La scintilla che
provoca anche in Italia il cosiddetto Biennio Rosso italiano scocca l'11 giugno
1919 nella città di La Spezia.
In tutto il paese,
gli effetti della Grande Guerra si dimostrano drammatici: il costo della vita è
4 volte quello del 1913 mentre i salari sono sempre gli stessi, le migliaia di
soldati di ritorno dal fronte fanno fatica a trovare lavoro, il deficit di bilancio
raggiunge livelli senza precedenti e il debito pubblico continua ad aumentare.
La situazione a
La Spezia è in linea con quella nazionale: le numerosissime fabbriche della
città, che avevano avuto enormi commesse durante la guerra devono riconvertirsi
ad una più limitata produzione civile, e per farlo licenziano quasi la metà dei
lavoratori, e gli operai, dichiarati "indispensabili" per lo sforzo
bellico, seppur in massima parte sindacalizzati, si trovano a lavorare ancora
con le regole che vigevano durante la guerra, quindi senza alcuna possibilità
di trattativa o conquista sindacale.
Manca poco che
la città, e la nazione tutta, esplodano, e tra gli operai sempre più forte è la
tentazione di "fare come in Russia".
L'11 giugno del
919 le tre camere del lavoro spezzine, per la prima volta congiuntamente,
indicono una manifestazione contro il carovita.
La
calmierizzazione dei prezzi dei beni di prima necessità, sancita dall'ufficio
approvvigionamento, scatena però la rabbia dei grossisti, che distruggono
interi carichi di frutta e verdura. La voce giunge agli operai, che scendono in
quindicimila in corteo, dirigendosi verso il centro città e cominciando i
saccheggi.
Le truppe
accorse si rifiutano di sparare sulla folla, nonostante gli ordini ricevuti, ma
i Carabinieri sparano ed uccidono due operai. Nel frattempo scioperi di
solidarietà vengono indetti, prima in tutta la Versilia, poi in tutta la
Toscana.
Gli scioperi
dilagano in tutta Italia, dalle metropoli industrializzate del nord alle zone
rurali del centro sud, dove, tra il settembre e il novembre 1919, i contadini
iniziano l'occupazione spontanea di terre povere e non coltivate.
Le rivolte
operaie del biennio rosse mettono a dura prova la tenuta dell'ordine
istituzionale, che vedrà infatti l'alternarsi di sette governi in soli tre
anni; per mettere fine alle agitazioni, e preoccupati dal risultato elettorale
raggiunto dai socialisti nel 1919 (32%), il governo con la mediazione del primo
ministro Giolitti da una parte cerca un punto di incontro con gli operai,
permettendo ai sindacati un controllo sulle fabbriche, controllo però che si
dimostrerà debole e non entrerà mai di fatto in funzione, e dall'altra lascia
di fatto carta bianca ai neonati fasci di combattimento, organizzazione
paramilitare legalizzata che soffocherà nel sangue le agitazioni proletarie.