Nel febbraio 1936 il Fronte
Popolare (le sinistre unite) vince le elezioni, sconfiggendo la destra, ed
in Spagna si intensificano le agitazioni popolari; i fittavoli cessano di
pagare gli affitti, i braccianti
occupano e lavorano la terre, i ferrovieri scendono
in massa in sciopero. I capi militari capiscono
che la vittoria delle sinistre non può soddisfare le attese del popolo
spagnolo, che in buona
parte punta non ad un semplice cambiamento di governo, ma ad una profonda
rivoluzione sociale.
Oltre mezzo secolo di propaganda e di lotte anarchiche ed anarco-sindacaliste
hanno lasciato
un segno profondo nella vita politica spagnola e l’influenza fra gli sfruttati
della Confederacion
Nacional del Trabajo (C.N.T.), la grande organizzazione
anarco-sindacalista, è estesa
in tutta la Spagna e soprattutto in Catalogna. Nel luglio 1936 a questi
prodromi di rivoluzione,
i capi militari, sotto il comando del colonnello Francisco Franco, rispondono
con un colpo
di stato. La risposta spontanea del popolo spagnolo è
immediata. Ad eccezione di Siviglia, nelle
maggior parte delle grandi città, a Madrid, a Barcellona, a Valenza
soprattutto, il popolo prende
l’offensiva, assedia le caserme, erige barricate nelle vie, occupa i punti
strategici. Il golpe militare
viene così sconfitto sul nascere in oltre metà della Spagna. In molte località
l’autogestione contadina
ed operaia prende corpo immediatamente, sostituisce le “autorità ufficiali” e
coordina la vita
sociale e la lotta antifranchista. Onnipresente
l’organizzazione della C.N.T. che ispirava e collegava
dovunque i diversi comitati di base. La
caratteristica più notevole della Rivoluzione Spagnola
fu proprio la grande diffusione raggiunta dagli esperimenti e dalle
realizzazioni dell’autogestione,
tanto nei piccoli villaggi di campagna quanto nei
grossi centri industriali come Barcellona. Per più di quattro mesi le industrie di
Barcellona, su cui sventolava la bandiera rosso-nera della C.N.T., furono
gestite dai lavoratori raggruppati in comitati rivoluzionari,
senza aiuto o interferenza
dallo stato, prima che il governo, riorganizzatosi, cominciasse ad occuparsene.
Anche la
rete dei trasporti pubblici venne autogestita dai lavoratori, in maggioranza
aderenti alla C.N.T.. Dopo
lo slancio dei primi mesi, però, la rivoluzione si
fermò o retrocedette, in proporzione inversa
con il rafforzamento del governo repubblicano di coalizione antifascista, via
via sempre più dominato
dal P.C., che andava acquistando maggiore consistenza e potere, grazie alla sua
politica moderata
(che attirava nelle sue file bottegai, i piccoli e medi proprietari, i
professionisti, i burocrati)
ed gli aiuti russi.
Lo scontro fra il moderatismo
e la logica di potere dei comunisti da un lato e la rivoluzione libertaria
degli anarchici dall’altro, era facilmente
prevedibile. Nonostante la volontà degli anarchici
di evitare fratture nel fronte antifascista, le provocazioni dei comunisti e
dei loro alleati piccolo
borghesi (ad esempio il generale comunista Lister si diede a devastare con le sue truppe le collettività
agricole libertarie dell’Aragona; a Barcellona la polizia controllata dai
comunisti assaltò la
sede dei telefoni autogestita dalla C.N.T.; agenti della polizia segreta
comunista assassinarono l’anarchico
italiano Camillo Berneri.) condussero necessariamente
a scontri sempre più aperti e violenti.
La situazione militare, da posizioni iniziali (luglio 36) di quasi equilibrio,
in termini territoriali,
tra fascisti e repubblicani, andò lentamente ma continuamente deteriorandosi e l’avanzata delle truppe di Franco continuò inesorabile,
grazie ai massicci aiuti in armi e uomini di Hitler
e Mussolini. I paesi baschi caddero nel giugno del 37; l’Aragona nell’aprile
del 38; la Catalogna
nel gennaio del 39, Madrid nel marzo del 39.