosamente alle grandi opere che
avanzano a forza di devastazione dei territori e spreco di risorse. Mentre non
si riescono più a nascondere i ritardi, le mazzette e le inefficienze
interessate dei cantieri che vanno a profitto dei soliti noti,esplodono i costi
di un'opera finanziata in gran parte con soldi pubblici e di cui bisogna tenere
in conto anche gli effetti indiretti e duraturi come le inutili infrastrutture
create appositamente per l'evento e i tagli che l'evento genererà. Soldi
pubblici che sono prelevati attraverso un sistema di tassazione sempre più
schiacciato sulle imposte locali scarsamente progressive e che quindi sono
prelevati in misura sempre più importante direttamente sulle persone: tutti
pagano per il profitto di pochi.
A completare il quadro le attenzioni del
“pubblico” sembrano essere molto limitate e i proclami trionfalistici sui
biglietti venduti (alle agenzie) non corrispondono minimamente a quelli
comprati (dai clienti).
Ma sarebbe un grande errore limitare le
problematicità di Expo alla corruzione e alle inefficienze, che potrebbero
quindi essere risolte con una miglior governance. Il nodo fondamentale è
riuscire a leggere Expo 2015 come un evento nel quale si condensano tutte le
linee direttrici del modello di sviluppo che propone Matteo Renzi per l'Italia:
non un evento isolato ma la forma più avanzata di ciò che attende il paese. Si
tratta di una grande opera particolarmente insidiosa perché gioca su
scivolamenti linguistici proficui per la controparte: si crea lavoro (ma non è
pagato), si vendono biglietti (ma non sono comprati) si vende food (ma non è
mangiato).