Lo stato d’eccezione
rischia di diventare la norma. L’emergenza Covid-19 non si risolverà in tempi brevi
e di conseguenza la vita delle persone sarà sconvolta profondamente e con effetti
duraturi nel tempo. I numeri sono drammatici: migliaia di morti; i reparti di terapia
intensiva sono completamente collassati; la crisi sociale ed economica globale,
scatenata dalla pandemia, ha portato alla luce ferite e contraddizioni molto tragiche.
Le diseguaglianze di classe, la disparità nel poter disporre di soluzioni abitative
adeguate, la precarietà di lavoratori che non sanno se potranno mai tornare a percepire
un salario, il dramma di chi una casa nemmeno ce l’ha: sono tutti elementi di una
tragedia sociale che è alle porte, e che senza adeguati contraccolpi rischia di
avere un impatto devastante sugli anni a venire.
Ma in una situazione
emergenziale così tesa, qual è il campo d’azione dello Stato e dell’autorità? Fino
a dove si sta spingendo il controllo sulla vita degli individui?
Per decreto si impedisce
alle persone fisiche di uscire dalla propria abitazione, tranne che per motivi gravi
e necessari, ma anche di lavoro (il capitale, purtroppo, continua a essere il Moloch
a cui ogni cosa va sacrificata in nome del profitto). Lo stato d’emergenza è supportato
da una politica di controllo e repressione, col pretesto di colpire e punire comportamenti
che mettono in pericolo lo stato di salute dei cittadini. Il potere d’azione dello
Stato e delle autorità sembra non avere più limiti, e comprime sempre più la vita
degli individui. Negli ultimi giorni si è discusso di tracciare lo spostamento dei
cittadini infetti e dei loro contatti più stretti tramite l’uso di GPS, il controllo
sui dati delle carte di credito e quelli forniti dalle compagnie telefoniche. Si
ipotizza inoltre l’utilizzo di app per smartphone, che segnalino la presenza di
persone contagiate, e di videocamere a circuito chiuso (in cui sia possibile installare
tecnologie di riconoscimento facciale); l’ENAC (Ente Nazionale per l’Aviazione Civile)
ha rilasciato un documento in cui viene autorizzato e sciolto da ogni restrizione
l’utilizzo di droni per il controllo delle persone sul territorio. Si stanno addirittura
formando “gruppi di controllo del vicinato” per denunciare eventuali violazioni:
la psicopolizia – almeno concettualmente – non è molto lontana. Urge una presa di
consapevolezza diffusa e radicale. L’emergenza non può in nessun modo giustificare
una tale intromissione dello Stato nella vita degli individui. Esiste il pericolo
concreto che lo stato d’emergenza diventi la norma e dia vita ad una prassi politica
ferocemente autoritaria la quale, aiutata da mezzi tecnologici ambigui e liberticidi,
rischia di soffocare a tempo indefinito qualsiasi libertà individuale. Non sappiamo
se la deriva autoritaria permanente sia un rischio prossimo o remoto, ma in nessun
caso assisteremo in silenzio.
Mai cederemo la nostra libertà!
Mai cederemo la nostra libertà!