..............................................................................................................L' azione diretta è figlia della ragione e della ribellione

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lunedì 24 giugno 2024

Comunitarismo libertario e democrazia diretta

Kropotkin è colui che più d’ogni altro ha sviluppato la tematica comunitaria, il principio fondamentale del mutuo appoggio. Secondo lui, la cooperazione che scaturisce da questo valore, e non la lotta spietata per la sopravvivenza (come enunciato nelle tesi darwiniane), è il fattore fondamentale dell’evoluzione. Inoltre, Kropotkin ritiene che un nuovo assetto sociale non debba scaturire da una rivoluzione che elida il passato, bensì dai principi libertari già operanti nella realtà sociale. Passiamo poi a P. Goodman, è vediamo come la sua analisi sia caratterizzata in senso fortemente comunitario, sempre alla ricerca dell’individuazione di una struttura politica che possa coniugare individualità, comunità e giustizia universale, trovandola nell’archetipo delle piccole unità territoriali delineate da Kropotkin in Campi, fabbriche e officine, e in parte realizzatesi nell’America del periodo degli Articoli di Confederazione. Il suo progetto politico, fatto di azioni che diano luogo a piccole riforme e lievi miglioramenti, fa di lui un gradualista, un non rivoluzionario la cui opera è costantemente tesa da una parte alla difesa e all’allargamento delle libertà individuali prodotte dalla modernità, dall’altra alla ripresa della tradizione comunitaria premoderna. Per quanto riguarda poi l’approccio di C. Ward, esso è costantemente teso a focalizzare le “questioni che ci legano gli uni agli altri, come il bisogno di alloggi e di cibo e la produzione di beni e servizi”. Pertanto, la sua analisi lucida e ficcante delle situazioni concrete, delle modalità “non-ufficiali” con cui la gente si organizza nell’utilizzare l’ambiente, tanto quello urbano quanto quello rurale, ci aiuta a scorgere la comunità libertaria e il mutuo appoggio che la fonda, nella concretezza di esperienze di vita autogestite che spesso si formano in quelle pieghe della società dimenticate o “sfuggite” al controllo autoritario degli enti statali. Ecco allora che “la questione di fondo”, secondo Ward, “non è quella di stabilire se l’anarchia sia possibile o meno, ma piuttosto se sia possibile allargare il campo d’azione e l’influenza dei metodi libertari, fino al punto che essi diventino i criteri normali coi quali gli esseri umani organizzano la loro convivenza”. Finiamo con M. Bookchin, egli affronta la tematica comunitaria dal punto di vista filosofico-politico, dandole in particolare una connotazione ecologica. Padre dell’ecologia sociale, secondo lui una società ecologica può nascere solo dalla fine dei rapporti di dominio dell’uomo sull’uomo, abolendo di conseguenza le istituzioni fondate sul rapporto comando/obbedienza. Egli arriva a questa conclusione svolgendo un’analisi storico-filosofica delle epistemologie del dominio. 

giovedì 20 giugno 2024

Il Dominio della tecnica

Non si tratta di un ritorno alla Natura, anche se i rapporti dell’uomo con la Natura si dovranno modificare radicalmente per basarsi più sulla reciprocità che sullo sfruttamento, dato che distruggendo la Natura si distrugge inevitabilmente la natura umana. 
Non si tratta più di dominarla quanto di stare in armonia con essa. L’esistenza degli esseri umani non si dovrà concepire come pura attività di appropriazione delle forze naturali, movimento, lavoro. Una società non capitalista, vale a dire liberata dalla tecnica, non sarà una società industriale ma nemmeno una specie di società paleolitica; dovrà conformarsi alla quantità di tecnica che si può permettere senza squilibrarsi. Deve eliminare tutta la tecnica che sia fonte di potere, quella che distrugge le città, quella che isola l’individuo, quella che spopola le campagne, quella che impedisce la comparsa di comunità, eccetera, insomma, quella che minaccia il modo di vivere libero. Tutte le civiltà anteriori fondate sull’agricoltura, sull’artigianato e sul commercio hanno saputo controllare e contenere le innovazioni tecniche. La società capitalista è stata un’eccezione storica, una stravaganza, una deviazione. Il sistema tecnocratico produce rovine, cosa che favorisce la diffusione della critica e rende possibile l’azione contro di esso. La questione principale sono i principi più che i metodi. Qualsiasi modo di procedere è buono se è necessario e serve a rendere popolari le idee, senza contribuire a qualsivoglia capitolazione: si partecipa alle lotte per renderle migliori, non per degenerare insieme ad esse. In assenza di un movimento sociale organizzato, le idee sono la prima cosa, combattere per le idee è l’importante, dato che non può nascere nessuna prospettiva da una organizzazione in cui regni la confusione rispetto a quel che si vuole. Tuttavia la lotta per le idee non è una lotta per l’ideologia, per avere una buona coscienza soddisfatta. Bisogna abbandonare la zavorra delle consegne rivoluzionarie che sono invecchiate e si sono trasformate in frasi fatte Il compito più elementare consisterebbe nel riunire il maggior numero possibile di gente intorno alla convinzione che il sistema deve essere distrutto e costruito di nuovo su altre basi, e discutere il tipo di azione che più si addice alla pratica delle idee derivate da questa convinzione. Questa pratica deve aspirare alla presa di coscienza per lo meno di una parte considerevole della popolazione, perché fino a quando non esisterà una coscienza rivoluzionaria sufficientemente estesa la classe sfruttata non si potrà ricostruire e nessuna azione di importanza storica, nessun ritorno della lotta di classe, sarà possibile. (Miguel Amoros)

domenica 16 giugno 2024

L’infanzia di Proudhon

Proudhon, quinto figlio di Claude-Francois e di Cathérine Simonin, è nato a Besançon il 15 gennaio 1809 nel quartiere popolare di Battant. Il padre, vignaiolo, bottaio, garzone di birreria e, per qualche tempo, birraio in proprio, era cugino di Franwis-Victor Proudhon, ricco e famoso giurista di Digione, e apparteneva a un ramo cadetto della stessa famiglia. Di intelligenza comune, ma di onestà rigidissima, quando gestì una birreria si rovinò perché vendeva la birra a un prezzopiù basso, ma a suo parere più giusto di quello corrente; e perché rifiutava l'ingresso alle donne per non tener mano alla prostituzione, con la quale altri birrai si arricchivano. Circa la condotta del padre Proudhon scrisse: «Sentivo perfettamente ciò che vi era di leale e di regolare nel metodo di mio padre, ma vedevo tuttavia anche i rischi che ne derivavano. La mia coscienza approvava la prima considerazione, il sentimento della mia sicurezza mi spingeva verso la seconda. Fu per me un enigma». La madre, servente nella birreria nella quale era occupato il marito, poi votata a umili lavori, era una donna di grandi virtù e di carattere esemplare. Era figlia di una singolare figura di popolano, Jean Claude Simonin detto Tournési, sempre in lotta, in nome della giustizia, mai dell'interesse personale, contro la prepotenza dei signori e dei loro guardiani. La formazione morale di Proudhon deve molto — egli ne fu consapevole e ne scrisse in termini di profonda umanità — alla madre e al nonno, cui assomigliava fisicamente, e del quale la madre gli raccontava le imprese. Dopo un'infanzia passata a custodire vacche, a servire in birreria, entra nel 1820 nel collegio di Besançon come allievo esterno, grazie alla borsa ottenuta con l'aiuto di un amico dei genitori. Nonostante le difficoltà materiali e psicologiche della sua posizione sociale, egli fu uno degli allievi migliori. Ma povero in mezzo a ricchi, costretto a farsi prestare i libri, a lasciare sulla soglia dell'aula gli zoccoli che calzava per non fare rumore, a subire amare delusioni come quella di un giorno in cui, tornato a casa dopo aver ottenuto una menzione onorevole, non trovò di che mangiare, esperimentò duramente l'inferiorità sociale che lo separava dagli altri ragazzi, senza tuttavia piegarsi. Si chiedeva «che cosa fosse la povertà, questo male di cui si sentiva innocente». Perse la fede religiosa leggendo, nel 1824, il Traité de l'existence de Dieu di Fenelon, e cercò da solo, col suo pensiero, la sua via. Nel 1827, ormai prossimo al baccalaureato, dovette abbandonare la scuola per aiutare la famiglia. Si occupò presso una tipografia di Besançon, e trovava nel lavoro, e nel bastare a sé stesso, una profonda soddisfazione. Correggeva bozze, componeva libri, e leggeva moltissimo, in specie opere di teologia, e soprattutto la Bibbia. Studiò l'ebraico per approfondire la conoscenza del cristianesimo.


sabato 8 giugno 2024

Malatesta e la libertà

La libertà è il solo mezzo per arrivare, mediante l'esperienza, al vero ed al meglio: e non vi è libertà se non vi è libertà dell'errore.
Libertà dell'errore, vale a dire libertà come concetto laico di verità e quindi come possibilità, per tutti, di dare seguito alle proprie idee purché non limitino la realizzabilità di quelle altrui. Questa libertà, scopo e mezzo di ogni progresso umano, deve essere infatti per noi e per i nostri amici, come per i nostri avversari e nemici. Gli anarchici, cioè, amano correre i rischi della libertà. Noi siamo per la libertà non solo quando ci giova, ma anche quando ci nuoce. E solo così vi può essere libertà. Essa si definisce come possibilità di pensare e propagare il proprio pensiero, libertà di lavorare e di organizzare la propria vita nel modo che piace; non libertà s'intende di sopprimere la libertà e di sfruttare il lavoro degli altri. Per conseguenza gli anarchici intendono conquistare la libertà per tutti, la libertà effettiva, s'intende, la quale suppone i mezzi per essere liberi, i mezzi per poter vivere senza essere obbligati di mettersi alla dipendenza di uno sfruttatore, individuale o collettivo.

venerdì 7 giugno 2024

Elezioni europee 2024

L’8 e il 9 giugno meno della metà degli aventi diritto andrà probabilmente a votare e a legittimare istituzioni locali ed europee da cui, nella stragrande maggioranza, neppure essi si sentono rappresentati. Dal più basso (quello comunale) al più alto livello istituzionale (quello europeo), voteranno un’ulteriore sottrazione della sovranità popolare, cioè del diritto di decidere del proprio destino, di rispettare e far rispettare la propria unicità e differenza, di rigettare coscientemente ogni rigurgito di statalismo, di fascismo, di militarismo, di guerra, di chiusura nei confronti del diverso, del migrante, della solidarietà militante, l’affossamento legale e violento di ogni protesta civile e umanitaria.
Sottraiamoci allora anche noi al rito liberticida che si consuma sotto i nostri occhi e all’indifferenza che nutre l’asservimento collettivo ai poteri forti della politica e dell’economia. Il sistema politico ed economico vigente merita solo un’ampia e radicale astensione.