 Proudhon, quinto figlio di
Claude-Francois e di Cathérine Simonin, è nato a Besançon il 15 gennaio 1809
nel quartiere popolare di Battant. Il padre, vignaiolo, bottaio, garzone di
birreria e, per qualche tempo, birraio in proprio, era cugino di Franwis-Victor
Proudhon, ricco e famoso giurista di Digione, e apparteneva a un ramo cadetto
della stessa famiglia. Di intelligenza comune, ma di onestà rigidissima,
quando gestì una birreria si rovinò perché vendeva la birra a un prezzopiù
basso, ma a suo parere più giusto di quello corrente; e perché rifiutava
l'ingresso alle donne per non tener mano alla prostituzione, con la quale
altri birrai si arricchivano. Circa la condotta del padre Proudhon scrisse:
«Sentivo perfettamente ciò che vi era di leale e di regolare nel metodo di
mio padre, ma vedevo tuttavia anche i rischi che ne derivavano. La mia
coscienza approvava la prima considerazione, il sentimento della mia
sicurezza mi spingeva verso la seconda. Fu per me un enigma». La madre,
servente nella birreria nella quale era occupato il marito, poi votata a
umili lavori, era una donna di grandi virtù e di carattere esemplare. Era
figlia di una singolare figura di popolano, Jean Claude Simonin detto
Tournési, sempre in lotta, in nome della giustizia, mai dell'interesse
personale, contro la prepotenza dei signori e dei loro guardiani. La
formazione morale di Proudhon deve molto — egli ne fu consapevole e ne
scrisse in termini di profonda umanità — alla madre e al nonno, cui
assomigliava fisicamente, e del quale la madre gli raccontava le imprese.
Dopo un'infanzia passata a custodire vacche, a servire in birreria, entra nel
1820 nel collegio di Besançon come allievo esterno, grazie alla borsa
ottenuta con l'aiuto di un amico dei genitori. Nonostante le difficoltà materiali
e psicologiche della sua posizione sociale, egli fu uno degli allievi
migliori. Ma povero in mezzo a ricchi, costretto a farsi prestare i libri, a
lasciare sulla soglia dell'aula gli zoccoli che calzava per non fare rumore,
a subire amare delusioni come quella di un giorno in cui, tornato a casa dopo
aver ottenuto una menzione onorevole, non trovò di che mangiare, esperimentò
duramente l'inferiorità sociale che lo separava dagli altri ragazzi, senza
tuttavia piegarsi. Si chiedeva «che cosa fosse la povertà, questo male di cui
si sentiva innocente». Perse la fede religiosa leggendo, nel 1824, il Traité
de l'existence de Dieu di Fenelon, e cercò da solo, col suo pensiero, la sua
via. Nel 1827, ormai prossimo al baccalaureato, dovette abbandonare la scuola
per aiutare la famiglia. Si occupò presso una tipografia di Besançon, e
trovava nel lavoro, e nel bastare a sé stesso, una profonda soddisfazione.
Correggeva bozze, componeva libri, e leggeva moltissimo, in specie opere di
teologia, e soprattutto la Bibbia. Studiò l'ebraico per approfondire la
conoscenza del cristianesimo.
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