L'Occidente, la nostra civiltà, ormai si
è sposato con la morte, oggi è un moribondo che uccide e la sua agonia sarà terribile
- guerra sociale e guerra culturale. Tutte le civiltà sono strutture storiche, contingenti,
con un principio e una fine. Nascono un giorno e muoiono un altro. Il capitalismo
occidentale non farà eccezione. La decadenza di una civiltà di solita è accompagnata
da turbolenze, drammi, conflitti. All'Occidente sta succedendo la stessa cosa.
I segnali della crisi del Capitalismo, della
sua vecchiaia irreversibile sono clamorosi: la cosiddetta "cancellazione delle
ideologia", una verità parziale e l'ascesa di uno scetticismo menomato, di
un pragmatismo a-teorico con quel che comporta in termini di rinuncia al pensiero
(non-pensiero), di prostrazione dell'immaginazione critica e dell'impulso creativo;
l'esaurimento di tutte le arti e l'anemia della produzione culturale; l'astensionismo
politico e un discredito della dinamica elettorale difficile da nascondere; l'invasione
della povertà; la certezza di un collasso ecologico che può essere solo posticipato;
eccetera. Negando l'evidenza di questa crisi, si direbbe che i pensatori ex-contestatori
facciano propria, realmente, una prospettiva di fine della storia, come se la nostra
civiltà fosse stata premiata con l'onorificenza dell'eternità e il nostro Sistema
costituisse la realizzazione perfetta della Ragione, la meta verso cui, con ostinazione,
si incammina l'Umanità; come se non sopravvivesse da nessuna parte il seme di una
alternativa (anche se ciò fosse vero, non si potrebbe ricavarne un certificato di
buona salute del capitalismo: le culture iniziano a morire prima che venga rivelato
il volto del loro erede, prima che si profilino i contorni delle civiltà che le
sostituiranno), come ci rimanesse solo un compito, un esercizio plausibile, una
dedizione rispettosa: prenderci cura dell'esistente, ripararlo, aggiustarlo, universalizzarlo.
Commettono, dunque, lo stesso errore in cui incappò il Comunismo: immaginare di
aver già attraversato la soglia del Paradiso e che finalmente sia giunta l'ora di
abilitarlo e difenderlo; sognare che la storia, avendo dato il suo frutto (il liberalismo
globalizzato), la smetta di procuraci dei fastidi, di darci degli scossoni.
Probabilmente stiamo arrivando davvero alla
Fine; ma non alla "fine della storia", quanto ai rantoli di una civiltà
incredibilmente presuntuosa, pateticamente innamorata di sé.