Quando si vuole screditare
l'anarchia si tirano fuori argomenti strambi o pseudo teorie, come quella secondo
cui l'anarchia sarebbe inattuabile perché l'Uomo, essendo un animale, è per sua
stessa natura aggressivo. Ciò è falso.
L'Uomo non nasce
affetto da aggressività, o almeno non di quell'aggressività distruttiva e nefasta
che conosciamo oggi, ma lo diventa a causa del sistema in cui egli è stato costretto
a sopravvivere. Questo è (potremmo dire) l'assunto finale di Erich Fromm in merito
al suo meticoloso studio sulla società. Gli studiosi anarchici lo avevano detto
già prima di Fromm, ma se ai più i nomi di Errico Malatesta o di Pëtr Alekseevič
Kropotkin non dicono nulla (chiedetevi anche perché lo Stato non faccia conoscere
i filosofi anarchici), quello di Fromm ci induce a stimolare la nostra curiosità
in merito al tema Uomo/aggressività. Ci dispiace per quelli che ancora sostengono
la teoria della presunta aggressività umana, Fromm non esita a definirla invece
'insostenibile'. Ma l'analisi che lo psicanalista e sociologo tedesco ha fatto circa
le radici dell'aggressività respinge con forza anche il paragone tra Uomo e animale,
sostenendo invece le ragioni scientifico-culturali dell'anarchia e dei sistemi non
gerarchici di gestione sociale. Semmai, dice Fromm, l'Uomo è diventato aggressivo
molto più degli animali. Attenzione, Fromm dice “è diventato”, e ne spiega i motivi.
In sintesi, è un fatto di carattere acquisito, non di natura umana. C'è ovviamente
differenza tra carattere e natura.
Lo studio di Fromm
è rilegato in un libro dal titolo “L'amore per la vita" (ricordiamo che l'anarchia
è la cultura della vita, mentre lo Stato è la cultura della morte), tratto da alcuni
suoi interventi radiofonici. Nel capitolo intitolato “Le radici dell'aggressività”,
Fromm fa a pezzi molti luoghi comuni, portando a supporto della tesi anarchica tutta
una serie di prove scientifiche, storiche, antropologiche, alle quali non si può
davvero voltare le spalle, a cominciare dal fatto che se l'Uomo avesse una natura
geneticamente aggressiva non potremmo spiegarci l'esistenza di gruppi sociali pacifici,
intere etnie votate alla cooperazione (federalismo anarchico), comunità che non
sanno che farsene dell'autorità e delle gerarchie. Infatti, presso alcune civiltà,
dove il progresso è quello vero, cioè umano, manca la concezione di gerarchia, quindi
non vi sono crimini, non c'è polizia o esercito, non c'è Stato, né governo. C'è
una meravigliosa anarchia (che a ragion veduta non può definirsi utopia).
Ma questa è solo
una delle ragioni che Fromm evidenzia, noi vi invitiamo a leggere l'intero capitolo
(pag. 56 - 77). Interessante è anche il paragrafo “La crisi dell'ordine patriarcale”
(pag. 36), dove lo psicanalista riporta alla luce e alla conoscenza di tutti le
società gilaniche, fiorenti e civilissime culture europee, anarchiche, dove la gerarchia
non era conosciuta, la donna non era sottomessa all'uomo, non v'era bisogno di esercito,
non esisteva lo Stato, di conseguenza neppure le guerre e i crimini. La pace e la
cooperazione anarchiche erano le uniche sovrane. D'altra parte, non possiamo ignorare
che il progresso umano (sottolineiamo umano) si è potuto realizzare soltanto grazie
all'incontro delle popolazioni con altre popolazioni e alla loro reciproca cooperazione
(scambio di informazioni); l'imposizione dello Stato, invece, ha fatto basare tutto
sulla competizione, quindi sull'aggressività alimentata dalla gerarchia in ogni
settore sociale, con tutto ciò che di nefasto ne deriva.
Riguardo al fatto
che l'Uomo sia poi diventato aggressivo per colpa dell'invenzione pretestuosa dello
Stato (che non deve più essere considerato una sorta di religione, se vogliamo liberarci
dalla sua morsa), Fromm lo dice proprio chiaramente, arrivando a formulare accuse
precise al “popolo obbediente” definendo tale obbedienza “da cadavere", cioè
obbedienza del popolo morto. Interessante anche l'analisi che Fromm fa dello Stato,
quando definisce i politici dei veri “sadici” dandone logicamente motivazioni scientifiche
e prendendo come esempio il carattere del comandante nazista Himmler, tanto crudele,
quanto attento e ligio al dovere e all'ordine. Attenzione a questa parola, “ordine”,
perché nasconde tante insidie e inganni. La triste cultura borghese di cui ancora
siamo impregnati ci ha fatto associare a questa parola (ordine) un concetto di buono,
di bello, di giusto, di qualcosa da perseguire e onorare a tutti i costi. Ma qual
è l'ordine supremo della società odierna se non quello voluto dallo Stato? Di che
ordine si tratta se non l'ordine gerarchico-autoritario delle istituzioni borghesi,
conservatrici, capitaliste, quindi fasciste? E guarda caso, anche secondo Fromm
il potere Statale è sempre gestito da sadici con la mania dell'ordine al quale il
popolo deve obbedire per soddisfare le manie sadiche di quelli che gestiscono gli
Stati.
Non è certo un'esagerazione
quando gli anarchici dicono che tutti gli Stati e tutti i governi sono fascisti
e vanno abbattuti. Quello anarchico è invece un ordine-altro, non gerarchico, l'ordine
naturale e mutualistico in cui l'Uomo ha sempre vissuto. Ora spetta a voi compiere
un passo, o più di uno. Potete offrire ai vostri figli e nipoti un futuro di pace
e di vera giustizia sociale, oppure condannarli alla cieca obbedienza da cadavere,
alla lamentazione continua, all'inganno perenne, alla sottomissione. Gli anarchici
inneggiano alla disobbedienza e perciò vengono criminalizzati e derisi. Ma anche
Kropotkin, Gandhi e Fromm sostengono che disobbedire allo Stato è giusto. Criminalizziamo
e deridiamo anche Kropotkin, Gandhi e Fromm? È innegabile il fatto che chi criminalizza
un nuovo percorso, una nuova idea, un nuovo sistema, tende inesorabilmente a conservare
la realtà attuale e a non compiere alcun progresso. Come diceva Bakunin: “È ricercando
l'impossibile che l'uomo ha sempre realizzato il possibile. Coloro che si sono saggiamente
limitati a ciò che appariva loro come possibile, non hanno mai avanzato di un solo
passo”.