..............................................................................................................L' azione diretta è figlia della ragione e della ribellione

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giovedì 11 ottobre 2012

La rivolta


La rivolta è una morale in azione, una filosofia della strada che si riconosce e si sviluppa ai bordi della storia. La rivolta mette a fuoco la realtà autorizzata, semina teoria della ribellione nel rovesciamento di forme e mitologie sovvenzionate dal mercato della verità ideologizzata. È un discorso che si sviluppa contro il certo, l’ideale, l’alchimia della politica e il terrorismo della Borsa. Il gesto estremo, a volte disperato dei ribelli, coglie nel coraggio di minoranze bastonate, carcerate, uccise, le tracce di una differente esistenza. La rivolta si apre al rischio di vivere pericolosamente il rapporto tra idea e azione.
Né dei né miti. La persona che si ribella e che poi tende al rivoluzionamento lo fa, come causa prima, in risposta ad esigenze ed emozioni in origine del tutto personali e di stretta contingenza alla sua condizione. Solo in un successivo, secondo tempo le sue medesime esigenze ed emozioni, incontrandosi, integrandosi, completandosi con analoghe situazioni reclamanti altre necessità e scaturenti da altrettante motivazioni, daranno luogo alla collettivizzazione dell’atto, che da rivoltoso si tramuterà così in rivoluzionario.
Occorre di mettersi di taglio alla costellazione della miseria delle democrazie formali. Infrangere lo spettacolo delle ideologie nelle teste di legno della società opulenta.
Bisogna tenere sempre presente che le istituzioni non sono sorte per caso, ma per compensare la debolezza di chi vi partecipa. E in questo assolvono una funzione storica. Ma ogni istituzione si fonda sul sacrificio dei suoi membri, si nutre di vita umana.
Si tratta quindi di porgere un invito a mordere, incamminarsi verso i giorni della gioia dove ogni individuo potrà sfoderare il proprio sogno nei colpi di ritorno contro i potentati che tengono le briglie e i giochi del proletariato arreso. Occorre muoversi nei percorsi accidentati del contrasto e andare a produrre un disordine linguistico/figurale dell’ordine apparente.
Cancellare dalla mente gli incubi di schiavo, per diventare il re dell’incubo, finalmente superiori a tutti gli altri, chiusi ciascuno nella sua superiorità. Diventare il produttore del film della propria vita.
Il rifiuto di essere schiavo è ciò che veramente cambia il mondo.