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venerdì 22 luglio 2016

Società democratica e società anarchica

Democrazia: parola che deriva dal greco (demos = popolo, crazia = governo) e che vuol dire forma di governo che si basa sulla sovranità popolare esercitata per mezzo di rappresentanza elettive, e che garantisce ad ogni cittadino la partecipazione, su base di uguaglianza, all’esercizio di potere pubblico [fonte Treccani.it].
Noi viviamo in un paese democratico che, come tutti gli altri paesi democratici, utilizza il sistema elettivo per garantire la partecipazione del popolo alla vita del paese. Ma la realtà è questa?
Beh, per un verso si, ma solo per uno: si eleggono i propri rappresentanti. Ma siamo proprio sicuri che gli elettori partecipino alla vita del paese? Ed i rappresentanti eletti fanno gli interessi del popolo o i loro?
Alla resa dei conti a me sembra che la democrazia è un inganno. Non pensate certo che il popolo scelga il lusso per pochi e la povertà per parecchi e l’incertezza e l’instabilità economica per moltissimi. Ciò vuol dire che per quanto buono possa essere teoricamente il sistema sociale della democrazia, praticamente non elimina i vizi d’origine che perpetuano le ingiustizie, nonostante le altisonanti solenni dichiarazioni di benessere sociale. 
Praticamente col sistema elettivo i cittadini scelgono (democraticamente ovviamente) i pochi che devono arricchirsi governando i tanti. La democrazie, col suo doppio fondo di falsità, è come una cravatta lussuosa su un vestito dimesso e consumato e talvolta anche lacero: essa rende più grottesco l’insieme.
Democrazia diventa, quindi, solamente una parola che riempie la bocca di tanti falsi paladini della libertà e dell’uguaglianza. Cambiano i governi, cambiano gli eletti, cambiano i partiti, tutti eletti (democraticamente ovviamente) dal popolo, ma l’unica cosa che non cambia sono le condizioni sociali di eletti ed elettori; vivere nel lusso, nell’agiatezza, nelle agevolazioni e nella libertà di azione (leggi corruzione) per i primi, e continuare a vivere nella miseria, nella povertà, nell’incertezza del domani, nell’oppressione totale per i secondi.
L’unica alternativa alla società democratica è la società anarchica.
La società libertaria, antiautoritaria, si basa sulla consapevolezza che tutte le persone possono avere interessi, idee, comportamenti differenti. Le assemblee rappresentano il luogo dove queste diversità si confrontano e in cui gli obiettivi particolari vanno incontro a quelli generali e viceversa. Se nonostante questo qualcuno non condividesse gli indirizzi generali, ebbene, gli sarà data la possibilità di fare di testa propria, a patto di basare il suo agire sulla propria forza e di non sfruttare il lavoro altrui e di non ricercare situazioni di privilegio rispetto ad altri. Nei suoi confronti verrà in pratica adottato un metodo e un principio libertario. Non sarà cacciato via, sarà messo in condizione di vivere alla sua maniera, con possibilità di cambiare idea quando vorrà. E questo vale per gli individui ma anche per i gruppi.
Potrà verificarsi anche che siano gli altri a cambiare idea e quindi ad adottare il metodo o l’indirizzo del singolo o del gruppo di “minoranza”.
Va detto comunque che in una società libertaria i concetti di maggioranza e minoranza perderanno il senso che gli si attribuisce nella società democratica contemporanea. Oggi la maggioranza, o comunque quella che scaturisce come tale dai riti elettorali, assume automaticamente il potere; maggioranze assolute o relative governano e impongono leggi a tutti. Anzi, voltando pagina, una minoranza di eletti in parlamento, che dice di rappresentare la maggioranza della popolazione, emana leggi e direttive senza che i rappresentati, cioè la stragrande maggioranza della popolazione, possono far nulla per cambiarle se non le condividono. Gli stessi referendum non sono altro che una delega al parlamento a rivedere o rifare leggi che il responso delle urne dovrebbe poter abrogare.
Ma poi che senso ha, nella situazione attuale ad esempio, parlare di maggioranza se il 50% degli aventi diritto non va a votare? Se chi vince le elezioni ottiene (nella più ottimistica delle previsioni) il 51% dei voti, alla fine dei conti la cosiddetta “maggioranza” risulterebbe un po’ più del 25% effettivo degli aventi diritto; ma siccome i vincitori di elezioni dicono di rappresentare la maggioranza della popolazione, allora faccio notare che se prendessimo in considerazione tutta la popolazione, quindi anche i non aventi diritto a votare, i minori di 18 anni ad esempio (anche loro hanno diritto di espressione), la percentuale di cui sopra diminuirebbe ancora.
La volontà della casta dei rappresentanti va sempre rispettata, e i vari riti elettorali non mettono mai in discussione il meccanismo, semmai solo il tipo di gestione che se ne fa.
Nessuno può stabilire chi sia nel giusto e chi dica una cosa sbagliata. Il fattore numerico non è garanzia di questo. Tanto è vero che spesso le minoranze hanno combattuto cause giuste riuscendo alla fine a convincere gli altri delle loro ragioni. Non solo, chi ha il potere ha anche gli strumenti nelle sue mani per poter manipolare l’opinione pubblica e costruirsi dei consensi maggioritari. È sempre stato così, e a maggior ragione lo è oggi. Questo sistema penalizza la libertà individuale, scavalca gli individui che non condividono determinate sue scelte. Pensate a quante bestialità sono state decise a colpi di maggioranza parlamentare; guerre, tasse, aumenti dei prezzi, progetti inquinanti … E a chi non era d’accordo non rimaneva che l’opposizione nelle piazze, l’obiezione di coscienza, l’atto di protesta individuale o collettivo, in pratica sottrarsi al gioco democratico/parlamentare. Eppure non sempre (anzi, quasi mai) quella maggioranza aveva ragione.
Una società anarchica è impostata al massimo rispetto di tutte le individualità e di tutte le posizioni, che devono trovare giusta collocazione e giusto spazio. In questo tipo di società ideale non verrà certo abolito il conflitto, quindi non ci sarà un appiattimento generale, ma verrà incanalato in maniera costruttiva. Ogni dubbio, ogni divergenza contribuirà a stimolare la ricerca del meglio e a rendere vivace e ricca la discussione; a tale proposito mi viene in mente uno slogan del movimento studentesco negli anni ’70 che diceva: “Dallo scontro nasce la creatività”.
L’anarchia sarà messa alla prova più dai dissensi che incontrerà che dai consensi, il clima di libertà favorirà la diversità di opinioni e arricchirà il confronto. Se la diversità si trasformasse in conflitto, sarà la capacità di gestirlo a definire la riuscita e la tenuta dell’esperimento sociale.