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domenica 3 febbraio 2019

Gilet gialli 12° sabato; contro le violenze della polizia


Ancora un sabato di mobilitazioni in Francia questa volta sotto il segno della denuncia delle violenze della polizia.
Il movimento iniziato il 17 novembre per chiedere la caduta di Macron non demorde e rilancia. La giornata del 2 febbraio, dodicesimo atto, è un omaggio ai gilet morti durante il movimento (quattordici vittime, di cui 11 in Francia e 3 in Belgio) e una forte denuncia delle violenze della polizia. Una brutalità che ha fatto in qualche settimana più di duemila feriti. Tra loro un centinaio sono gravi, quattro persone hanno avuto la mano strappata e quattordici  hanno perso un occhio. Al centro delle polemica c’è in particolare l’uso dell’LBD, un lancia granate a frammentazione di cui la polizia francese sta abusando da anni, mirando alla testa e facendo morti e feriti. Della questione si è finalmente parlato anche nei media dopo il ferimento in diretta di Jerome Rodrigues, una delle figure più in vista del movimento, che sabato scorso stava facendo una diretta fb quando è stato colpito da una granata perdendo un occhio.
A Parigi per il 12° sabato presenza quasi raddoppiata con una lunga marcia aperta proprio dai gilet feriti. La manifestazione ha sfilato fino a Place de la République dove già sabato scorso aveva avuto luogo una sorta di Nuit Debout dei gilet, riprendendo la pratica del movimento di occupazione delle piazze del 2016. Una risonanza insopportabile per le forze dell’ordine che hanno sgomberato immediatamente la piazza sia sabato scorso che questo sabato con l’uso di granate e cariche. Da segnalare nella capitale l’azione dei gilet gialli antifascisti che hanno cacciato dal corteo alcuni gruppi neo-fascisti e monarchici che se la sono dovuta dare a gambe levate. Migliaia di gilet in cammino anche a Marsiglia con la manifestazione aperta da uno striscione coperto di vernice rossa come il sangue dei gilet feriti. È qui che ha sudato freddo Renaud Muslier, un politico di centrodestra che aveva lanciato nelle scorse settimana una raccolta fondi in sostegno della polizia e che ha incrociato il corteo marsigliese.  Sputi e insulti sono volati contro l’ex-deputato che è riuscito ad andare via solo diversi minuti dopo. Una delle mobilitazioni più importanti si è svolta a Valence, con diecimila persone in piazza bersagliate dai lacrimogeni della polizia. In migliaia in strada anche a Tours.
A Lione bloccata l’autostrada A7, poi ritorno in centro città dove ci sono stati scontri con la polizia. A Strasburgo una manciata di gilet è riuscita a raggiungere il parlamento europeo prima di essere bloccati. Barricate a Rouen e tensioni a Bordeux. Blocco della circolazione a Montpellier oltre che in centinaia di altri piccoli centri.
La chiarezza nell’individuare le violenze della polizia come perno del 12° sabato segna un ulteriore salto politico del movimento. Dietro la denuncia degli “abusi”, è la legittimità stessa del monopolio della violenza affidata allo Stato che viene rimessa in dubbio. Come a dire, il movimento avanza e arriva al cuore delle prerogative sovrane delle istituzioni repubblicane. D’altronde che il campo del contendere fosse esattamente questo lo ha reso chiaro proprio il governo. Non soltanto autorizzando la brutalità delle forze dell’ordine ma anche facendo dell’uso della forza da parte dei gilet il centro di una campagna di delegittimazione della protesta.
È questa forza che ora bisogna spezzare a ogni costo anche con leggi speciali come il cosiddetto progetto di legge “anti-casseurs” in discussione in questi giorni all’Assemblée nationale che prevede un divieto amministrativo di manifestare (il DASPO di piazza che tanto piace ai politici italiani) e l’introduzione della possibilità di arresto per il solo fatto di coprirsi il viso durante un corteo. Misure controverse anche all’interno della stessa maggioranza, con una parte che punta il dito contro una forte limitazione delle libertà civili.
Nel frattempo è stato annunciato finalmente, per il 5 febbraio, lo sciopero generale da parte del principale sindacato, la CGT. Tutti aspettano quindi martedi quando potrebbe finalmente concretizzarsi la convergenza tra il movimento dei gilet e un mondo sindacale per ora molto timido, frenato da una dirigenza che ha preferito glissare sulle richieste di sciopero che venivano dalla stessa base dei sindacati. L’economia, allora, potrebbe fermarsi davvero.