La prima cosa che viene in mente è una persona che inizia
un viaggio, senza una traiettoria ben precisa, senza una destinazione stabilita,
ma che ha di fronte una serie quasi infinita di possibilità, ed è mossa da un forte
desiderio di libertà e autonomia: se la strada davanti a questa persona è ostruita,
allora ne sceglie un’altra; se è bloccata da entrambi i lati, scava un tunnel o
scavalca il muro. Magari questa persona non sa esattamente dov’è diretta, o dove
finirà, ma sa che dovrà continuare a muoversi; incontrerà sempre ostacoli, ma sa
che li potrà superare. Il Post-anarchismo è una politica che inizia e non finisce
con l’anarchia. Cioè presuppone una certa libertà ontologica, una molteplicità di
azioni e di possibilità. È fondata sulla possibilità sempre presente di pensare
e di agire differentemente, non importa quali siano le restrizioni. Non è «strategica»
nel senso di essere diretta verso la cittadella dell’anarchia – perché in essa potrebbero
esserci altre restrizioni – ma piuttosto pensa tatticamente: nei termini delle pratiche
quotidiane, nel momento presente.
Il punto non è fissare delle «istruzioni per l’uso»,
o delle regole definitive su cosa sia l’anarchismo o cosa debba aspirare ad essere,
o su come dovrebbe apparire una società anarchica. Ci sono diverse possibilità,
che possono essere più o meno appropriate a seconda delle circostanze, e sono queste
circostanze che definiscono il rapporto tra questo tipo di anarchismo e l’etica.
Allo stesso tempo, però, bisogna stare attenti a non confondere il post-anarchismo
con un’interpretazione troppo realista della politica, una realpolitik. Le questioni
etiche sono tutte ancora lì, sul piatto. Non vanno mica evitate. Anzi, il post-anarchismo
ha a che fare soprattutto con l’etica delle nostre vite, con il modo in cui ci rapportiamo
agli altri, in cui ci confrontiamo con le relazioni di potere, con il grado di vulnerabilità
che ognuno di noi ha nei confronti della dominazione che gli altri ci impongono.
Semplificando, potremmo dire che il modo in cui il post-anarchismo mette in connessione
la politica con l’etica si gioca sul campo della «servitù volontaria»: il desiderio
di dominare e quello di essere dominati sono due volti della stessa medaglia.