Non possiamo
concepire che da anarchici si stabiliscano a dogmi fissi i punti da seguire
sistematicamente. Perché, anche ammessa tra più compagni e più gruppi
un’uniformità di vedute sulle linee generali della tattica da seguire, questa
tattica si esplicherà in cento diverse forme di applicazione; con mille
particolari differenti
Noi non vogliamo
quindi programmi di tattica, e per conseguenza non vogliamo organizzazione.
Stabilito il fine, la meta cui tendiamo, lasciamo libera ad ogni anarchico la
scelta dei mezzi che il suo criterio, la sua educazione, il suo temperamento,
il suo spirito di combattività gli suggeriscono come migliori. Non formiamo
programmi fissi e non formiamo piccoli o grandi partiti. Ma ci aggruppiamo
spontaneamente, e non con criteri permanenti, secondo le affinità momentanee
per un dato scopo, e costantemente trasformiamo questi gruppi a seconda che
cessa lo scopo per il quale ci eravamo associati, e altri scopi e altri bisogni
sorgono e si sviluppano in noi e ci spingono alla ricerca di nuovi cooperatori,
di gente che pensi identicamente in quella determinata circostanza.
Quando qualcuno
di noi non si preoccupa più di creare un fittizio movimento d’individui
simpatizzanti e deboli di coscienza, ma un attivo fermento di idee che fanno
pensare, magari a colpi di frusta, si sente spesso rispondere dagli amici, che
da lunghi anni sono abituati ad un altro metodo di lotta, o che è un
individualista, o un puro teorico dell’anarchismo.
È falso che noi
siamo individualisti, in quanto si vuol dare a questa parola il significato di
elementi isolatori, rifuggenti da ogni associazione nella comunità sociale, e
ammettenti che l’individuo possa bastare a se stesso. Ma sostenendo noi lo
sviluppo delle libere iniziative dell’individuo, qual è quell'anarchico che non
vuole peccare di questa specie di individualismo? Se anarchico si chiama colui
che aspira all'emancipazione di ogni autorità morale e materiale, come non può
egli convenire che l’affermazione della propria individualità, libera da ogni
vincolo e influenza esterna autoritaria, sia pure benevola, sia l’indice più
sicuro della coscienza anarchica? Né siamo dei puri teorici perché crediamo nell'efficacia dell’idea, più che in quella degli individui. Da che cosa sono
determinate le azioni, se non dal pensiero? Ora, produrre e suscitare un
movimento d’idee è, per noi, il mezzo più efficace per determinare il flusso di
azioni anarchiche, sia nella lotta pratica, sia nella lotta per la
realizzazione dell’ideale.
Noi non ci mettiamo
di fronte agli organizzatori. Continuino essi, se a loro piace, nella loro
tattica. Se, come io penso, essi non faranno un gran bene, non faranno del
resto un gran male. Ma essi hanno torto, mi sembra, di gettare il loro grido di
allarme e di metterci all'indice, o come selvaggi, o come sognatori teorici.
Giuseppe Ciancabilla [Roma 1872 –
San Francisco 1904]